Riarmo, il braccio destro di von der Leyen André Denk a capo dell'Agenzia europea per la difesa, gestirà il rifornimento di munizioni e missili
Denk ha già lavorato al fianco della presidente della Commissione Ue quando quest'ultima era ministro della Difesa in Germania, e succederà al diplomatico ceco Jiří Šedivý
Il militare e braccio destro di von der Leyen André Denk verrà nominato il prossimo 5 maggio a capo dell'Eda, l'Agenzia europea per la difesa. Denk si occuperà di gestire il rifornimento di munizioni e missili. Non si tratta di una scelta qualunque: Denk ha infatti già lavorato al fianco della presidente della Commissione Ue quando quest'ultima era ministro della Difesa in Germania. È un passo in avanti concreto del Paese teutonico di gestire in prima persona il riarmo europeo. Berlino ha già chiesto all’Ue esenzione dei limiti di spesa del Patto di Stabilità.
Riarmo, il braccio destro di von der Leyen André Denk a capo dell'Agenzia europea per la difesa
Per la prima volta il prossimo direttore dell’Eda non sarà un diplomatico ma un militare vicino alla von der Leyen, vale a dire André Denk. Quest'ultimo sarà a capo dell'ente che gestisce il rifornimento di munizioni e missili sotto l’egida di Bruxelles. Denk succederà al diplomatico ceco Jiří Šedivý, nominato nel 2020 dall’allora Alto rappresentante Josep Borrell. Il braccio destro di von der Leyen ha vinto la concorrenza del militare italiano Stefano Cont, dal 2022 direttore degli armamenti e della pianificazione dell’Eda stessa, e della favorita Kajsa Ollongren, ex ministro della Difesa dei Paesi Bassi che si sarebbe addirittura "ritirata dalla corsa".
Denk detiene il grado di maggiore generale, il corrispettivo italiano del generale di divisione, ed è l'attuale vicedirettore dell’Eda. Gli Stati membri voteranno la sua nomina tramite procedura scritta entro il 5 maggio, senza la necessità di tenere una riunione. La Germania ha già mosso passi concreti sul tema del riarmo ed il Paese più europeo più attivo: due giorni fa Berlino ha chiesto l’attivazione della cosiddetta "clausola di salvaguardia nazionale", vale a dire la possibilità di investire ingenti fondi nel settore della difesa in deroga al Patto di stabilità.