Parigi, la cerimonia di apertura delle Olimpiadi, Sodoma e Gomorra sulla Senna tra “blasfemia, propaganda e squallore”

Per ideare una mascherata simile, immagino che occorra una lunga frequentazione di carnevali e gay pride

“Vulgus vult decipi, ergo decipiatur” (Il popolo vuole essere ingannato, e allora sia ingannato). Osservo la fotografia simbolo di questa cerimonia di apertura delle Olimpiadi: un lungo tavolo, al centro un’obesa con una corona in testa, strizzata in un costume blu da donna cannone. Ai lati varia umanità: parodie di gay, lesbiche, una bambina.

Per ideare una mascherata simile, immagino che occorra una lunga frequentazione di carnevali e gay pride.

Sia ben chiaro, non sono omofobo. La mia è una considerazione puramente estetica, non morale. Ma – come hanno subito notato in tanti, uno fra tutti Matteo Brandi – questa fotografia sembra (è?) una parodia dell’Ultima cena.

“Blasfemia, propaganda, squallore” è il commento in calce sui social.

Se la cerimonia di apertura delle Olimpiadi del 1936 immortalata da Leni Riefenstahl in Olympia fu la celebrazione del militarismo, questa è stata la celebrazione del Kitsch. Profetica fu la frase di Milan Kundera nel suo capolavoro: “Il Kitsch è la negazione assoluta della merda in senso tanto letterale quanto figurato […] è un mondo dove la merda è negata e dove tutti si comportano come se non esistesse […] Nel regno del Kitsch impera la dittatura del cuore. […] Il Kitsch fa spuntare, una dietro l’altra, due lacrime di commozione. La prima lacrima dice: – Come sono belli i bambini che corrono sul prato! -. La seconda lacrima dice: – Com’è bello essere commossi insieme a tutta l’umanità alla vista dei bambini che corrono sul prato! -. È soltanto la seconda lacrima a fare del Kitsch il Kitsch. La fratellanza di tutti gli uomini sulla terra sarà possibile solo sulla base del Kitsch”.

Ora, i casi sono due (in entrambi i casi lacrime mie, aggiungo citando il tormentone di Elodie): o il Comitato Olimpico Internazionale (che ha sede a Losanna, a pochi chilometri dalla villa di Cologny del Professor Klaus Schwab) ha il gusto dell’orrido, oppure ha compreso il monito (terribile) di Milan Kundera (che era laureato in filosofia): “La fratellanza di tutti gli uomini sulla terra sarà possibile solo sulla base del Kitsch”.

L’ideologia woke, in fondo, non è altro che questo: un tentativo di caricare tutti, persino la donna cannone incoronata, sul carrozzone del kitsch.

Faccio mie le parole di Michel Onfray, che l’ha definita la “tirannia delle minoranze” e “una delle cause della rovina della Francia e della civiltà occidentale”.

Naturalmente, ça va sans dire, alla cerimonia erano presenti tutti i protagonisti di questo distopico presente, dal gobbo affetto da dislalia (nella sua interpretazione più efficace e amata, quella del nonno di tutti gli italiani) e il portabandiera ucraino israeliano che elogia sui social il genocidio di Gaza. Unica assenza degna di nota, l’argentino con la sua band di adoratori di Pachamama.

Pruriginosamente eccitati, i colleghi giornalisti della stampa mainstream (cito La Repubblica) ci hanno informato che sui letti (di cartone) del villaggio olimpico si possono fare partouze: “Possano sopportare diverse persone sopra” e che “l’organizzazione ha distribuito 300.000 preservativi”.

Prestazioni fiacche e pochi record in pista dunque? Vedremo! Ma qualcuno già sogna il giorno in cui gli atleti verranno filmati anche durante le ammucchiate, sotto il materno sguardo della regale cicciona.

Tra le cause della caduta dell’Impero Romano, gli storici includono la corruzione dei costumi. Non mi atteggio a storico della domenica, ma azzardo una previsione: i letti di cartone si romperanno e qualcuno si farà male.

di Alfredo Tocchi, Il Giornale d’Italia, 27 luglio 2024