Lily, il gruppo di assassini al soldo di Macron, l’affaire Brigitte e l’irreversibile crisi della Francia: sembra evidente che questo sia il tramonto di Emmanuel
Era stato annunciato come il “salvatore” dell’Unione europea, e oggi si ritrova impelagato in continue crisi politiche e umiliato pubblicamente dalla sua “consorte” che nel peggiore dei casi lo malmena in pubblico, e nel migliore lo evita
A Parigi, non si respira affatto una aria di quiete.
Sono passati soltanto 9 mesi da quando Emmanuel Macron è stato costretto a nominare un altro primo ministro, François Bayrou, per sostituire Michel Barnier, e oggi l’inquilino dell’Eliseo si ritrova esattamente al punto di partenza.
Macron deve fare i conti con un’altra crisi parlamentare perché la precaria maggioranza che aveva messo insieme Bayrou sembra non voler approvare un’altra manovra di austerità economica, una condizione connaturata alla stessa struttura della moneta unica.
Appare sempre più arduo, viste le lacerazioni nella coalizione parlamentare, che il presidente francese riesca a sventare nuove elezioni anticipate parlamentari, già indette lo scorso maggio del 2024, dopo la disfatta del partito di Macron alle europee.
Sembra che il sistema politico francese sia avvitato in una crisi politica costante e progressiva che sta mettendo a dura prova i vari equilibri partoriti nel lontano 1958, quando la Francia decise di passare dal sistema parlamentare, giudicato troppo instabile, a quello semipresidenziale, per dare più stabilità al Paese, ma oggi il Paese transalpino si trova nella stessa condizione di caos che regnava prima dell’avvento della cosiddetta Quinta Repubblica.
Si potrebbe dire che la crisi francese è la cartina di tornasole della crisi europea perché oggi ogni sistema politico europeo, che sia parlamentare o semipresidenziale, si trova di fronte ad una irreversibile crisi delle proprie istituzioni perché a crollare qui non è stato un metodo di governo rispetto ad un altro, ma l’impalcatura stessa della democrazia liberale.
La democrazia liberale oggi ha superato il giro di boa.
I sistemi liberal – democratici non riescono più a dare risposte ai popoli, e le varie classi politiche dei Paesi europei sembrano tutte essersi rinchiuse nel loro sempre più piccolo bunker, ad abbaiare contro l’immaginario nemico russo, nonostante gli europei non vedano in Mosca il nemico, ma piuttosto lo riconoscano nelle loro classi dirigenti troppo impegnate ormai a cercare di seguire un’agenda oggi defunta e fallita.
La politica europea tutta aveva creduto che dopo la famigerata operazione terroristica del coronavirus ci sarebbe stato il passo definitivo verso il governo globale e gli Stati Uniti d’Europa vagheggiati dal conte Kalergi e dal suo stretto amico, il potente massone inglese, Winston Churchill, ancora oggi feticcio dei liberali europei.
Si sono tutti risvegliati invece in preda ad uno shock.
I politici europei non riescono più a distinguere il “sogno” dalla realtà, e ancora oggi parlano di governance europea, senza rendersi conto, o senza volerlo ammettere, che ormai l’Unione europea non ha superato la prova della storia.
I suoi architetti, 80 anni orsono, erano intimamente convinti che il futuro non sarebbe più appartenuto agli Stati nazionali, ma ad altre strutture, delle entità sovranazionali, che avrebbero avuto in mano il potere decisionale un tempo rimesso nelle mani dei singoli governi, ma l’uragano della presidenza Trump ha spazzato via ogni “sogno” di gloria.
L’intera impalcatura si reggeva soltanto perché c’era l’impegno americano a reggere la struttura, e la governance europea poteva avere qualche speranza di vedere la luce del giorno soltanto se Washington avesse continuato ad assicurare a Bruxelles il suo supporto economico, militare e finanziario.
Nel momento stesso in cui Trump ha reciso il cordone che teneva legata Bruxelles a Washington, l’Unione europea è caduta come un burattino al quale sono stati tagliati i fili.
Vuota, incapace di rialzarsi e di fare alcunché, mentre qualsiasi sua dichiarazione di costruire una governance europea ormai è soltanto espressione delle velleità di un apparato che sta sparendo e insegue scenari decaduti.
