La CIA temeva che la Putin potesse utilizzare una bomba nucleare nel 2022 per difendere la Crimea

L'obiettivo di Kiev di riprendere tutti i territori pre-2014 si scontra con le linee rosse di Mosca, che Washington non può ignorare

Nell'ottobre 2022, quando le forze ucraine avevano ripreso la città di Kharkiv e i territori circostanti, sono suonate le campane d'allarme a Washington: secondo una recente ricostruzione del New York Times, la CIA aveva cominciato ad ammonire che un tentativo di riprendere la Crimea militarmente avrebbe potuto portare la probabilità dell'utilizzo di una bomba nucleare da parte della Russia al 50 per cento o anche di più.

Agli occhi di Vladimir Putin, il crescente sostegno dei paesi Nato per l'Ucraina in quel periodo, con la fornitura di missili a lungo raggio (HIMARS, con una gittata fino a 80 km) e il coinvolgimento di personale occidentale – seppur non in modo ufficiale – indicava una direzione molto pericolosa: un conflitto diretto con la Russia e quindi la possibilità della distruzione della civiltà a causa dell'utilizzo delle bombe nucleari.

La Casa Bianca si è mossa rapidamente per organizzare un incontro tra i capi dei rispettivi servizi d'intelligence estera, William Burns della CIA e Sergei Naryshkin della SVR. Il primo avrebbe ammonito sulle gravi conseguenze nel caso di una decisione di utilizzare l'arma nucleare, mentre il secondo avrebbe rassicurato che non ci fosse alcuna intenzione reale di farlo.

Si conferma anche quanto veniva dichiarato pubblicamente da Washington in quel periodo: nel caso di utilizzo di un'arma nucleare "tattica", cioè di bassa potenza e intesa a fermare un attacco alla Crimea anziché lanciare una guerra più ampia, gli Stati Uniti non avrebbero considerato una risposta nucleare, ma piuttosto con armi convenzionali, seppur in modo massiccio per distruggere la flotta russa del Mar Nero.

A Kiev e tra coloro che sostengono la necessità di aiutare l'Ucraina a ottenere una vittoria totale, c'è molta frustrazione per la riluttanza dei paesi della NATO a fornire la quantità e la qualità di armi che potrebbero veramente invertire la tendenza del conflitto. Spesso si minimizzano i rischi di un attacco nucleare da parte dei russi, considerandoli solo come vuote minacce.

Putin stesso ha più volte affermato di non avere intenzione di ricorrere alle armi nucleari e di non voler abbassare la soglia che potrebbe portare al loro utilizzo. Tuttavia, completa sempre il ragionamento ricordando la dottrina russa in merito: le armi nucleari verrebbero impiegate solo in caso di minaccia all'esistenza del Paese.

Secondo Mosca, la Crimea rientra in questa categoria, nonostante la posizione opposta delle nazioni occidentali. A Langley e alla Casa Bianca hanno ben presenti queste linee rosse, il che spiega la lentezza nelle forniture dei sistemi più avanzati e il divieto di utilizzare le armi americane per attaccare il territorio russo. Washington è convinta che minacciare la Crimea potrebbe rafforzare la posizione di Kiev nei negoziati inevitabili, ma non può permettersi di dimenticare le potenziali conseguenze di una tale azione per tutto il mondo.

Di Andrew Spannaus