Sondaggi Usa, Trump scende sotto il 45%, e rischia di perdere sostegno anche tra la sua base

Sui temi dov'era più forte in campagna elettorale, il metodo del Tycoon mina l'efficacia delle sue stesse proposte

Sono usciti vari sondaggi in questi giorni negli Stati Uniti, indicando una discesa nel tasso di popolarità del presidente Trump nei primi 100 giorni del suo secondo mandato. Si tratta di rilevazioni di grandi organizzazioni mediatiche, dal New York Times al Washington Post, dalla CNN alla NBC. Per questo alcuni osservatori – e tifosi – tendono a minimizzare, parlando di una sorta di "fake news" che viene da chi fa opposizione al Tycoon.

È indubbio che i sondaggi sbaglino a volte, ma uno sguardo onesto alla situazione attuale mostra un calo incontestabile del tasso di approvazione del presidente, anche sui temi più forti sfruttati da Trump nella campagna elettorale del 2024: l'economia e l'immigrazione, per esempio, dove era sempre stato preferito ai democratici. Oltre al fatto che anche Fox News – emittente in genere molto favorevole al Tycoon – registra un calo come gli altri, è importante ricordare che l'errore medio dei sondaggi nelle ultime elezioni è stato di 1,5 punti, non enorme. In più, bisogna ricordare che non ci serve sapere esattamente la percentuale di americani favorevoli alle politiche di Trump su un punto specifico, ma piuttosto se il consenso aumenta, rimane stabile o diminuisce. Su questo c'è poco spazio per contestazioni in questo momento.

Il tasso di approvazione complessivo del presidente varia dal 39 al 45 per cento nei sondaggi recenti. Si tratta di un livello più basso rispetto al suo voto nelle ultime elezioni (49,8%). Più significativo, però, è che Trump risulta l'unico presidente negli ultimi 90 anni ad aver visto un calo rapido nei consensi entro pochi mesi; anzi, quasi tutti erano saliti ben oltre il 50 per cento grazie al fenomeno della "luna di miele".

Perché succede tutto questo al Tycoon? Il motivo è semplice: sta interpretando la sua vittoria come un mandato per fare cambiamenti rapidi e profondi, senza preoccuparsi dei danni collaterali. Sul tema economico, Trump aveva promesso di ridurre l'inflazione subito; invece cominciano ad aumentare i prezzi in alcuni settori, e ci sono ampi timori di una recessione in arrivo, a causa del modo in cui il presidente ha annunciato i dazi contro tutto il mondo. Per capire: invece di perseguire una politica industriale fatta di vari elementi – compresi gli incentivi e gli investimenti pubblici – la Casa Bianca si è concentrata solo sui dazi, generando incertezza e costi più alti, mentre ha anche tagliato alcuni programmi governativi per la manifattura. La direzione di reindustrializzazione prospettata da Trump è condivisa da molti elettori, ma le azioni prese finora stanno minando lo stesso processo che si dice di voler promuovere.

Anche sull'immigrazione colpisce il cambiamento nell'opinione pubblica. Qui una netta maggioranza degli americani appoggia la proposta di Trump di espellere gli immigrati illegali, soprattutto se hanno commesso dei crimini. Ma l'amministrazione ha deciso di procedere senza curarsi delle regole, mandando persone in una prigione in El Salvador igorando le procedure legali per i rimpatri; e anche cacciando studenti stranieri che si trovano nel paese legalmente, ma che si sono permessi di esprimere opinioni politiche critiche verso Israele.

Per riassumere, il presidente Trump si trova in una crisi creata da sé stesso. La sua popolarità diminuisce perché non ha la pazienza di seguire tutti i passi necessari per attuare le sue stesse politiche. Gli americani concordano sulla necessità di una politica industriale che comprenda anche strumenti protezionistici, così come sulla volontà di fermare l'immigrazione clandestina. Gradualmente, però, stanno abbandonando il presidente perché non sembra capace di perseguire nel modo giusto questi obiettivi, agendo in modo scorretto, da una parte, e inefficace, dall'altra.

Di Andrew Spannaus