Putin intervistato da Tucker Carlson. Passa il messaggio che cerca un accordo con gli USA
Nell'intervista Putin ha ricordato gli episodi chiave degli ultimi vent'anni, sottolineando come i leader occidentali abbiano tradito la promessa di non allargare la NATO
Vladimir Putin ha concesso una lunga intervista al giornalista americano Tucker Carlson, ex stella populista della Fox News, che ora gestisce un servizio di streaming su X (Twitter) con oltre 12 milioni di seguaci. In una stanza del Cremlino, il presidente russo ha passato due ore a spiegare in grande dettaglio la sua visione della storia dell'Ucraina e degli eventi degli ultimi decenni che hanno portato al conflitto attuale.
Dal punto di vista della comunicazione, la scelta di Putin di impiegare la prima mezz'ora a spiegare perché storicamente l'Ucraina fa parte della Russia e non è una cultura separata è stata poco efficace. Risalire al nono secolo dopo Cristo, parlare del concetto di Rus e delle vicende dinastiche e dei conflitti dal Vladimiro il Grande in avanti può interessare qualche studioso, ma farà poca presa sul pubblico americano, e sottolinea un divario filosofico importante.
In modo particolare, perché dal punto di vista occidentale l'unità delle culture in termini storici non può rappresentare una giustificazione per una coesione forzata: le cose cambiano, i popoli si trasformano, l'autodeterminazione è un principio fondamentale.
Più incisivo è stato ricordare gli episodi chiave degli ultimi vent'anni, sottolineando come i leader occidentali abbiano tradito la promessa di non allargare la NATO, mettendo pressioni sulla Russia attraverso il sostegno costante a chi voleva indebolire l'ex avversario della Guerra Fredda. In questo contesto, forse l'elemento più interessante è stato il riconoscimento che spesso i presidenti degli Stati Uniti esprimono una posizione più collaborativa in privato, ma poi i loro istinti vengono bloccati dagli apparati istituzionali.
È una descrizione accurata di quanto si è visto con almeno gli ultimi tre inquilini della Casa Bianca: Barack Obama, Donald Trump e Joe Biden hanno tutti puntato sul miglioramento dei rapporti con la Russia, ma hanno tutti visto peggiorare la conflittualità durante i loro mandati. Ci sono responsabilità specifiche da entrambe le parti, ma è evidente la difficoltà di sfuggire alla tendenza istituzionale verso una contrapposizione profonda.
Un altro elemento interessante, poco compreso da politici e media americani, riguarda l'effetto delle sanzioni economiche. Putin ha citato cifre sulla crescita di peso dei BRICS e la nuova classifica delle economie mondiali, utilizzando la misura della "parità di potere d'acquisto", che valuta le attività non in termini finanziari assoluti, ma permette un confronto tra aree diverse in base ai prezzi interni ai relativi sistemi.
È un punto di vista importante perché va a contrastare la visione superficiale in Occidente di come la Russia rappresenti un'economia piccola che può essere facilmente indebolita.
Si pone invece una vera domanda sull'efficacia delle sanzioni contro la Russia in quanto il tentativo di isolare altri paesi può ritorcersi contro le nazioni occidentali, riducendo il ruolo del dollaro ed incoraggiando la nascita di nuovi rapporti tra attori al di fuori della nostra sfera d'influenza. È stato particolare vedere Putin, chiaramente scontento dalle sanzioni, cercare di convincere gli americani che si fanno male da soli.
Infine, c'è la questione dominante della guerra in Ucraina. Il presidente russo ha spiegato chiaramente la reazione russa al cambio di governo violento a Kiev nel 2014, ma non ha offerto una giustificazione per l'invasione del 2022. Carlson faceva fatica ad ottenere risposte dirette alle sue domande, ma è riuscito a portare Putin sulla questione di una possibile soluzione al conflitto.
Dopo una posizione iniziale di chiusura, il presidente ha più volte fatto capire che sarebbe pronto a trovare un accordo con gli Stati Uniti. Senza dirlo esplicitamente, è diventato chiaro quello che gli osservatori più realistici sanno da tempo: non ci potrà essere una vittoria totale per nessuna delle due parti, lasciando il congelamento del conflitto più o meno lungo le linee attuali come la soluzione meno peggiore per fermare il massacro e lasciare l'Ucraina come paese indipendente e comunque legato all'Occidente.
La stampa americana ha recepito il messaggio: Il New York Times ha titolato che Putin cerca l'accordo, citando esperti che parlano di una "finestra di opportunità" per aprire i negoziati che potrebbero porre fine alla guerra. Non mancano le critiche standard al presidente russo e anche al giornalista Carlson per essere stato troppo morbido con lui, ma se cresce l'approccio realistico a come uscire dal conflitto, tutto lo show sarà valso sicuramente la pena.
Di Andrew Spannaus