Russia-Ucraina, referendum popolare in Donbass per l'autodeterminazione unica soluzione della guerra, da effettuarsi sotto controllo ONU delegittimando riarmo inutile e pericoloso

Se le popolazioni del DonBass votassero per l’annessione alla Russia, sarebbe definitivamente sconfessata la pretesa dell’Ucraina per una prosecuzione della guerra ai fini difensivi e la pretesa della presidente della Commissione Europea che l’Europa sia di fronte ad una emergenza da un asserito pericolo Russo, mentre se votassero per rimanere Ucraini, sarebbe certificata l’aggressione ingiustificata della Russia. Si comprenderà finalmente chi vuole la pace e chi non la vuole

Alla luce del summit svoltosi ai primi di marzo a Londra con il presidente ucraino Zelensky, appena giunto a mani vuote da Washington, e con i leaders europei tra cui  il nostro Presidente del Consiglio che, al suo termine,  ha dichiarato che l’incontro  era volto ad arrivare ad una pace giusta in Ucrainasenza fornire però con quali mezzi e, soprattutto, con quale soluzione programmatica, mi sono chiesto a cosa servano i numerosi consiglieri specializzati che supportano il Presidente del Consiglio e il Presidente della Repubblica.

E poi come è possibile che nessuno dei vertici delle istituzioni della Difesa abbia avuto l’illuminazione di ricordare sia al Presidente del Consiglio sia al Presidente della Repubblica un pezzo della nostra storia che avrebbe offerto all’Italia l’opportunità di proporsi sin dall’inizio del conflitto russo ucraino come Stato lungimirante e Nazione amica sia della Russia sia dell’Ucraina, ma soprattutto, ora, come unica  Nazione Europea mediatrice per addivenire ad una  pace realmente possibile.

 

Ora dopo l’odierno intervento della Presidente della Commissione Europea al Parlamento europeo, nel corso del quale ha spinto sull’acceleratore per il riarmo degli Stati europei in una prefigurazione d’emergenza per un preteso  pericolo attribuito alla Russia e su un altrettanto preteso interesse di quest’ultima sui paesi già appartenenti all’URSS che rappresenta un segnale pericoloso di sfida, l’Italia non può rimanere inerme e silente dopo anche l’intervento del Generale Vannacci che ha evidenziato tutte le incongruenze di un riarmo che i popoli europei non vogliono.

 

Una occasione, dunque, più unica che rara da spendere nell’Unione Europea e presso il neo rieletto presidente USA, Donald Trump, al fine di dare forza cogente alla più equa soluzione del conflitto russo ucraino sconfessando qualsiasi ulteriore  minaccia militare derivante da un riarmo pericoloso e inutile.

 

Orbene,  tale soluzione che sottoporrò, ai lettori, e conseguentemente all’esecutivo, potrebbe essere lo strumento utile per giungere alla pace che vogliono raggiungere gli USA e la stessa Russia.

 

Soluzione che potrebbe consentire al presidente del Consiglio italiano, in questo momento temporale di grande incertezza del ruolo degli USA nonché, mi sia consentito, di confusione dell’Unione Europea che non può concedersi il lusso di proporsi né come cobelligerante al fianco dell’Ucraina,  né come nemica della pace, nella certezza che almeno l’80 per cento delle popolazioni dell’Unione Europea -nonostante le ultime dichiarazioni della presidente della Commissione Europea per il riarmo di tutti gli Stati membri per una spesa di oltre 800 miliardi- è sicuramente contraria alla guerra e alle ipotesi propagandate sull’asserito  pericolo Russo, che sarebbero smentite, peraltro, dal messaggio del Presidente Putin inviato all’Europa e che solo la Croazia avrebbe trasmesso sulle sue reti televisive.

 

Unica soluzione diplomatica del conflitto russo ucraino, grazie alle indicazioni che l’Italia potrebbe ora proporre come atto programmatico evolutivo e risolutivo del vertice Europeo e del successivo Consiglio  Europeo conclusosi con la dichiarazione del riarmo, e che  avrebbe potuto essere  proposta, ripeto, sin dall’inizio del conflitto russo ucraino.

