Biden confuso, Trump condannato e gli elettori scontenti: gli elementi chiave della campagna presidenziale Usa nelle prossime settimane
Ogni candidato enfatizza le debolezza degli avversari, ma saranno cruciali il dibattito e la guerra a Gaza per definire la traiettoria della campagna
Ormai i repubblicani si divertono. Fanno girare i video di Biden che sembra perso e vagante, per sottolineare lo stato fragile del presidente più anziano della storia americana. I video sono spesso tagliati ad arte, come quello del G7 in Puglia dove Biden in realtà stava parlando ai paracadutisti fuori scena, ma l’andatura rigida e le espressioni confuse del presidente non perdonano: rafforzano l’impressione già presente tra la maggioranza della popolazione USA di un candidato che avrebbe dovuto ritirarsi per l’età.
Dall’altra parte c’è Trump, anche lui non particolarmente giovane – ha appena compiuto 78 anni – ma soprattutto considerato un elemento di caos e di inaffidabilità da molti elettori, caratteristica suggellata dalla recente condanna a New York per aver nascosto i pagamenti alla pornostar Stormy Daniels per non danneggiare le sue chance di arrivare alla Casa Bianca nel 2016. Mantiene un leggerissimo vantaggio nei sondaggi, ma rischia di perdere la maggioranza degli indecisi a novembre, e quindi soccombere nella battaglia tra i due candidati meno popolari dell’epoca recente.
Ci sono alcuni elementi chiave da seguire nelle prossime settimane, che ci diranno come proseguirà la campagna elettorale durante l’estate. Il primo è il dibattito in programma per il 27 giugno, che sarà gestito dalla CNN. Il formato sarà inedito, in quanto Biden ha imposto delle condizioni per cercare di contenere il ciclone Trump: niente pubblico in sala e il microfono viene spento quando parla l’altro candidato, per evitare le interruzioni.
La grande domanda è come apparirà Joe Biden. Vedremo se, almeno per quella serata, potrà neutralizzare le critiche in merito alla sua salute fisica e mentale. Ci era riuscito con il discorso sullo stato dell'Unione a marzo, trasmettendo un livello di energia inaspettato, che lo ha aiutato a riprendere quota almeno tra i suoi sostenitori democratici.
Questa volta sarà più difficile, in quanto non si tratta di leggere un discorso già scritto dopo essersi esercitato nei giorni precedenti. Ora la preparazione consiste nell'ipotizzare le risposte alle provocazioni di Trump. Dovrà decidere se ribattere punto su punto, oppure cercare di volare alto e differenziarsi anche nel modo di parlare. In genere risulta efficace quando alza i toni, ma mantiene anche il sorriso, senza apparire un vecchio brontolone.
Poi c’è la questione della condanna di Trump. Biden deve ricordarla, ma non vuole enfatizzarla troppo, per non fare il gioco dell’avversario che lo accusa di essere il regista di un complotto giudiziario. Il Tycoon ha scelto la strada del presunto martirio per sfruttare al massimo la situazione, nonostante le sue grandi preoccupazioni per l’esito futuro. Non è escluso che il processo federale a Washington, per aver cercato di ribaltare il voto del 2020, possa iniziare a fine settembre e così rovinargli l’immagine e l’attività nelle ultime settimane prima del 5 novembre.
L’altro elemento molto importante per il presidente in carica è la guerra a Gaza. Il contrasto con Trump è meno importante qui, in quanto i repubblicani criticano Biden da destra, accusandolo di essere filo-palestinese. Biden è sensibile a questa narrazione, ma sa bene che per lui il problema più grosso è il rischio di perdere centinaia di migliaia di voti tra la base democratica. Giovani, progressisti e arabo-americani hanno già espresso il loro scontento durante le primarie, e potrebbero essere decisivi negli stati in bilico come Michigan e Wisconsin.
Anche per questo la Casa Bianca spinge il piano di pace per Gaza, ma con grande difficoltà visti gli obiettivi delle parti nel conflitto. I tempi stringono, in quanto Biden deve dare una svolta alla corsa, prima che le opinioni degli elettori si cristallizzino nelle settimane prima del voto. Tra il dibattito di fine giugno e le convention dei partiti a luglio e agosto, si fisserà la traiettoria che ci accompagnerà fino a novembre.
di Andrew Spannaus