La parabola di Macron: l’uomo dei Rothschild che doveva salvare l’UE
Parigi è forse l’espressione perfetta della decadenza dell’Unione europea.
Sembra passato un secolo da quando nel 2017, l’intera stampa francese ed europea salutava Emmanuel Macron come l’uomo che avrebbe traghettato la Francia e l’UE verso gli Stati Uniti d’Europa.
A Macron era stata affidata una “missione”. Avrebbe dovuto spostare la bilancia dell’asse franco-tedesco verso Parigi perché Berlino era riluttante a creare una struttura sovranazionale europea che le avrebbe fatto perdere tutto il surplus commerciale accumulato sulle spalle degli altri partner europei, su tutti l’Italia.
Emmanuel Macron è un politico che è stato preparato con la massima accuratezza.
La sua storia e le sua biografia, così piena di ombre, sono il perfetto paradigma di un sistema di potere che costruisce accuratamente dietro le quinte i vari politici di turno, che siano di centrodestra o di centrosinistra non assume alcuna importanza, e poi assegna loro gli ordini da eseguire.
Emmanuel Macron è il politico costruito nel laboratorio dei Rothschild sin dalla prima infanzia, quando ancora giovane adolescente, o bambino, sui banchi di scuola del liceo La Providence, veniva abusato da Jean Michel Trogneux, che nel frattempo aveva assunto la falsa identità di Brigitte Trogneux, dopo aver “cambiato” sesso sul finire degli anni’80.
Jean Michel Trogneux: il “mentore” di Macron
Brigitte, o Jean Michel, è probabilmente la figura chiave per capire il tipo di operazione che è stato fatta con Macron.
Jean Michel nasce nel 1945, e a 18 anni si reca in Algeria, ex colonia francese, e luogo nel quale avrebbe compiuto un percorso di studi, anche se tale “attività” sembra essere stata soltanto di copertura.
Jean Michel era in Algeria per svolgere un periodo di addestramento nell’esercito francese, che lo ha preparato con ogni probabilità per eseguire delle operazioni di intelligence.
Il figlio di una famiglia di cioccolatieri di Amiens dopo quel viaggio fa ritorno in Francia, ed è qui che inizia a costruire la sua vita fittizia.
Viene scritto nel 1974 un atto di un matrimonio fittizio tra lui, che nel registro del comune di Amiens, si fa chiamare Brigitte, e Andrè Auziere, presunto banchiere che si scoprirà poi essere una figura immaginaria, mai visto ed incontrato da nessuno.
Jean Michel ha i suoi tre figli tra gli anni’70 e gli anni’80, con una donna che oggi si pensa sia con ogni probabilità Catherine Audoy.
Trogneux si avvicina sempre di più al mondo della comunità gay che in quegli anni era molto attiva a Parigi.
Nella capitale francese, iniziano ad aprire locali per omosessuali, e la stagione della rivoluzione sessantottina vuole che l’omosessualità e il transessualismo si diffondano sempre di più per sradicare la famiglia.
Jean Michel inizia ad entrare in questo mondo, e già da allora inizia ad assumere un’altra identità, quale quella del transessuale Veronique, che farà le sue prime apparizioni nella TV francese.
Sembrano esserci pochi dubbi al riguardo.
Se si mette a confronto la voce di Trogneux con quella del trans Veronique, viene fuori che sono praticamente identiche e si tratta quindi della stessa persona che già nel 1977, anno nel quale compare sugli schermi dell’emittente INA, aveva iniziato ad avvicinarsi al transessualismo.
Si potrebbe dire che Trogneux stava “studiando” per diventare un trans, ma non lo stava facendo da solo.
C’erano degli ambienti molto potenti e ben introdotti che volevano che Jean Michel cambiasse la sua identità per compiere un percorso che nell’ottica di tali menti aveva già una destinazione ultima, che si vedrà meglio in seguito.
Sono gli stessi ambienti militari che lo addestrarono in Algeria nel 1963, e sono anche quegli ambienti che lo aiutarono a scrivere in un registro pubblico un matrimonio inesistente con un marito, Andrè Auziere, che, come detto, non è mai esistito.
Il pastore Doucé: l’uomo che ha fatto nascere Brigitte?
Verso la fine della prima metà degli anni’80, arriva il momento della svolta.