 

Se ci fossimo battuti per l’inclusione della Russia nell’Unione Europea e nella NATO, come  in modo illuminato preconizzò il Presidente Silvio Berlusconi il conflitto Russo Ucraino, verosimilmente, non sarebbe neppure avvenuto.

E se l’Italia -che è stata oggetto di un generoso aiuto nel corso della Pandemia da parte della Russia, che da sempre è considerata parte significativa dell’Europa geografica- si fosse smarcata, con l’avvento del  governo Meloni, dalla posizione assunta dal precedente governo di centro sinistra, puntando su un argomento di forte impatto mediatico della nostra storia, oggi l’Italia si troverebbe in una posizione di mediazione formidabile. 

 

Un argomento che non avrebbe non potuto essere considerato come l’unico cavallo di battaglia propositivo per giungere alla vera soluzione del conflitto.

 

Una soluzione pacifica che avrebbero dovuto proporre tutti i nostri governi, tanto più quello attuale di centro destra dell’On. Meloni che si era sbracciata in parlamento sin dal 2014 nel condannare l’aggressione da parte dell’Ucraina delle due regioni Ucraine del Donetsk e del Luhansk: le due Repubbliche separatiste del DonBass, con popolazione russofona.

 

Qual’è, dunque, questo cavallo di battaglia che ci avrebbe persino posto al riparo dall’essere considerati dei nemici della Russia, tanto che non si sarebbero interrotte le forniture di gas con aggravio per i cittadini Italiani delle bollette energetiche? … ricordare al Mondo intero quello che Statisti italiani, con la S maiuscola, illuminati ed amanti della pace, di inizio anni ‘70, avevano ritenuto fosse doveroso riconoscere alla popolazione di lingua tedesca dell’Alto Adige: la concessione di ampie competenze e ambiti di autogoverno, con il privilegio in ogni ambito istituzionale del riconoscimento della lingua tedesca, come lingua di privilegio, che pose fine al terrorismo secessionista attuato dal partito Befreiungsausschuss Südtirol (BAS).

 

Per il caso attuale dell’Ucraina, quindi, Kiev avrebbe potuto o dovuto concedere nel 2014 ampie competenze e poteri di autogoverno, con il privilegio in ogni ambito istituzionale del riconoscimento della lingua russa, come lingua di privilegio delle due Repubbliche del DonBass, invece di procedere ad una aggressione militare di quella regione, tranne dover pensare che fosse un falso scopo, utile per esautorare quella regione sotto il profilo amministrativo e politico in ragione di contratti che sembrerebbero essere stati sottoscritti per lo sfruttamento dei giacimenti delle terre rare con società occidentali appena dopo l’avvenuto insediamento del nuovo establishment  politico Ucraino.

 

Ed allora credo che non vi sia chi possa non condividere quanto l’Italia avrebbe potuto proporre per mantenersi neutrale, citando proprio la storia del terrorismo secessionista dell’Alto Adige e ricordando che a partire dal 1953, anno della svolta nei rapporti tra Roma, Bolzano, Innsbruck e Vienna, si aprì una vera e propria crisi, tanto che i rapporti si andarono facendo progressivamente sempre più tesi, fino ad arrivare all’uso della violenza come arma politica e alla cosiddetta “notte dei fuochi”.

 

Crisi che si sviluppò tra i gruppi linguistici tedesco ed italiano e si fece evidente nelle opposte visioni politiche. Gli italiani di sangue storico temevano che concedendo maggiori libertà e autonomia alla popolazione italiana di lingua tedesca si creassero le premesse per un ritorno dell’Alto Adige all’Austria in una sorta di Anschluss strisciante. 

Gli italiani di lingua tedesca temevano, invece, che il governo italiano mirasse a creare le premesse per una snazionalizzazione completa del territorio e la sparizione della minoranza di lingua tedesca: ovvero la continuazione del programma di italianizzazione iniziato con il fascismo.

 

Questa contrapposizione che pervadeva ogni ambito territoriale, si tradusse nella richiesta di ottenere l’autogoverno in cambio della rinuncia  da parte di quella popolazione di lingua tedesca all’autodeterminazione. 

