Nel discorso d'insediamento Trump ha alternato polemiche superficiali e aspirazioni che potrebbero mettere insieme gli americani

Tra decreti esecutivi e battaglie al Congresso, il Paese potrebbe trovare del terreno comune intorno ai grandi progetti per il futuro

Dio ha scelto Donald Trump per salvare l'America. Almeno così ci ha detto il Tycoon, che promette di fermare l'immigrazione, riportare la manifattura, ridurre l'inflazione e sprigionare la produzione di energia fossile. Per fortuna, sono tutte cose già in atto da qualche tempo, quindi Dio può tirare un sospiro di sollievo: Biden e Trump hanno messo gli Stati Uniti su una nuova traiettoria che guarda attentamente agli interessi economici del Paese nel contesto della competizione globale, in cui l'America non può permettersi di rimanere indietro.

La descrizione dell'America nei termini più negativi possibili fa parte della polemica politica, ma la retorica di Trump – ovviamente – va ben oltre quella consueta nei decenni passati. Anche Biden ne è colpevole: nessuno dei due ha mai voluto riconoscere alcun merito all'altro, pur avendo collaborato, di fatto, nel cambiamento di direzione rispetto ai decenni di declino dovuti alla globalizzazione finanziaria.

Ci saranno dei cambiamenti, certamente, soprattutto a livello culturale. Trump non lascia spazio al wokismo, affermando che ci sono solo due generi e utilizzando perfino la figura di Martin Luther King Jr. per sottolineare la fine dell'attivismo sui temi dell'inclusione e la diversità, ritenuti colpevoli di aver enfatizzato le differenze anziché ridurle.

Sarà vita dura per i migranti, con misure rigide al confine dovute all'incapacità del sistema giudiziario di gestirli; e non sarà facile per i dipendenti del governo federale, che saranno soggetti a nuove regole che li renderanno meno indipendenti e più legati all'orientamento politico dell'amministrazione presidenziale di turno.

Alcune di queste azioni – imposte tramite decreti esecutivi, quindi immediate ma anche meno incisive rispetto a una legge del Congresso – finiranno in tribunale. Si contesta già il metodo Trump di superare i suoi poteri costituzionali e la volontà di sovrastare le istituzioni permanenti dello Stato, che si considerano i garanti della democrazia e della società.

Le iniziative più grandi, come il taglio delle tasse e la riorganizzazione del bilancio federale, dovranno passare attraverso il Congresso, dove i margini sono stretti e il partito è già diviso tra chi si oppone ideologicamente alla spesa pubblica e chi intende iniettare nuove risorse nell'economia.

L'aspetto più positivo della nuova narrazione di Trump è emerso verso la fine del suo discorso del 20 gennaio. Ha fatto appello al carattere della nazione americana, descrivendo un popolo di esploratori, costruttori e imprenditori; un Paese che combatte le tirannie e promuove il progresso scientifico. "Non dovete mai credere che qualcosa sia impossibile", ha dichiarato il presidente, richiamando le parole di un suo grande predecessore, John F. Kennedy.

Chissà se questo appello all'ottimismo gli consentirà di generare almeno un minimo di unità di visione tra gli americani? Il Paese resta diviso, ma la storia dimostra che è intorno ai grandi progetti che si crea un senso di identità comune. Trump farebbe bene a sfruttare questa leva per evitare di rimanere impantanato nei conflitti inevitabili sui temi che dividono la società americana a livello culturale.

di Andrew Spannaus