Gaza, per esperti ONU è genocidio; sanzioni Ue contro Israele: cambio di rotta von der Leyen, Meloni pronta a discutere le misure

La von der Leyen alla prova delle divisioni interne all'Unione, l'indecisa Italia di Meloni si dice pronta a discutere le misure

La Presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen con il discorso sullo Stato dell'Unione del 10 settembre scorso ha annunciato un pacchetto di sanzioni contro Israele per la prima volta dal 7 ottobre 2023. Un cambio di rotta che arriva dopo quasi due anni di continua aggressione armata da parte dello Stato sionista, con oltre 64.000 morti palestinesi.

Il pacchetto di sanzioni: cosa prevede

La Commissione ha formalizzato oggi le sue proposte, che si articolano su tre livelli distinti:

  • Misure commerciali: sospensione parziale dell'Accordo di Associazione UE-Israele per quanto riguarda gli aspetti commerciali. Questo comporterebbe la perdita delle preferenze commerciali per i prodotti israeliani, sottoponendoli ai dazi standard riservati ai Paesi terzi. Una mossa che colpirebbe un volume di scambi di 42,6 miliardi di euro annui, considerando che l'UErappresenta il 32% del commercio totale israeliano.
  • Sanzioni individuali: misure restrittive contro i Ministri estremisti e messianici del governo Netanyahu (Itamar Ben-Gvir e Bezalel Smotrich) e contro i coloni violenti in Cisgiordania. Questi due Ministri sono già stati sanzionati da Australia, Canada, Gran Bretagna, Nuova Zelanda e Norvegia.
  • Sospensione dei fondi: blocco del sostegno bilaterale dell'UE a Israele, pari a circa 30 milioni di euro (14 milioni per progetti in corso e 6 milioni annui futuri), escludendo però la cooperazione con la società civile israeliana e lo Yad Vashem, il memoriale dell'Olocausto.

 I meccanismi di voto: maggioranza qualificata vs unanimità

Il punto cruciale delle proposte risiede nei diversi meccanismi di approvazione richiesti dal diritto europeo:

  • Maggioranza qualificata per le misure commerciali: servono 15 paesi su 27 che rappresentino almeno il 65% della popolazione UE. Attualmente mancano i voti decisivi, con Germania e Italia come Paesi determinanti per raggiungere la soglia.
  • Unanimità per le sanzioni individuali: tutti i 27 paesi devono essere d'accordo, una prospettiva che appare quasi impossibile dato l'opposizione di Ungheria, Austria e Repubblica Ceca, che già a maggio 2025 hanno bloccato misure simili.
  • Competenza della Commissione per la sospensione dei fondi bilaterali: l'esecutivo UE può procedere autonomamente senza bisogno di approvazione del Consiglio.

Le posizioni dei Paesi membri

  • Il fronte del "": Irlanda, Spagna, Danimarca, Svezia e Paesi Bassihanno da tempo chiesto misure concrete contro Israele. La Spagnaha già annunciato che vieterà l'ingresso sul proprio territorio ai due ministri israeliani.
  • Il fronte del "no": Germania (tra i più grandi esportatori di armi verso Israele assieme agli USA), Austria e Ungheria si oppongono fermamente. Viktor Orbán ha addirittura ricevuto Netanyahu aBudapest sfidando apertamente la Corte Penale Internazionale.
  • La posizione italiana: sembrerebbe che via sia una sorprendente svolta del governo Meloni. Il Ministro degli Esteri Antonio Tajani ha dichiarato che l'Italia è "pronta a valutare" le proposte UE, segnando un cambio di rotta dopo mesi di sostegno incondizionato a Israele. Sembrerebbe essere una decisione presa direttamente da Meloni in una telefonata con Tajani l'11 settembre scorso.

Il timing drammatico

Le proposte della Commissione arrivano nel momento più critico della pesantissima aggressione armata via terra, cielo e mare dello Stato occupante di Israele, che ha lanciato l'invasione di Gaza City, ordinando l'evacuazione di quasi un milione di palestinesi che si erano rifugiati nell'ultima zona considerata "sicura" della Striscia. Una commissione indipendente delle Nazioni Unite ha inoltre stabilito che Israele sta commettendo genocidio a Gaza, con "l'intento di distruggere i palestinesi".

Le prospettive politiche

Von der Leyen ha ammesso la difficoltà dell'impresa: "Sono consapevole che sarà difficile trovare una maggioranza, ma dobbiamo tutti assumerci le nostre responsabilità". La Presidente, che si era fortemente schierata con Israele dopo il 7 ottobre, ha descritto come "dolorosa" l'incapacità dell'Europa di trovare una risposta unitaria. L'Alto Rappresentante per la Politica Estera Kaja Kallas ha confermato che l'obiettivo è "fermare le uccisioni e far entrare cibo, medicine e aiuti a Gaza", indipendentemente dagli strumenti utilizzati.

I limiti strutturali dell'azione europea

Anche se dovessero essere approvate, le sanzioni UE contro Israele presentano limiti strutturali significativi. A differenza delle misure contro la Russia per l'invasione dell'Ucraina, Israele può contare sul sostegno incondizionato degli Stati Uniti, che forniscono oltre 3 miliardi di dollari di aiuti militari annui.

Inoltre, diversi esperti sottolineano che sanzioni parziali rischiano di essere più simboliche che sostanziali, specialmente se non accompagnate da un embargo totale sulle armi - misura che appare impossibile dato il veto tedesco.

La proposta della Commissione rappresenta comunque uno spartiacque storico nella politica europea verso il Medio Oriente. Per la prima volta dal 1948, l'UE considera seriamente misure punitive contro Israele, segnalando un cambio di paradigma nell'approccio occidentale al conflitto israelo-palestinese.

Il successo delle misure dipenderà ora dalla capacità di Von der Leyen di convincere i paesi esitanti, a partire da Germania e Italia. Il voto, atteso nelle prossime settimane, costituirà un test cruciale per la credibilità della politica estera europea e per il futuro ruolo dell'UE come mediatore nel conflitto mediorientale. Su tutto questo dibattito pesano anche le minacce dirette provenienti dal governo israeliano. Il ministro degli Esteri Sa'ar ha accusato l'UE di "rafforzare Hamas" con le proposte di sanzioni, definendo le misure "senza precedenti" e "un chiaro tentativo di danneggiare Israele". In una lettera a Von der Leyen, Sa'ar ha addirittura evocato la Shoah, sostenendo che "un'Europa che danneggia Israele mentre si tenta di annientare il residuo sopravvissuto del popolo ebraico segna il calpestamento di ogni standard morale". Ancora più esplicite le minacce del Ministro della Sicurezza Nazionale Ben-Gvir, che dopo l'annuncio del Belgio di riconoscere lo Stato di Palestina ha avvertito che "i Paesi europei che si abbandonano all'ingenuità e si arrendono alle manipolazioni di Hamas finiranno per sperimentare il terrore in prima persona". Parole scandalose di stampo terroristico che hanno suscitato indignazione in tutta Europa.  

La posta in gioco va oltre le sanzioni stesse: è in questione la capacità dell'Europa di parlare con una voce unica su una crisi internazionale assolutamente crudele, disumana e genocidiaria del nostro tempo che si sta svolgendo sulla pelle del martoriato popolo palestinese, resistendo alle pressioni e alle intimidazioni di un governo che assurdamente non esita a minacciare i propri stessi alleati storici.

Di Eugenio Cardi