Draghi lancia l'opa sul Consiglio Ue: "Paesi Europei troppo piccoli da soli, serve debito comune", poi ammette: "La globalizzazione ha fallito"
L'ex premier italiano torna sulle scene e lancia l'opa sul Consiglio europeo, ruolo al quale secondo indiscrezioni raccolte dal Giornale d'Italia, punterebbe. "La globalizzazione non solo non è riuscita a diffondere i valori liberali, ma li ha anche indeboliti"
Mario Draghi torna sulle scene e lancia l'opa sul Consiglio europeo, ruolo al quale secondo indiscrezioni raccolte dal Giornale d'Italia, punterebbe. Intervenuto ad una conferenza della National Association for Business Economics a Washington dove è stato insignito del premio Volcker alla carriera. "C'è un forte bisogno di coordinare le nostre spese sulla difesa per evitare i duplicati e gli sprechi. D'altra parte dobbiamo investire su alcuni settori della difesa e tutto questo è possibile solo con una visione comune della difesa e della politica estera".
Draghi lancia l'opa sul Consiglio Ue: "Paesi Europei troppo piccoli da soli, serve debito comune"
Il chiaro riferimento di Draghi in questo periodo storico, è l'Ucraina, di cui l'Europa è "ancora". Europa che secondo l'ex premier deve darsi "una smossa", dal punto di vista della difesa, indipendentemente dal fatto che il prossimo premier americano sia un partner "amichevole o ostile".
Si passa al debito comune: "Deve esserci un percorso fiscale chiaro e credibile che si concentri sugli investimenti e al contempo, nel nostro caso, preservi i valori sociali europei. Questo darebbe alle banche centrali maggiore fiducia nel fatto che la spesa pubblica oggi, aumentando la capacità di offerta, porterà a un’inflazione più bassa domani. In Europa, dove le politiche fiscali sono decentralizzate, possiamo anche fare un ulteriore passo avanti finanziando una quota maggiore di investimenti in modo collettivo, a livello di Unione. L’emissione di debito comune per finanziare gli investimenti amplierebbe lo spazio fiscale collettivo a nostra disposizione, allentando così almeno in parte la pressione sui bilanci nazionali.
I Paesi Europei sono troppo piccoli per resistere, altrimenti, alla globalizzazione. Devono ad esempio coordinare la politica di difesa, essendo l’Europa punto di riferimento per l’Ucraina, prima vittima della globalizzazione “politica”.
E sulla globalizzazione ammette: "Ha fallito"
La globalizzazione ha fallito. Lo dice a chiare lettere Draghi, nel suo intervento a Washington. Avvenimenti come la pandemia hanno "messo in evidenza i rischi che derivano da catene di approvvigionamento globali estese per beni essenziali come i medicinali e i semiconduttori".
La guerra in Ucraina invece "ci ha poi indotto a ripensare non solo a dove acquistiamo beni, ma anche da chi. Ha evidenziato i pericoli di una dipendenza eccessiva, per input essenziali, da partner commerciali grandi e non affidabili che minacciano i nostri valori. Nel frattempo, è aumentata anche l’urgenza di affrontare il cambiamento climatico".
E quindi, "contrariamente alle aspettative iniziali, la globalizzazione non solo non è riuscita a diffondere i valori liberali – democrazia e libertà non viaggiano necessariamente insieme a beni e servizi – ma li ha anche indeboliti all’interno dei paesi che ne erano stati i principali sostenitori, finendo anzi per alimentare la crescita di forze che guardavano maggiormente alla dimensione interna. Presso l’opinione pubblica occidentale si è diffusa la percezione che i cittadini fossero coinvolti in una partita falsata, in cui milioni di posti di lavoro venivano spostati altrove mentre i governi e le aziende restavano indifferenti".
"Prepariamoci a nuovi shock e governi sempre più indebitati"
"In primo luogo, cambierà la natura degli shock ai quali sono esposte le nostre economie. Negli ultimi trent’anni, i principali fattori di discontinuità nella crescita sono stati rappresentati da shock di domanda, spesso sotto forma di cicli di credito. È probabile che, nella fase di adattamento delle nostre economie a questo nuovo contesto, si presentino shock di offerta negativi più frequenti, più irregolari e anche più ampi".