Il Regno dell'Arabia Saudita. Una potenza che affronta gli ostacoli alla sua espansione imperiale. La via creativa del Principe ereditario

Una potenza di terra (petrolio) e d'aria (religione). Un caso unico a livello archetipale-geopolitico. Vincerà la visione di Mohammad bin Salman Al Sa'ud?

Il Regno dell'Arabia Saudita possiede due grandi ricchezze: il petrolio e i due luoghi più sacri per l'Islam: la Mecca e la Medina. Potenza economica (l'archetipo della terra) e potenza spirituale (archetipo dell'aria). Di solito invece gli Imperi sono o Imperi di terra (Russia) o imperi di mare (Inghilterra, Usa). Riad unisce simbolicamente "il Leone" e "il Vento", richiamando un bel film del 1975 con Sean Connery, diretto da John Milius e dedicato all'epica figura del capo berbero: Mulay Aḥmad al-Raysūnī. Pochissimi sono riusciti ad essere Imperi duplici. L'Arabia della Famiglia reale Saud possiede anche una terza ricchezza: la sua posizione geografica che ne fa una naturale potenza geopolitica in quanto domina la penisola arabica affacciandosi in modo importante sia sul Golfo Persico che sul Mar Rosso. Suez e Hormuz. Eppure le sue potenzialità di espansione di una sua vocazione imperiale appaiono poco sfruttate e ostacolate da molteplici fattori. Il Regno non è riuscito ancora ad oggi a sviluppare una strategia vincente e coerente almeno alla pari di quanto è riuscita a fare invece la Turchia di Erdogan la quale ha rievocato e riconfigurato un'ampia area "turkish friendly" che va dalla Libia all'Ubzekistan, dall'Albania alla Siria. Il nuovo Impero ottomano. Perchè invece il Regno arabo per eccellenza ha invece problemi interni sia di sicurezza che di sostenibilità della gestione istituzionale-economica? Mentre la Turchia ha in parte ri-occupato i vuoti lasciati dall'Urss e dalla Ue secondo una logica neotradizionale e dinamica il Regno dei Saud appare compresso fra la destabilizzazione sciita dello e dallo Yemen e l'influenza iraniana nel Golfo Persico e in Irak. Troppi galli nel pollaio, anche se è un pollaio ricchissimo e immenso. Esiste poi quello che possiamo chiamare: il "paradosso islamico dell'Arabia". Il finanziamento saudita all'Islam nel mondo (es: in Bosnia) da una parte reca prestigio al Regno ma dall'altra non produce un adeguato ritorno politico-economico. Anzi: le dinamiche del fondamentalismo e delle varie correnti islamiste giocano sempre quale fattore di rischio destabilizzante per l'Arabia Saudita. Da una parte il Regno incarna il ruolo della stabilità e del prestigio spirituale essendo custode (intoccabile) della Mecca e di Medina, dall'altra proprio tale ruolo delicato e universale (per l'Islam) espone i Governi sauditi alle critiche dell'ala tradizionalista dell'Islam per i rapporti amichevoli di lunga data con gli Usa e con Israele. Un ruolo spirituale importante ma che genera anche aspettative, critiche, resistenze. Ma il caso geopolitico e storico dell'Arabia Saudita appare unico e speciale anche per un altro fattore sempre più evidente: non basta il benessere economico per garantire il successo politico e la coesione istituzionale. La stragrande maggioranza dei sudditi sauditi non può oggettivamente lamentarsi delle condizioni di vita che il Regno gli garantisce eppure esiste un possibile malessere giovanile anche in quella terra aurea. Il Principe ereditario sta cercando di consolidare il suo potere in patria attraverso una politica audace, visionaria e creativa: grandi infrastrutture abitative ed energetiche, grandi accordi commerciali in tutto il mondo dalla Cina all'Italia e una grande proiezione diplomatica. Ovunque vada viene applaudito e accolto trionfalmente. Lo stesso Donald Trump con i suoi contatti e le frequenti visite ha confermato l'importanza geopolitica dell'Arabia Saudita. L'acuto analista Roberto Mazzoni ci racconta che oggi il prezzo del petrolio viene deciso da quattro nazioni: Usa, Arabia Saudita, Russia e Qatar. Le politiche del Principe ereditario appaiono assai simili al Nuovo Corso americano: diversificazione energetica, lancio di produzioni interne, strategie territoriali e soft power multiforme. Non solo: il Principe ereditario ha introdotto notevoli liberalizzazioni interne: la guida per le donne, l'abolizione della polizia religiosa, una maggiore libertà per la musica e il cinema, incontrando il favore delle giovani generazioni. Cosa ci insegna tutto questo? Che non basta il denaro per il vero potere e per il futuro di una nazione. Il popolo ha bisogno di sogni, racconti, prospettive di sviluppo e anche di un sapiente uso del linguaggio dei simboli. La massa deve essere tenuta occupata in qualcosa di utile e di appagante. Esiste una sete spirituale nel popolo di cui il Potere deve tenere conto e deve in qualche modo soddisfare. Ovviamente in quelle nazioni che sono rimaste tali e che vogliono rimanere tali. Il problema non si pone in quelle ex-nazioni, come l'Italia, dove si "vivacchia" come turisti della vita in un luna park di provincia. Riuscirà il Principe a vincere le sue grandi sfide? Riuscirà a pacificare la penisola araba? (prima condizione per un'espansione imperiale). La recente ripresa dei rapporti diplomatici e delle linee aeree con l'Iran rappresenta una scelta storica, epocale, molto intelligente che avrebbe terrorizzato la politica vecchia di Biden alla "divide et impera" e che invece ora aiuta lo stesso Nuovo Corso americano similmente interessato all' "imperialità degli affari e della pace". Almeno nel Golfo Persico. Emerge recentemente tramite dei report statunitensi un ultimo fattore di complicazione (e inquietante per tutti): l'eccesso di spesa pubblica saudita. Non un buon segno, anche a livello simbolico-narrativo. Questa, forse, è la sfida maggiore per il Regno: rafforzarsi istituzionalmente e internamente anche a livello di sistema di bilancio, fiscalmente e monetariamente, pena la non futura sostenibilità di un sistema visto da tutti (dentro e fuori il Regno) in modo eccessivo come una "mucca da mungere". Uno Stato invece è sempre di più di un "fondo sovrano che si autogoverna" come per troppo tempo è stata la conduzione gestionale interna. I tempi delle rendite di posizione stanno declinando sempre più velocemente e ora o si impara in fretta dal Nuovo Corso Americano oppure saranno tempi difficili anche per le potenze più ricche.