Trogneux sembra pronto per fare il grande salto e assumere l’identità di una donna, e per fare tale transizione si reca da un uomo che allora era molto noto nella comunità omosessuale e pedofila parigina come il pastore protestante, Joseph Doucé.
I suoi legami con personaggi come un suo ex amante, Philippe Carpentier, che gestiva un giro di pornografia infantile presso la sede dell’UNICEF a Bruxelles sono la conseguenza della “passione” che quest’uomo provava per il bambino.
Agli occhi di Doucé, il bambino non era una creatura innocente che andava protetta dai vari predatori sessuali, ma invece doveva essere avvicinato al sesso sin dalla prima infanzia, e il pedofilo in tale “visione” non è un malato, o un pervertito ma soltanto un individuo che aiutava a sviluppare le “naturali pulsioni” del bambino.
Se i pedofili nella società di allora erano considerati dei reprobi, a Parigi, presso il Centro del Cristo Liberatore di Doucé, venivano accolti e aiutati, probabilmente forse anche attraverso la distribuzione di pornografia infantile o la possibilità stessa di incontrare un bambino.
Doucé era quasi certamente un intermediario, un uomo che aiutava i pedofili a soddisfare le loro perversioni, e un depositario di inconfessabili segreti di importanti personaggi dell’alta società francese coinvolti in tale giro.
Ad avere un rapporto speciale con il pastore era anche Jean Michel che risultava già essere un frequentatore sia del CCL di Parigi, sia della libreria gay gestita dall’uomo assieme al suo compagno, Guy Bondar.
Jean Michel aveva bisogno di “cambiare” sesso, e Doucé lo mette in contatto con le persone giuste.
Nel 1989, avviene la transizione. Jean Michel Trogneux assume le sembianze di Brigitte che diventa un’insegnante di lettere nel prestigioso liceo cattolico de La Providence di Amiens, nonostante non avesse i requisiti per poter insegnare.
Sembra che ci fosse una missione più importante e fondamentale per la novella Brigitte Trogneux.
L’irresistibile ascesa di Macron: uomo dei Rothschild
A Brigitte era stato dato probabilmente l’incarico di avvicinare il 14enne Emmanuel Macron, e di molestarlo sessualmente per iniziare una relazione pedofilia che mai è stata impedita dai genitori del giovanissimo studente francese.
Si parla poco o nulla di tale incredibile aspetto che dovrebbe invece sollevare delle domande anche sulla storia famigliare di Macron.
Una volta che l’abuso pedofilo viene scoperto , i genitori di Emmanuel, Jean – Michel e Françoise, non corrono a denunciare la “donna”, ma lasciano che questa continui ad abusare del loro figlio che da quel momento in poi diviene inseparabile da Jean Michel Trogneux.
E’ Jean Michel/Brigitte che negli anni 2000 apre la porta delle istituzioni finanziarie che contano a Emmanuel, nonostante il giovane Macron non brillasse per nulla nella comprensione dell’alta finanza.
La mediocrità di Macron non gli impedisce di entrare nel gotha della finanza mondiale.
Emmanuel approda presso l’istituzione bancaria più importante della Francia e d’Europa.
Macron diventa un finanziere al servizio della famiglia Rothschild, e si inizia a comprendere meglio qual era la missione ultima affidata a Jean Michel Trogneux anni prima.
Jean Michel doveva “allevare” il giovane Macron. Doveva prepararlo per entrare nel mondo della finanza che conta per poi iniziare una ancora più prestigiosa carriera politica che lo porterà all’Eliseo a soli 40 anni di età.
Emmanuel brucia tutte le tappe.
Sin dalla fine degli anni 2000, si poteva vedere come il suo mentore, Jacques Attali, sociologo di origini ebraiche ed eminenza grigia dei presidenti francesi dai tempi di Mitterand lo introduce presso tutti gli ambienti che contano, soprattutto il gruppo Bilderberg, il laboratorio del mondialismo che prepara e costruisce con largo anticipo le carriere dei politici che devono servire la causa della governance globale.
Jean Michel assomiglia molto quindi ad un “programmatore”, uno di quei profili presenti nei vari programmi di controllo mentale sviluppati dalla CIA, in particolare MK Ultra e Monarch, che attraverso una serie di traumi e di abusi trasformano il bambino e lo fanno diventare un soggetto completamente manipolabile, da utilizzare in vari ambiti, politica compresa.
