I combustibili fossili al centro del dibattito politico in America, contraddicendo i propositi green

Anche i democratici hanno abbracciato l'energia come fattore strategico

Tutto è iniziato con la benzina. Il grande aumento dei prezzi che ha colpito la società americana a causa della pandemia si è manifestato rapidamente alla pompa, dove il gallone ha raggiunto più di 5 dollari. Era sempre molto meno che in Europa, ma per gli statunitensi l'inflazione energetica pesa parecchio, dato che spostarsi senza l'auto è praticamente impossibile in molte zone del Paese.

Esiste una correlazione approssimativa tra il prezzo della benzina e le difficoltà politiche per il partito che occupa la Casa Bianca. Non è un rapporto diretto, ma è fuori dubbio che si tratta di un fattore che danneggia chi è al potere, tanto che il partito d'opposizione lo sfrutta subito per trarne vantaggio. Infatti, nonostante il livello dei prezzi sia ormai tornato nella norma, Donald Trump continua a parlarne spesso, cercando di rafforzare l'idea che con i democratici la benzina costi di più.

L'argomento di base è che la sinistra segue una politica ecologista e quindi contrasta la produzione di petrolio e gas naturale. Ciò ridurrebbe la quantità di energia disponibile, con l'effetto diretto di aumentare i costi dei trasporti. È una narrazione che può risultare efficace, dato che molti democratici hanno posto come obiettivo una transizione verso le energie rinnovabili: Joe Biden ha introdotto importanti sussidi per l'energia verde e, in passato, Kamala Harris si era espressa contro il fracking, la tecnica di fratturazione idraulica che ha permesso un notevole aumento della produzione di petrolio e gas negli USA negli ultimi 15 anni.

Nonostante le preoccupazioni per i danni ambientali provocati dal fracking, dall'uso massiccio di acqua al rilascio di sostanze inquinanti, la realtà è che l'opposizione dei democratici — almeno di quelli in posizioni di potere — è ormai svanita. I motivi sono legati alla politica interna e alla strategia internazionale.

Nella campagna elettorale di quest'anno, Harris ha ripetuto più volte di non essere contraria al fracking, e in effetti lo ha dimostrato negli ultimi quattro anni, dato che l'amministrazione Biden ha continuato a rilasciare nuovi permessi per il settore, sebbene non su terreni pubblici. Questa è una posizione essenziale per vincere le elezioni, poiché in alcune aree del Paese, in particolare in Pennsylvania, la nuova forma di produzione energetica ha creato posti di lavoro. Dichiararsi contrari significherebbe esporsi alla critica di voler deprimere l'economia.

Inoltre, perseguire una strategia di alti costi energetici per costringere il Paese a diventare verde – come ha fatto l'Unione Europea prima della pandemia – comporta rischi non solo politici, ma anche economici, soprattutto in un momento in cui si dà grande enfasi al ritorno della manifattura. Con l'energia a costi elevati, la competitività ne risente.

Un altro elemento cruciale è il ruolo internazionale dell'energia. Oggi l'America è il primo produttore mondiale sia di gas che di petrolio, avendo superato Russia e Arabia Saudita grazie alle nuove tecniche estrattive. Questo consente agli USA di esportare energia – incluso il gas naturale liquefatto che viene inviato in Europa – conferendo al Paese un ruolo economico di grande rilevanza strategica. I tempi in cui si dipendeva dal Medio Oriente sono ormai un ricordo lontano, e l'obiettivo green di ridurre l'energia da fonti fossili è passato in secondo piano, vista la necessità di contrastare i grandi rivali geopolitici: la Russia per le forniture energetiche e la Cina come centro manifatturiero, che necessita di ingenti risorse energetiche dall'estero.

di Andrew Spannaus