A Gaza è il caos dopo l'invasione israeliana: carri armati, macerie e bugie; l’Europa si lava le mani, l’America applaude
Mentre la Striscia crolla sotto le bombe, l’Occidente gioca al Risiko umanitario. E la gente muore davvero
Sono le cinque del mattino e già l’inferno ha il motore acceso. Israele invade Gaza City mentre il cielo ancora sbadiglia. Bombe, fumo, sabbia in bocca. È la guerra, bellezza. E i civili? Carne da hashtag.
Dicono che lì sotto si nascondano tremila militanti di Hamas. E pure gli ostaggi israeliani. Quindi, giù tutto. Grattacieli, scuole, ospedali. Il 70% della Striscia è già polvere, il resto ci va vicino. Un milione di persone strette come sardine in una scatola che brucia. L’ONU urla, nessuno ascolta.
Nel frattempo, Tel Aviv minaccia: “Liberate gli ostaggi o distruggiamo tutto". Diplomazia formato bulldozer. E intanto 68 morti solo oggi, tra cui gente che aveva più sogni che scarpe.
Fuori dalla villa di Netanyahu, i parenti degli ostaggi montano le tende. Lo Stato li ignora. Pure i loro figli possono morire “per sbaglio”.
E l’Europa? Fa le prove davanti allo specchio. Von der Leyen promette sanzioni, sospensioni, indignazioni in giacca e tailleur. Ma servono i voti degli altri 26. Tradotto: forse, un giorno, chissà.
Intanto i carri armati avanzano e la retorica arranca. Tutti parlano di diritto internazionale, ma a Gaza le leggi sono solo quelle della guerra. E le bombe, quelle, non votano mai.
Di Aldo Luigi Mancusi