Zelensky apre il Forum TEH Ambrosetti di Cernobbio: strategia militare al posto di strategie competitive; originale, no?

Doveva essere un forum sull’economia, ma si è aperto con piani di guerra e difesa: tempismo impeccabile

Aprire la 51ª edizione del Forum TEH Ambrosetti di Cernobbio con un collegamento di Volodymyr Zelensky è stata, senza dubbio, una scelta… sorprendente. Ma non nel senso positivo del termine. In un evento che dovrebbe occuparsi di “strategie competitive” tra imprese, innovazione e scenari economici globali, piazzare in apertura un messaggio bellico in diretta da Kiev ha avuto l’effetto di un brindisi inaugurale… con una granata.

Intendiamoci: la solidarietà all’Ucraina è doverosa, il conflitto in corso è tragico, e la figura di Zelensky ha certamente una rilevanza internazionale. Ma inserire il suo intervento come apertura dell’evento, con tanto di dettagli (non dettagli) su sistemi di difesa terrestre, marittima e aerea, ha spostato il baricentro dell’incontro dalla competitività economica alla geopolitica da telegiornale delle 20. Chi si aspettava di parlare di intelligenza artificiale e supply chain si è ritrovato a fare i conti con droni, missili e “coalizioni dei volenterosi”.

È un po’ come aprire una fiera del cioccolato con un intervento di Greta Thunberg contro la deforestazione del cacao: giusto, importante, ma forse fuori contesto.

Il Forum Ambrosetti è sempre stato un luogo in cui leader economici e politici cercano di disegnare il futuro, ma stavolta sembrava più il prequel di una puntata di Black Mirror. Tra piani di guerra, promesse di pace (più o meno condizionate) e dichiarazioni strategiche “non condivisibili”, si è respirato un clima da consiglio di sicurezza ONU più che da simposio sulle strategie industriali.

E così, tra un applauso diplomatico e l’altro, è rimasta la sensazione che l’economia reale — quella fatta di investimenti, imprese, lavoro — sia stata messa momentaneamente in stand-by. E tutto per un messaggio che, pur comprensibile nel contenuto, è stato decisamente fuori luogo nella forma. Ma si sa: oggi, più che un piano industriale, serve un buon piano comunicativo. Magari con toni un po’ meno lugubri alla prossima edizione?

Di Aldo Luigi Mancusi