Svuotiamo l’Organizzazione Mondiale del Commercio, carrozzone al servizio dei cinesi e della globalizzazione più ingiusta
Semmai Trump ci dicesse di uscire dal Wto o di svuotarlo, che farebbe l’Europa? E l’Italia?
La partita è chiara e vede sullo scacchiere globale due giocatori aggregatori, attorno ai quali si articolano e disarticolano alleanze o solo convergenze. I due player sono l’America da una parte e la Cina dall’altra.
Non è la riedizione dei blocchi della Guerra fredda ma non si allontana nelle dinamiche: la Cina (come allora l’Unione Sovietica) si propone di calamitare il Terzo mondo e pure i nemici dello Yankee in nome di un riscatto che concede il solito pochissimo in cambio del tantissimo per le élite: il pochissimo di un salario che prima non avevano e che adesso grazie alla globalizzazione invece c’è. I Brics+ sono solo un pezzo della strategia studiata da Pechino, è più un cavallo di Troia che però ha esaurito i “posti nascosti” pertanto obbliga a giocare allo scoperto. La Cina gioca a viso aperto, perchè non è più la Cina dell’11 dicembre 2001.
Ancora una volta una data che ci inchioda al giorno 11. Tre mesi prima - 11 settembre 2001 - l’attacco alle Torre gemelle. Tre mesi dopo… l’attacco sottile, invisibile, suadente e velenoso della Cina all’Occidente: l’ingresso nel Wto, l’Organizzazione internazionale del commercio. Non potevamo vederlo, era nascosto nelle pieghe della sottile e millenaria strategia cinese e nella sbornia dell’euforia clintoniana di aver addomesticato il Drago ribelle agganciandolo al mercato. Nulla di più sbagliato, a meno che i progressisti Clinton e Blair in fin dei conti non fossero altro - come io penso - che gli architetti di un nuovo Ordine mondiale neoliberista dove la globalizzazione sarebbe divenuta il “non luogo” (mi permetto di usare e di ab-usare del concetto di Marc Augé, in memoria) dell’Occidente, dove il Mercato sarebbe diventato il Tempio dei farisei, degli squali e dei lupi e dove la ciotola sarebbe stato il “successo sufficiente” per giustificare l’allungamento della catena produttiva e di approvvigionamento.
Quasi 25 anni fa la Cina entrava nel Wto vestita da povera ma con la piena consapevolezza che le sue concessioni al libero mercato sarebbero stato il virus con cui avrebbe corrotto e devastato l’Occidente. Il veleno mortale a rilascio lento che negli ultimissimi anni chi lo vedeva non aveva il coraggio di contrastare. “Ormai è inarrestabile: non si può più tornare indietro”: eccolo il mantra del diavolo che ti convince alla rassegnazione suadente. Oggi Trump - che è “il matto” nel senso di energia originaria del caos, è l’innocenza, è il folle di Erasmo da Rotterdam - entra a piedi uniti con una raffica di dazi apparentemente scomposta; rovescia il tavolo del Neoliberismo, si riprende il mazzo di carte e chiede al tavolo mondiale da quale lato giocare: dalla parte di chi non si rassegna o dalla parte di chi invece si rassegna. Tra chi ha il coraggio di caricarsi la catarsi della liberazione dalla globalizzazione neoliberista (che vede Cina e bankster nella stessa trincea) e chi invece sfrutta, opprime, schiaccia con debiti che generano schiavitù. La sinistra Dem ha scelto decenni fa e da lì non si schioda.
La mossa di ieri non sarà l’ultimo stress che Trump ci infliggerà, è quello che però ci serve per capire cosa è la Cina e come la Cina ha trasformato il mondo dopo il suo ingresso nel Wto. Due numeri per capire le dimensioni della allora fallimentare mossa: nel 2001, il Prodotto interno lordo della Cina era di 1.339 miliardi di dollari, nel 2024 si avvicinava ai 19 mila miliardi di dollari. Il famoso “passo storico” annunciato da Clinton consentì certamente agli americani di comprare merci a basso costo nei megastore (Walmart) ma anche di distruggere la manifattura americana (e pure Walmart ammazzato da Amazon e da AliBaba allo stesso modo) e di alimentare un gigante che oggi con le proprie merci inonda l’America e guarda con appetito sempre maggiore all’Europa con proprie merci ad alto contenuto tecnologico. Ecco perché oggi Trump sta dicendo all’Europa e all’est asiatico: da che parte state? Ed ecco perché Trump cerca di incunearsi nelle intese tra Putin e Xi Jinping.
Arriviamo così alle conclusioni. Da quell’11 dicembre 2001 ad oggi, la Cina non è più la stessa, tranne per il Wto che non ha mai modificato le allora condizioni di ingresso, cioé una serie infinita di eccezioni alle regole di produzione e di rispetto dei diritti. Quelle condizioni di dumping non sono mai state toccate: perché? Che gioco sta facendo l’Organizzazione del commercio? Semmai Trump ci dicesse di uscire dal Wto o di svuotarlo, che farebbe l’Europa? E l’Italia?
di Gianluigi Paragone