Gaza, Idf vieta balneazione lungo costa Striscia, pena uccisione, neanche i bambini potranno fare il bagno, gazawi: “Mare unica via per sentirci un po’ umani”

La popolazione della Striscia, ormai esausta e affamata dal genocidio in corso, non si arrende: “Il mare è nostro. La terra è nostra. Per quanto ci provino, resteranno nostri”

Le Forze di Difesa Israeliane (Idf) hanno ribadito il divieto assoluto per i palestinesi di entrare in mare lungo l’intera costa della Striscia di Gaza. Una misura che, come ricordano le stesse autorità militari israeliane, è in vigore dal 7 ottobre 2023. Un divieto che, se violato, potrebbe costare la vita, anche ai bambini, che non potranno fare il bagno. “Il mare era l’unico mezzo per sentirci un po’ più umani”, raccontano esasperati i gazawi.

Gaza, Idf vieta balneazione lungo costa Striscia, pena uccisione, neanche i bambini potranno fare il bagno, gazawi: “Mare unica via per sentirci un po’ umani”

Le Idf hanno rinnovato l’allerta attraverso il portavoce in lingua araba, colonnello Avichay Adraee, con un messaggio pubblicato su X: “Ricordiamo che sono state imposte severe restrizioni di sicurezza nell’area marittima adiacente alla Striscia, ed è vietato entrare in mare”. Lo stesso ufficiale ha chiarito che “le Idf risponderanno a qualsiasi violazione di queste restrizioni”, lanciando un appello diretto: “Invitiamo pescatori, nuotatori, subacquei e bambini ad astenersi dall’entrare in mare. Entrare in mare lungo la Striscia espone a pericolo”.

Nonostante il blocco navale imposto da Israele dal 2007, le limitazioni si sono fatte draconiane dopo l’attacco del 7 ottobre, all’interno di un “assedio totale” che ha aggravato la crisi umanitaria nella Striscia. Secondo il Ministero della Sanità di Gaza, l’offensiva sostenuta da Washington ha provocato oltre 211.000 tra morti, feriti e dispersi in 646 giorni di bombardamenti.

La maggior parte dei palestinesi vive proprio lungo la costa, dove oggi sorgono campi profughi di fortuna. In questo scenario, il mare rappresentava l’unico spazio rimasto per trovare refrigerio, lavarsi o semplicemente cercare sollievo psicologico. Ora anche questo è precluso. “Andavo ogni giorno. Il mare era dove mi lavavo, dove mi rilassavo, dove scappavo dagli orrori della guerra”, racconta Ibrahim Dawla, 26 anni, sfollato da Zaytun. “Ora anche quello è sparito”.

Sebbene finora i militari israeliani non abbiano colpito chi si avvicina alle acque più basse, la nuova dichiarazione solleva timori reali. "Viviamo del mare. Se non c’è pesca, non mangiamo", denuncia Munthir Ayash, 52 anni, di Gaza City. La sua famiglia di 45 persone dipende interamente da quella risorsa.

Secondo le Nazioni Unite, sono oltre 210 i pescatori palestinesi uccisi da ottobre 2023. E il blocco marittimo continua a privare la popolazione di una fonte essenziale di cibo e reddito.

Il nuovo avviso arriva in un momento di forte caldo, con temperature superiori ai 30°C. Con la rete idrica distrutta e l’accesso all’acqua potabile quasi inesistente, il Mediterraneo era diventato l’unico luogo accessibile per combattere le ondate di calore. “Sono stordita da fame, sete e caldo. Non riusciamo nemmeno a trovare un pezzo di pane,” confessa Rajaa Qudeih, madre di due figli. “Il mare era l’unico sbocco rimasto. Se ci uccidono per andarci, forse sarebbe più facile di questa morte lenta”.

Il governo israeliano sostiene che la misura sia motivata da esigenze di sicurezza, in particolare per prevenire il contrabbando di armi via mare. Ma molti a Gaza la vedono diversamente. “Non si tratta di sicurezza. È una guerra economica, sociale e psicologica; un’arma di soffocamento lento e deliberato,” afferma Zakaria Bakr, a capo del Sindacato dei Pescatori Palestinesi.

Un pensiero condiviso anche dal giovane Dawla: “Qui si muore un milione di volte ogni ora; avevamo bisogno del mare solo per sentirci umani di nuovo. E loro lo sapevano. Ecco perché ce l’hanno tolto”.

Il messaggio è chiaro anche per chi difende la causa palestinese fuori da Gaza. Il giornalista australiano Mike Carlton ha condannato la politica delle Idf con parole dure: “Non può esserci alcuna ragione militare o di sicurezza per vietare al popolo di Gaza di entrare in marese non per soddisfare il sadismo brutale delle Idf”.

Ma la popolazione della Striscia, ormai esausta e affamata, non si arrende: “Il mare è nostro. La terra è nostra. Per quanto ci provino, resteranno nostri”, dice Ayash. E mentre il silenzio del mare diventa sempre più assordante, resta solo una domanda sospesa tra i rifugi di fortuna: “Proibiranno anche l’aria, dopo?”.