Contrapposizione che venne ad essere contraddistinta da atti di terrorismo da parte delle fazioni estremiste che puntavano,  invece, proprio all’autodeterminazione per il ritorno dell’Alto Adige all’Austria e che portarono al compimento di numerosi attentati in cui morirono uomini delle Forze Armate e delle Forze dell’Ordine preposti al contrasto del terrorismo in questione.

Tra i tanti non posso non ricordare il Capitano dei Carabinieri paracadutisti, ex allievo della Scuola Militare Nunziatella (che ho frequentato negli anni ‘60), Francesco Gentile, che, trasferito in Alto Adige con l’incarico di coordinatore delle indagini sul terrorismo alto atesino, rimase vittima con altri militari dell’attentato di Cima Vallona, cui venne concessa la MOVM alla memoria. 

Ed è proprio in relazione agli attentati che vennero compiuti, e degli italiani che morirono, che mi sarei aspettato 

dai Vertici delle Istituzioni Militari -che non possono non essere stati interpellati ed ascoltati nelle sedi istituzionali competenti per trovare una soluzione diplomatica al conflitto russo ucraino- l’indicazione, come soluzione per una immediata tregua, di proporre all’Ucraina e alla Russia di concedere alle popolazioni del Donbass ormai sotto il controllo dell’Armata Russa l’effettuazione, sotto il controllo di osservatori ONU, di un referendum da parte di quelle popolazioni per la loro autodeterminazione a voler far parte dell’Ucraina o della Russia.

 

Quindi, sulla falsa riga della soluzione politica adottata negli anni ‘70 dall’Italia per la regione dell’Alto Adige, il Governo Italiano avrebbe ora l’autorevolezza per chiedere -preso atto che l’Ucraina non aveva concesso alle due regioni del Donbass non solo quella autonomia di governo che le popolazioni chiedevano da tempo, ma aveva proceduto nel 2014 ad una durissima repressione militare, oggetto di molteplici, quanto inutili trattative, sfociate nell’intervento militare russo-  l’effettuazione di un referendum popolare per l’auto determinazione di quelle popolazioni come unico atto risolutorio del conflitto russo ucraino, da effettuarsi sotto il controllo di osservatori ONU, delegittimando definitivamente tutte le pressioni ed iniziative per l’invio di ulteriori armi e di un riarmo inutile, come anche qualsiasi invio futuro di truppe europee comprese quelle italiane sul territorio Ucraino, che appena dopo il referendum risulterebbe finalmente  pacificato.

 

Ed è di tutta evidenza che se la Russia dovesse accettare in questo particolare momento  tale proposta, l’Ucraina non potrebbe che  accettare tale soluzione diplomatica, poiché verrebbe sconfessata immediatamente la asserita e pretesa volontà della Russia di voler continuare ad oltranza la guerra per ulteriori motivi espansionistici.

 

Se l’Ucraina, invece, non dovesse accettare, sarebbe del tutto evidente la piena consapevolezza che le popolazioni delle due Repubbliche del DonBass sentendosi russe furono aggredite nel 2014 dall’esercito ucraino per impedire che reclamassero oltre che l’indipendenza anche la gestione diretta del proprio territorio,  ricco delle tanto ricercate terre rare, oggetto di scambio per aiuti economici e militari.

 

E, dunque, se a seguito della proposta italiana le popolazioni del DonBass fossero ammesse ad esercitare il citato referendum e votassero per l’annessione alla Russia, sarebbe definitivamente sconfessata, peraltro in modo evidente, la pretesa dell’Ucraina per una prosecuzione della guerra ai fini difensivi e la pretesa della presidente della Commissione Europea che l’Europa sia di fronte ad una emergenza da un asserito pericolo Russo, mentre se votassero per rimanere Ucraini, sarebbe certificata in modo inconfutabile l’aggressione ingiustificata della Russia.

 

Dall’accettazione o meno di tale proposta  si comprenderà finalmente chi vuole la pace e chi non la vuole, ma da questo momento si potrà ipotizzare il da farsi per la sicurezza dell’Europa, ma anche del mondo intero.

Di Gianfranco Petricca, generale dei Carabinieri in congedo