Trump incontra Netanyahu, primo leader straniero ricevuto dopo elezioni, sul tavolo “il ridisegno del Medio Oriente”; Idf bombarda abitazioni civili a Jenin in Cisgiordania, 50 morti
Netanyahu è il primo leder straniero ricevuto da Trump dopo le elezioni, sul tavolo anche la 2° fase di accordi di tregua Gaza
Benjamin Netanyahu è atterrato a Washington per il primo incontro ufficiale tra Donald Trump e un leader straniero da quando il presidente americano ha ripreso la guida del Paese. Il faccia a faccia è previsto per martedì e arriva in un momento di forte incertezza sulle questioni da affrontare e sugli esiti possibili dell’incontro.
Il viaggio del primo ministro israeliano avviene mentre si attende l’avvio della seconda fase della tregua a Gaza, che sarebbe dovuta partire lunedì. Se i colloqui dovessero fallire, Israele potrebbe riprendere le operazioni nella Striscia già a inizio marzo.
Netanyahu ha presentato l’incontro come “una testimonianza della forza della nostra amicizia personale”. Prima di imbarcarsi per Washington, ha sottolineato alcuni punti chiave della sua agenda, come la necessità di ottenere una “vittoria su Hamas”, ridefinire gli equilibri in Medio Oriente e contrastare la minaccia rappresentata dall’Iran.
Sul tavolo “il ridisegno del Medio Oriente”
L’amministrazione americana tuttavia sembra considerare Netanyahu un alleato non primario, visto che sul tavolo degli Usa ci sono questioni che Trump ritiene più pressanti in questo momento.
L’arrivo di Netanyahu a Washington coincide con una fase turbolenta per Trump, che ha happena dato il via ad una guerra di dazi con Messico, Canada e Cina, un processo di riorganizzazione interna del governo federale e la questione della frontiera con il Messico.
L’incontro tra i due leader è influenzato da interessi diversi. Da parte di Trump, c’è la volontà di evitare nuove tensioni in Medio Oriente per concentrarsi sull’espansione degli Accordi di Abramo firmati durante il suo primo mandato e che hanno portato Israele a stabilire rapporti diplomatici con Bahrein, Marocco ed Emirati Arabi Uniti. Il prossimo obiettivo è l’Arabia Saudita.
Dal lato israeliano, l’obiettivo è capire quale sia la posizione di Trump rispetto all’avvio della seconda fase della tregua, che Netanyahu ha accettato con riluttanza. Secondo fonti governative ci, Netanyahu vuole valutare fino a che punto Trump sia disposto a sostenere la sua strategia in vista della ripresa dei negoziati.
Tra i temi più delicati c’è la questione del futuro assetto di Gaza, in particolare chi avrà il controllo amministrativo del territorio.
Netanyahu deve gestire le pressioni interne
Netanyahu deve inoltre gestire le pressioni interne. I partiti di estrema destra della sua coalizione chiedono una ripresa immediata delle operazioni militari una volta terminata la prima fase della tregua. Il ministro delle Finanze, Bezalel Smotrich, ha minacciato di dimettersi se il conflitto non riprenderà, mettendo a rischio la stabilità del governo.
Sul fronte opposto, Hamas ha dichiarato di non essere disposto a rilasciare gli ostaggi previsti nella seconda fase senza un cessate il fuoco permanente e il ritiro delle truppe israeliane da Gaza.
I negoziati sono complicati anche dalla richiesta avanzata da Trump affinché Egitto e Giordania accolgano 1,5 milioni di palestinesi in fuga da Gaza, una proposta respinta sia dal Cairo e da Amman che da altri stati arabi, tra cui Qatar, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti.
Colpita Jenin in Cisgiordania
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Dall'inizio dell'operazione militare israeliana a Jenin l’IDF afferma di aver ucciso 50 militanti e di aver arrestato oltre 100 ricercati.