Elezioni Usa, Trump guadagna tra le minoranze, ma negli stati chiave sarà battaglia all'ultimo voto
Il vantaggio dei repubblicani grazie al sistema dei grandi elettori si sta riducendo
Donald Trump ha raggiunto Kamala Harris nella media dei sondaggi nazionali e ora ha un vantaggio piccolissimo dello 0,4%. Questo è il risultato calcolato da RealClearPolitics, che esegue una media semplice dei sondaggi. Altri sistemi, che preferiscono la ponderazione in base alla qualità del sondaggio – se effettuato al telefono, online, il numero di persone intervistate, ecc. – vedono Harris ancora avanti di un punto o poco più. In ogni caso, è chiaro che nessuno dei due candidati ha un vantaggio netto, quindi il risultato del voto del 5 novembre rimane decisamente incerto.
È in atto un fenomeno interessante, però, che potrebbe modificare uno degli aspetti essenziali delle elezioni degli ultimi anni. Il Tycoon sta vedendo un aumento del sostegno tra alcune minoranze significative, in particolare tra ispanici e afroamericani. Tra i primi, Trump ha buone possibilità di superare il 35% ottenuto nel voto del 2020 e, in alcune aree, potrebbe persino conquistare la maggioranza. Per quanto riguarda gli afroamericani, il sostegno rimane più basso, ma quest'anno dovrebbe continuare il trend di crescita, già passato dall'8% nel 2016 al 12% nel 2020.
Questo fenomeno evidenzia le difficoltà di fare previsioni elettorali basate esclusivamente sulla “identity politics”, cioè sull’idea che le persone votino in base al proprio gruppo etnico o identità culturale. Oltre al fatto che ciascun elettore pensa autonomamente, è chiaro che tutti si preoccupano degli stessi temi: dall’inflazione e le condizioni economiche, alla qualità dell’istruzione per i propri figli, fino al rischio di coinvolgimento in conflitti internazionali.
Tuttavia, c'è un elemento nuovo. Nelle ultime due elezioni, Trump ha potuto vincere (nel 2016) e sfiorare la vittoria (nel 2020) pur avendo perso di milioni di voti popolari. Il sistema dei cosiddetti grandi elettori, che porta i candidati a concentrarsi su pochi stati in bilico, ha finora rappresentato un vantaggio per i repubblicani, data la loro maggiore popolarità in alcune aree del paese, soprattutto negli stati post-industriali del Midwest e nelle aree rurali. Questo significava che anche perdendo con un ampio margine in stati popolosi come California o New York – che contano un’alta percentuale di cittadini di minoranze etniche – l’impatto non era determinante: vincere con uno scarto di pochi voti o di milioni di voti non cambiava il risultato, poiché i grandi elettori venivano assegnati interamente al vincitore dello stato. Di conseguenza, risultava cruciale prevalere, anche di misura, negli stati più competitivi, dove i repubblicani avevano un leggero vantaggio.
Ora, però, la crescita di Trump tra le minoranze sta riequilibrando il sistema. Se l'ex presidente guadagna consensi in California e New York, come sembra probabile grazie al maggiore supporto tra le minoranze, questo non influenzerà l’esito complessivo delle elezioni. Questi stati continueranno ad assegnare i loro grandi elettori ai democratici, seppur con un margine ridotto, mentre la competizione rimarrà viva negli swing states. In questi stati chiave, la situazione non ha subito cambiamenti significativi; Trump non ha visto guadagni proporzionali a quelli registrati nei sondaggi nazionali.
Il risultato è che, nonostante la rimonta di Trump, le previsioni per il 5 novembre rimangono incerte. Si preannuncia una sfida all’ultimo voto, in cui entrambi i partiti dovranno fare il massimo per mobilitare gli elettori e garantirne la partecipazione. Questa volta, vincere il Collegio elettorale potrebbe rivelarsi più complesso per Trump se dovesse perdere ancora nel voto popolare.
di Andrew Spannaus