Chi nega le trattative Russia-Ucraina del 2022 a Istanbul ignora i fatti, per bloccare i nuovi negoziati

La realtà è che era "vicino" a un accordo per fermare il conflitto, come confermato dai rappresentanti governativi coinvolti

Da qualche settimana cresce una narrazione particolare nel mondo giornalistico e analitico in Italia: che sarebbe falso affermare che nell’aprile 2022 la Russia e l’Ucraina fossero vicine a un accordo per porre fine alla guerra iniziata poco più di un mese prima. Gli argomenti portati a sostegno di questa linea sono deboli, ma l’effetto che si spera di ottenere è chiaro: negare che Putin fosse interessato alla pace tre anni fa, per dimostrare che, anche oggi, non è possibile fidarsi della Russia in alcun modo. Di conseguenza, l’unica alternativa sarebbe continuare con la linea dura, piuttosto che cercare un compromesso con una controparte inaffidabile.

Che a Istanbul, nel marzo 2022, le due parti si parlassero è innegabile. La questione è se ci fosse un qualche ammorbidimento della posizione russa, tale da indurre all’ottimismo per una soluzione pacifica del conflitto. I "negazionisti" dicono che la Russia chiedeva troppo: forti limitazioni sulle forze armate ucraine, nessun aiuto militare dall’estero, proibizione dell’adesione alla NATO. Dunque, sarebbe stata più una resa che un accordo giusto.

Sono tutti elementi effettivamente discussi. Lo sappiamo in parte perché è stata pubblicata la bozza di accordo tra le parti dal New York Times nel 2024. Nel comunicato "Principali disposizioni del Trattato sulle garanzie di sicurezza dell’Ucraina" – e si parla di potenziale trattato, facendo capire le intenzioni – si traccia il quadro della possibile intesa, per garantire che l’Ucraina sarebbe "uno Stato permanentemente neutrale in base a garanzie giuridiche internazionali". E gli stessi ucraini hanno dichiarato la loro insoddisfazione per i limiti sulle forze armate richiesti dai russi, volendo avere un esercito con fino a 250.000 soldati (invece di 85.000) e 800 carri armati (piuttosto che 342).

Dunque, è impossibile negare che le parti stessero discutendo una possibile soluzione. Ma erano veramente "vicine" a un accordo? Qualcuno dice di no, ma qui ci aiuta l’Ambasciatore Alexander Chaly, ex Vice Ministro degli Esteri ucraino, che era tra i rappresentanti del governo di Kiev nelle stesse trattative di Istanbul. Parlando a una conferenza al Geneva Centre for Security Policy nel dicembre 2023, Chaly ha citato il comunicato menzionato sopra, e ha aggiunto: "Eravamo molto vicini… a concludere la guerra con un qualche tipo di accordo di pace". Ha aggiunto che Putin aveva capito, dopo appena una settimana, di aver commesso un errore, e quindi, per sua "decisione personale", cercava "un vero compromesso", molto diverso dall’ultimatum espresso inizialmente nei confronti dell’Ucraina.

A questo punto non ci possono essere dubbi. Le trattative ci sono state, e l’impressione degli stessi partecipanti era che fossero vicini a una risoluzione del conflitto. L’accordo non è mai stato finalizzato, però. C’erano differenze su alcuni aspetti, come già detto, e soprattutto sono intervenuti altri fattori: il massacro di Bucha, per cui i russi sono stati accusati di aver commesso crimini di guerra; e la visita di Boris Johnson nel mese di aprile, quando – secondo un articolo del giornale Ukrainska Pravda, generalmente considerato come fonte autorevole e indipendente nel Paese – il Primo Ministro inglese disse a Zelensky che non bisognava negoziare con il criminale Putin, e che l’Occidente, dopo le esitazioni iniziali, era pronto a dare più sostegno, quindi era meglio non firmare alcun accordo.

Non manca chi contesta anche l’importanza del ruolo di Johnson, ma le obiezioni sembrano rientrare nella stessa categoria: servono per garantire che non si tolga in alcun modo la responsabilità per la continuazione della guerra dal Cremlino. Data la chiara evidenza dei progressi delle trattative nel 2022, sarebbe più utile, invece, avere una discussione trasparente. Chi non è d’accordo con l’idea del compromesso – che significherebbe lasciare la Crimea e buona parte del Donbas in mano russa, e tenere l’Ucraina fuori dalla NATO – lo può dire tranquillamente. E deve essere pronto a continuare il conflitto. È una posizione legittima – seppur non condivisa da chi scrive, e da molti altri in Europa e non solo – ma non va giustificata cercando di negare l’evidenza dei fatti su quanto successo nelle trattative del 2022.

di Andrew Spannaus