Chatgate, Trump decide di non licenziare il Congliere per la sicurezza nazionale Waltz, nonostante l'errore

Preoccupa più il rapporto con un giornalista di sinistra che le indiscrezioni in merito ai piani di guerra

Per qualche giorno il presidente è stato indeciso. Dietro le quinte ha chiesto ai suoi collaboratori, sia dentro che fuori la Casa Bianca, se fosse il caso di licenziare Mike Waltz. Con l'inclusione per errore di un giornalista nella chat tra i "principali" delle più alte cariche dell'amministrazione, il Consigliere per la sicurezza nazionale aveva fatto scoppiare il Chatgate, lo scandalo legato all’utilizzo di un'app di messaggistica commerciale, Signal, per discutere i dettagli del bombardamento degli Houthi nello Yemen, lo scorso 15 marzo.

La risposta pubblica è stata prevedibile: il segretario alla Difesa Pete Hegseth ha affermato di non aver condiviso alcuna informazione classificata, un tentativo di coprire i propri errori che non ha convinto nessuno. È evidente che fornire la cronaca in tempo reale dei raid aerei rappresenta un grave errore su più livelli. Infatti, normalmente informazioni del genere non solo rimarrebbero all'interno di sistemi di comunicazione ufficiali, ma non sarebbero nemmeno condivise con chi non ha un "bisogno di sapere" in senso stretto.

l presidente e il vicepresidente Vance sono stati chiari nel dare il loro sostegno pubblico a Waltz. Ma a porte chiuse si dice che Trump fosse furioso. Non è difficile capire perché. Oltre ad aver reso visibili a tutti le deliberazioni interne all'amministrazione, a volte con un tono immaturo, la leggerezza dimostrata nel modo di comunicare espone l’amministrazione a critiche facili da parte della stampa e dell’opposizione.

Per anni, infatti, i repubblicani hanno insistito sulla necessità di incriminare Hillary Clinton per aver utilizzato un server privato per i suoi messaggi e-mail quando era segretario di Stato. Non si è mai arrivati alla cosiddetta "pistola fumante", ovvero una comunicazione segreta che avrebbe compromesso la sicurezza nazionale. Nel caso del Chatgate, invece, nonostante i tentativi di fare buon viso, è chiaro a tutti il pericolo rappresentato dalla condivisione di dettagli operativi di una missione militare.

Ci sono però due elementi che pesano più del semplice errore di aver utilizzato un sistema non ufficiale. Il primo è l’identità del giornalista coinvolto: Jeffrey Goldberg, un nome di spicco nel giornalismo di centrosinistra. A Trump non piace che il suo Consigliere per la sicurezza nazionale abbia un rapporto personale con un giornalista che il presidente disprezza. Il Tycoon si aspetta lealtà totale nei suoi confronti.

In secondo luogo, c’è la divergenza di opinioni sull’attacco, espressa da JD Vance quando ha accusato il presidente di essere “incoerente” nella sua politica verso l’Europa. Nelle ultime settimane, infatti, tra le voci più insistenti a favore di un intervento militare più ampio in Medio Oriente, sia contro gli Houthi sia contro l’Iran, c’è stata proprio quella di Mike Waltz. Trump preferisce usare le minacce per poi negoziare, ma non mancano i falchi impazienti di scatenare le bombe contro i nemici, di fatto perpetuando il vecchio approccio dei neoconservatori.

Trump ha deciso, per il momento, di non licenziare nessuno, poiché non vuole avviare troppo presto la girandola di nomine e sostituzioni ai vertici della sua amministrazione, come era accaduto durante il primo mandato. Tuttavia, al di là dello scandalo in sé, restano questioni di sostanza riguardanti gli interventi militari, che il presidente dovrà affrontare al più presto per evitare di far deragliare la sua politica estera.

di Andrew Spannaus