Gli Stati Uniti tornano in Sudamerica col volto dei contractor: Erik Prince in Ecuador, parte l’operazione ombra voluta da Washington
Il fondatore di Blackwater a Guayaquil per addestrare le forze locali. Nuova strategia USA: il modello è quello russo della Wagner
È passato sotto silenzio, ma l’odore di guerra asimmetrica ha fatto di nuovo capolino in Sud America. Fonti diplomatiche confermano a questo giornale che Erik Prince, il controverso fondatore di Blackwater — oggi ribattezzata con altri nomi dopo gli scandali in Iraq e Afghanistan — ha preso parte direttamente a un’operazione delle forze dell’ordine a Guayaquil, città simbolo della crisi ecuadoriana.
Si tratta di una presenza che non è né casuale né isolata: secondo quanto risulta da fonti a conoscenza del dossier, Prince è stato invitato nell’ambito di un piano di collaborazione “non ufficiale” promosso da ambienti vicini all’ex presidente Donald Trump e oggi tornati influenti nei giochi interamericani.
Sabato, dieci case sono state perquisite, quaranta persone arrestate. Il ministro degli Interni John Reimberg ha confermato la partecipazione di Prince, che in un video istituzionale ha dichiarato di voler “fornire strumenti e tattiche” per contrastare i narcos. Ma secondo quanto raccolto da fonti diplomatiche, il vero obiettivo è testare una nuova modalità d’intervento americano nella regione: outsourcing della sicurezza attraverso reti private, come già sperimentato dalla Russia con la Wagner in Africa e Medio Oriente.
Un ritorno muscolare nel "cortile di casa"
L’America Latina, da sempre considerata il “cortile di casa” dagli Stati Uniti, torna oggi a essere un terreno di confronto geopolitico. Mentre la Cina si espande economicamente e la Russia penetra con i suoi apparati di disinformazione, Washington sembra rispondere con una mossa più silenziosa ma estremamente efficace: l’invio di esperti militari privati sotto copertura diplomatica o commerciale.
Erik Prince non è un uomo qualunque. Ex Navy SEAL e da anni vicino all’establishment trumpiano, è già stato coinvolto in operazioni parallele alla diplomazia ufficiale, in Medio Oriente e in Africa. Il suo sbarco in Ecuador potrebbe segnare l’inizio di una nuova fase.
L'occhio di Langley sul campo
Secondo quanto trapelato da ambienti dell’intelligence sudamericana, la presenza di Prince sul territorio sarebbe avvenuta con il tacito benestare della CIA, che da mesi segue con crescente attenzione l’escalation della violenza in Ecuador e la penetrazione delle mafie del narcotraffico nella politica locale. Il coinvolgimento diretto dell’Agenzia, come da prassi, non viene confermato ufficialmente, ma più fonti parlano di briefing congiunti tra agenti statunitensi e apparati locali per facilitare l’ingresso dei contractor e monitorarne l’operato. Il tutto al riparo da occhi indiscreti e senza bisogno di passaggi parlamentari.
Test in Ecuador, obiettivo Colombia?
L’Ecuador, dilaniato dalla violenza delle gang e da una crisi istituzionale profonda, è il laboratorio perfetto per questo tipo di esperimento. Ma secondo le stesse fonti, la partita vera potrebbe giocarsi più a nord, in Colombia, dove i contatti tra ex militari USA e ambienti paramilitari locali si stanno intensificando.
C’è il rischio concreto che si apra un nuovo fronte “privato” della politica estera americana, fuori dai radar del Congresso, lontano dai vincoli delle missioni ufficiali. Un ritorno alla dottrina Monroe, in versione 2.0: meno ambasciatori, più contractor.
E l’Italia?
Per ora, l’Europa resta a guardare. Ma se il modello Wagner-style americano dovesse prendere piede anche nei teatri centroamericani, la stabilità dell’intera regione — e le rotte migratorie che ne derivano — potrebbero rapidamente diventare anche un dossier per Bruxelles e Roma.