Ucraina, Russia il nemico necessario: l’Occidente è in crisi e ha bisogno della guerra per sopravvivere a se stesso

L’obiettivo reale non è affatto quello di difendere Kiev, ma di logorare la Russia dall’interno. Alimentare un conflitto permanente. Un nuovo Vietnam. La balcanizzazione della Federazione Russa

Macron, Meloni, Tusk, Starmer. Quando li si sente parlare del pericolo russo e della necessità di prepararsi alla guerra, allo stato di guerra permanente, si precipita in un vortice, nel mondo rovesciato e distopico, magistralmente descritto da Orwell in “1984”. Sembra quasi di essere lì, immobili e atterriti, davanti alle scritte incise sulla facciata del Ministero della Verità:  La guerra è pace. La libertà è schiavitù. L’ignoranza è forza.” La guerra è pace, un ossimoro che esprime il ribaltamento logico con cui si sta cercando di costruire un processo di assuefazione alla guerra. L’accettazione dell’idea della guerra da parte dell’opinione pubblica è l’obiettivo verso cui i politici occidentali indirizzano i loro sforzi interpretativi e le loro abilità retoriche. I leader si esibiscono in monologhi drammatici per orientare le masse verso l’inevitabilità del conflitto. E lo spettacolo va in scena quotidianamente a reti e media perfettamente unificati.

Ecco Meloni che cita gli antichi romani banalizzandone il significato e decretando la fine della politica e della diplomazia: “Si vis pacem para bellum”. “Se vuoi la pace prepara la guerra”.

Ecco Emmanuel Macron, viso scuro e voce grave, nel suo discorso per le celebrazioni del 14 luglio: “La nostra libertà non è mai stata così minacciata dal 1945. Come allora, la pace dipende dalle nostre decisioni”. E la decisione, naturalmente, è la guerra. “Entro due anni il bilancio della difesa francese raddoppierà rispetto al 2017.” Il copione era già stato preannunciato dal generale Thierry Burkhard, capo di Stato maggiore francese, che aveva definito la Russia “una minaccia permanente” e invocato un “cambiamento dei riferimenti strategici”. Tradotto: la Francia entra in modalità guerra permanente. E l’Europa segue a ruota.

Ecco Keir Starmer, il nuovo premier britannico, interpretare il suo ruolo con grande trasporto: “La Russia ha dimostrato di non volere la pace, quindi noi dobbiamo essere pronti per la guerra.” Una dichiarazione che risulta grottesca in bocca al leader di una nazione che ha fatto di tutto per impedire la pace. Come dimenticare il blitz di Boris Johnson a Kiev, il 9 aprile 2022? Una “visita a sorpresa” per impedire a Zelensky di firmare l’accordo di Istanbul. Ordine di Londra: si combatte. A ogni costo. Naturalmente il segretario generale della NATO, Mark Rutte, ha prontamente benedetto l’iniziativa britannica: “Il Regno Unito promuove giustamente una strategia Nato-first per essere pronti a combattere.”

Insomma, l’Europa si arma. Si mobilita. Si prepara a un futuro in assetto da guerra permanente. E intanto la propaganda lavora a pieno regime per costruire la minaccia, rendere la guerra pensabile, poi accettabile, infine inevitabile. I monologhi diventano duetti. Macron e Merz, firmano sul Financial Times un editoriale congiunto dal tono tragico: “La Russia sta conducendo una guerra imperialista. A rischio c’è l’intero spazio in cui viviamo.” 

Segue il duetto anglo - tedesco. Il Trattato di amicizia e cooperazione bilaterale firmato a Londra da Starmer e da Merz indica chiaro il nemico comune, la Russia di Putin. E la strategia per combatterlo in nome dei “valori democratici e dell’ordine internazionale” completamente ignorati a Gaza e in Cisgiordania.

Merz rincara: “Dobbiamo difenderci tutti insieme. È in discussione l’ordine politico europeo.” Detto da un ex alto dirigente di BlackRock, suona quantomeno sospetto. Sì, perché Merz difende i veri “valori” dell’Occidente: quelli dell’1% che possiede il 45% della ricchezza mondiale. È questa l’integrità da salvaguardare. L’ordine post-1990, quello dell’iperliberismo privo di regole, deve essere difeso a qualsiasi costo.

Così, la Germania si accoda docilmente ai diktat strategici anglosassoni, imposti dal solito manipolo di neocon e straussiani in preda ai quotidiani deliri di onnipotenza. Del resto la dottrina Brzezinski è sempre più in voga tra i corridoi del potere a Washington. Secondo il padre della geopolitica statunitense, l’Ucraina è “uno snodo strategico” fondamentale per impedire alla Russia di essere una grande potenza mondiale. Nel 2019 la RAND Corporation ha pubblicato un rapporto in cui si teorizzava la necessità di “accendere una serie di fuochi” attorno ai confini russi per sovraestendere l’impegno militare della Federazione Russa. L’obiettivo era quello di indebolire la Russia per provocare un cambio di regime e arrivare alla sua disgregazione o alla sua dissoluzione. I fatti hanno mostrato che in realtà le teorie del think thank USA si sono rivelate un boomerang.

Ma a Washington e a Londra si persevera. Si fa di tutto per impedire che Mosca mantenga uno spazio autonomo, una sfera di influenza, un’identità sovrana. L’obiettivo reale non è affatto quello di difendere Kiev, ma di logorare la Russia dall’interno. Alimentare un conflitto permanente. Un nuovo Vietnam. La balcanizzazione della Federazione Russa. Per questo la guerra deve continuare. I negoziati devono fallire. Ogni spiraglio di pace dev’essere ostruito. Perché un Occidente in crisi profonda ha bisogno della guerra più di quanto voglia ammettere. Non solo per ragioni militari, ma per sopravvivere a se stesso.

Di Marco Pozzi