Usa, l'insediamento del Presidente Donald Trump è il giorno più lungo per l'Europa

E così una campagna elettorale per la rielezione da molti, se non da quasi tutti, ritenuta impossibile ha avuto il suo esito e Donald Trump è il 47° Presidente degli Stati Uniti. La sua non è una vittoria qualsiasi: è una vittoria totalizzante, assoluta, senza ambiguità che cancella in un colpo solo decenni di ipocrisie legate a generici quanto ingenui programmi di scelte ideologiche in tema di immigrazione, media, industria, ecologia.

Una vittoria che riporta in auge le cose semplici della politica: vincono le idee radicate nel corpo elettorale e che quest'ultimo vuole siano realizzate. Ed è quindi la fine del "dirigismo elettorale" della cultura dell'élite che considera il popolo votante come  in cronico ritardo rispetto alla reale comprensione dei fenomeni economici, culturali e sociali. Un popolo condannato, dall'ideologia progressista, al "ritardo cognitivo evolutivo" da correggere con la guida delle "élite di sinistra".

Naturalmente anche per il Presidente Trump mantenere dritta la barra in tema di immigrazione, di eliminazione della follia ideologica del "green deal" ed in tema di crescita dei salari e di recupero dei vasti stati sociali dimenticati non sarà una passeggiata di salute.

Ma se ne vedono già gli effetti In tema economico il pragmatismo (e l'esperienza) del Presidente Trump lasciano già intravedere una intelligente e performante deregolamentazione finalizzata alla massima espressione dello "spirito del capitalismo" non solo appannaggio dei grandi gruppi industriali e dei media (Musk, Zuckerberg, Bezos) ma anche, e soprattutto, a favore delle piccole e medie imprese.

Il sostegno politico  all'ideale del "sogno americano" dell'uomo che forgia il proprio destino libero dagli intralci di un ceto burocratico ottuso e rinchiuso nel proprio feudalesimo dei diritti.

Non a caso per i festeggiamenti del suo insediamento il Presidente Trump non ha invitato la Presidente del Consiglio Europeo Ursula von der Leyen.

Non certo per sgarbo personale essendo incommensurabile la potenza di un Presidente degli Stati Uniti d'America rispetto ad una Presidente (non di elezione popolare) dell'Unione Europea quanto piuttosto per rimarcare una differenza piuttosto che una distanza. La differenza di una politica incentrata sul "fare", sul bene della Nazione, su una rivisitazione del concetto di cittadinanza e di immigrazione.

Un "fare" in economia dinamico e performante che si spinge fino ad indicare le nuove conquiste spaziali e che rende irrimediabilmente vecchia (e, diciamo la verità, anche un po' ridicola) la povera vecchia Commissione Europea con i suoi regolamenti sulla lunghezza delle zucchine, sulla dimensione delle vongole, sugli insetti arrosto, sulle macchine elettriche senza averne nè la tecnologia nè le energie in una sorta di suicidio economico assistito che non ha precedenti nella storia contemporanea quanto a stupidità ideologica.

E' stato rilevato, da molti commentatori, che la Presidenza Trump restituisce, almeno nelle intenzioni, all'America un ruolo "imperiale".

E, naturalmente, ritornano vive le analogie con il più grande impero della storia e cioè l'impero romano. Tale accostamento, a ben vedere, risulta ricco di sorprendenti analogie.

L'impero romano fu, tra l'altro, la più grande economia capitalistico - schiavistica del mondo antico: la produzione normativa della regolamentazione economica e giuridica della schiavitù fu la più grande mai raggiunta.

In alcuni passaggi sarebbe stata anche possibile la transizione nell'antica Roma da un modello schiavistico ad un modello di, sia pur minima, libertà salariata.

Ma l'ordinamento romano non volle mai compiere quella transizione.

Gli Stati Uniti traggono il loro momento fondativo più tragico nella guerra civile tra gli Stati abolizionisti del Nord e gli Stati schiavisti del Sud: e quindi nel superamento, che l'impero romano non seppe o non volle effettuare, dell'economia schiavista.

In tema di cittadinanza ed immigrazione la linea indicata dal Presidente Trump di un superamento del cosiddetto "ius soli" (per il quale occorre comunque una complessa procedura di revisione costituzionale) in tema di cittadinanza e una regolamentazione dell'immigrazione in senso legalitario trova delle sorprendenti analogie con l'antica Roma. Furono i romani infatti (con la disapprovazione aristocratica del mondo greco) ad erigere nel Foro Boario il tempio del Dio Asilo, tempio nel quale il rifugiato schiavo o debitore sacramentalizzava la propria presenza liberandosi dalla schiavitù e dal debito verso il creditore.

Tale fenomeno sembrerebbe in contrasto con quanto appena detto sulla politica trumpiana.

Ma a ben vedere non è così.

Roma con vocazione imperiale considera da sempre sacri i propri confini e soprattutto il pomerium (e cioè il confine dell'Urbe) entro il quale si struttura e conferisce l'"imperium".

Allo schiavo o al debitore sarebbe bastato riconoscere il raggiungimento del pomerium per vederli riconosciuti liberi (liberi da schiavitù e da debiti - e quindi cittadini sui iuris). Perchè allora la liberazione avveniva solo con il passaggio e la permanenza del tempio del Dio Asilo? Perchè il formalismo giuridico romano, con il passaggio nel tempio, esigeva l'assunzione  e l'adesione piena e sacrale dello schiavo e del debitore nei confronti della "fides" romana da intendersi non come fede politica o religiosa ma come accettazione incondizionata  del sistema valoriale romano. Un'accettazione che comportava certo diritti ma soprattutto doveri.

Quindi è l'accettazione incondizionata  e sacrale degli elementi valoriali dell'ordinamento romano che comporta diritto di asilo e cittadinanza e non il fatto occasionale della permanenza o della nascita all'interno del pomerium.

Che è poi a ben vedere, quello che lascia intuire la linea trumpiana in tema di immigrazione e cioè un controllo ordinato e legale dei flussi con una permanenza (ed un'eventuale cittadinanza) quale risultato della condivisione degli elementi valoriali fondanti degli Stati Uniti d'America.

Una bella botta per la visione della immigrazione della sinistra europea persa dietro una fallimentare ideologia di generico accoglimento  priva di struttura e di basi finanziarie.

La povera Unione Europea, di fronte al dinamismo finanziario ed imprenditoriale impresso dal nuovo corso trumpiano, rischia di essere (per la reciproca interdipendenza che da sempre unisce le leggi dell'economia a quelle della guerra) una ideale "linea Maginot": difesa imponente di una guerra ormai superata e che fu resa inutile semplicemente aggirandola

Vedremo.