Guerrapiattisti: quelli che si bevono tutte le menzogne dell'occidente sulla guerra, dal riarmo alla "minaccia russa"
Una nuova categoria per capire le contraddizioni del presente.
Guerrapiattisti: con questo termine di nuovo conio, potremmo qualificare i troppi capita insanabilia che aderiscono in modo irriflesso e acefalo alla narrazione bellicistica oggi imperante in quell'occidente che meglio sarebbe appellare uccidente liberal-atlantista. Il neologismo si richiama, con tutta evidenza, alla categoria di terrapiattismo particolarmente cara alla neolingua orwelliana: detta categoria agisce come una vera e propria clava per colpire chiunque dissenta rispetto all'ordine discorsivo egemonico, subito accostato agli stolti che credono che la terra sia piatta. Mediante tale reductio ad absurdum, si ridicolizza chiunque si discosti dei moduli narrativi dell'ordine simbolico di completamento della globalizzazione turbocapitalistica e dei suoi rapporti di forza. Come è noto, la neolingua non confuta, ma proscrive; non discute criticamente, ma impedisce la discussione critica. Ebbene, rovesciando gli schemi e la forma mentis dell'ordine simbolico imperante, qualifichiamo come guerrapiattististi coloro i quali seguitano indefessamente a bersele tutte in relazione all'esigenza improrogabile del riarmo dell'Europa, alla imminente invasione da parte della Russia e, dulcis in fundo, alla teoria secondo cui la guerra porta alla pace e ci si deve riarmare per difendersi. La verità, non detta perché non dicibile, è che la guerra non viene dalla Cina, dalla Russia e dall'Iran: viene invece dal mondo capitalistico occidentale, stante il fatto che, come sapeva bene Lenin, capitalismo e imperialismo fanno sistema, e l'ordine del capitale produce sempre nuove guerre funzionali alla sua dominazione su scala planetaria. Tutto questo, naturalmente, esula dall'immaginario del nutrito gregge belante dei guerrapiattisti, che seguiteranno probabilmente ancora per molto a ripetere orwellianamente che la guerra è pace e che il riarmo è democrazia.
di Diego Fusaro