Manifestare per la Palestina va benissimo ma la politica deve fare il suo prendendo posizione, Israele sta compiendo un massacro
In piazza si andrà per la sola Palestina e per il solo popolo di Gaza. E contro Netanyahu, che oggi rappresenta Israele. I massacri avvengono con indosso delle uniformi precise. Da qui non si può sfuggire.
Le piazze che si animano di impegno politico e di passione civile sono un grande segno di benessere democratico in barba alle mille inutili discussioni sulla deriva fascistoide e alle corbellerie sparate dal Consiglio d’Europa - uno dei carrozzoni del diritto internazionale estraneo alle istituzioni dell’Unione europea (da non confondere con il Consiglio europeo) - sulle forze dell’ordine italiane, esempio di professionalità e competenze in giro per il mondo.
Quindi, bene la manifestazione a favore della Palestina. Ma aggiungiamo alcune cose che non possono restare sullo sfondo. Innanzitutto, bisogna intenderci cosa vogliamo dire sollevando la questione: ha ancora solidità la tesi “due popoli, due Stati” o è una carta jolly che ci si tiene in mano? Gaza è il bersaglio di un massacro come pochi eguali o il pezzo di un genocidio? Hamas è il terrorismo di sopravvivenza politica per quel popolo invisibile, oppure è una creatura creata ed alimentata ad arte per i soliti giochi di destabilizzazione in un’area perennemente inquieta, oppure è ancora altro. Infine, Israele è una “questione” che si può discutere oppure il tragico conto della Storia ne limita e ne limiterà le analisi? In ultimo, quante aperture di credito si possono riconoscere a chi si riconnette con l’Islam senza recidere una volta per sempre con la predicazione e l’azione jihadista? Quanto c’è di autenticamente rinascimentale nei progetti delle nuove leadership arabe?
Va da sé che si tratta di questioni molto complesse, che abbiamo trattato per lo più nel trasporto emotivo di fatti che sconquassavano società e ordini mondiali. Ma che poi si scontravano con le penetrazioni finanziarie che capillarmente sono entrate senza limitazioni nei tessuti industriali, bancari, infrastrutturali, sociali degli Stati occidentali. Insomma, la situazione è assai complessa e proprio perché è complessa che la Politica dovrebbe dimostrare di esserci. Sappiamo tutti che la globalizzazione ha rimescolato le carte e che la geopolitica si sovrappone alla geoeconomia. Tuttavia la Politica rappresenta - o dovrebbe farlo - gli interessi nazionali. Andreotti e Craxi quando rappresentavano agli Stati Uniti la posizione dell’Italia rispetto alla questione arabo-palestinese, lo facevano sia rispetto alle logiche dei due blocchi (
Ora non c’è dubbio che a Gaza si stia consumando un dramma arbitrario compiuto dal governo Netanyahu e nessun riferimento ai fatti del 7 ottobre può costituire giustificazione o alibi. Anzi, il continuo richiamare quei fatti e accostarli all’azione militare e di intelligence del governo israeliano alimentano le “stranezze” dell’agguato di Hamas: com’è stato possibile un attacco del genere senza che l’esercito che si vanta essere il più evoluto tecnologicamente riuscisse a intercettare alcunché? Le dinamiche vanno lette tutte soprattutto perché da quelle sono scaturite le azioni militari conseguenti. Così come non si può, nell’analisi generale, trascurare gli intrecci che portano al Golfo arabo e persino all’interno dello stesso governo di Gerusalemme.
La situazione proprio per la sua complessità non può permettere alla politica di chiudersi in una piazza senza sviluppare una tesi. La piazza è fondamentale per sottolineare che a Gaza è in corso un massacro, ma si tratta di una sottolineatura. La politica non può fermarsi lì, la politica italiana doveva già avere una posizione perché non siamo orfani, avevamo delle relazioni internazionali consolidate. Nessuna parte politica è esclusa dal galleggiamento. Ora quella bolla è scoppiata perché il livello di intensità è oltre qualsiasi tacca. Israele sta compiendo un massacro, sta rompendo ogni equilibrio e accelererà qualsiasi moto di vendetta, rancore e rabbia, “benzina” di quell’altro disegno politico proprio del Jihad.
In piazza si andrà per la sola Palestina e per il solo popolo di Gaza. E contro Netanyahu, che oggi rappresenta Israele. I massacri avvengono con indosso delle uniformi precise. Da qui non si può sfuggire.
di Gianluigi Paragone