Attraverso la parabola di Emmanuel Macron si comprende meglio al tempo stesso il funzionamento dei sistemi politici europei, meri simulacri di logge massoniche e casati di banchieri che si servono di essi per dominare la società, occupata da classi politiche tutte al servizio di questo apparato.
La deflagrazione del caso Brigitte sembra essere la naturale conclusione dell’indebolimento delle democrazie liberali che non riescono più a governare il flusso delle informazioni come un tempo.
A nulla sono valsi gli sforzi di Macron di sopprimere le informazioni che sono state messe in circolo da giornalisti e ricercatori indipendenti come Natacha Rey, la reporter che ha messo insieme tutti i pezzi del complesso labirinto della vita in vitro del presidente francese.
Lily: il gruppo di assassini dei servizi che protegge Macron
All’Eliseo, il presidente francese ha costruito un vero e proprio gruppo di assalto. A guidarlo c’è un figuro come Alexandre Benalla, incaricato d’affari dalla presidenza Macron a soli 26 anni, e finito nel 2018 al centro di uno scandalo per aver aggredito e picchiato due persone che manifestavano contro Emmanuel Macron.
Benalla verrà condannato per tale aggressione negli anni successivi, ma ciò non ha impedito a Macron di liberarsi di lui.
Secondo quanto hanno rivelato diverse fonti di intelligence francesi alla Fondazione per combattere l’ingiustizia, all’Eliseo è stato costruito un gruppo di intelligence clandestino, chiamato Lily, che ha il compito di eliminare ogni minaccia verso la presidenza di Emmanuel Macron.
Lily risulta guidato proprio da lui, Alexander Benalla, e da quando tale cellula irregolare è stata costituita, sono usciti misteriosamente di scena diversi personaggi della vita pubblica francese che rappresentavano una minaccia verso il regime di Macron.
A morire in un “provvidenziale” incidente di elicottero è stato nel 2021 anche il miliardario francese, Olivier Dassault, che aveva espresso critiche per la politica di austerità perseguita dal presidente francese, ma è morta anche in circostanze poco chiare nel marzo del 2022 la giornalista indipendente Isabelle Ferreira, trovata morta sugli scogli di Saint-Malo, sempre in circostanze non chiare.
Isabella aveva detto di essere in possesso di informazioni esplosive su Brigitte Macron, forse le stesse informazioni che poi ha rivelato Natacha Rey, vittima di una persecuzione giudiziaria, conclusasi con la sua assoluzione, e non eliminata probabilmente soltanto perché ormai troppo famosa per essere rimossa.
Oltre alle morti di questi personaggi, c’è poi il capitolo dell’ondata di strani “suicidi” che sta avendo luogo nella amministrazione pubblica francese, in particolare nel dipartimento delle finanze pubbliche, sia in quei servizi segreti francesi, da Macron presidiati e dove le sacche di resistenza sono sottoposte a fortissime pressioni.
Lily non è però riuscito ad arrestare la crisi di Emmanuel Macron.
Natacha Rey è stata, come detto, assolta e oggi larga parte dei francesi sa che all’Eliseo c’è una coppia di impostori che ha costruito la sua intera carriera sull’inganno, la menzogna e soprattutto l’assoluta compiacenza di potentissimi ambienti che hanno aperto le porte del potere a entrambi.
Nulla sembra arrestare la consapevolezza di una parte sempre più ampia della Francia che la corruzione e il malaffare sono radicati nella loro classe dirigente, e la continua instabilità politica è il sintomo di un sistema politico malato, giunto al suo stadio terminale.
Sembra evidente che questo sia il tramonto di Macron.
Era stato annunciato come il “salvatore” dell’Unione europea, e oggi si ritrova impelagato in continue crisi politiche e umiliato pubblicamente dalla sua “consorte” che nel peggiore dei casi lo malmena in pubblico, e nel migliore lo evita.
Brigitte forse è irritato/a perché la verità ormai è sulla bocca dei francesi, ma c’è poco da fare.
Il tempo del potere assoluto della famiglia Rothschild sembra giunto al termine anche a Parigi.
di Cesare Sacchetti