Fukushima (Tokyo), ok a sversamento acqua radioattiva in mare, proteste Cina: "Boicottiamo pesce giapponese"
Il premier giapponese Kishida conferma che giovedì 24 agosto inizieranno le operazioni di smaltimento delle acque radioattive di Fukuschima nell'oceano. Proteste da Cina e Corea del Sud
L'operazione di smaltimento delle acque reflue di Fukushima, la centrale nucleare in parte distrutta nel drammatico incidente che nel 2011 ha tenuto il mondo con il fiato sospeso, inizierà giovedì 24 agosto. A confermare, infine, l'ok ad una misura che non ha mancato di sollevare diverse voci contrastanti in estremo oriente, è il premier Fumio Kishida, che dà seguito a quanto in realtà deciso più di dieci anni fa dal suo predecessore Yoshide Suga.
Premier giapponese Kishida annuncia sversamento acque Fukushima nell'oceano: Aiea approva ma Pechino, Seoul e pescatori protestano
All'indomani del disastro, nel 2011, Suga aveva già suggerito che le acque reflue utilizzate per cercare di raffreddare i reattori (e chiaramente contaminate dalle radiazioni) fossero riversate in mare, definendo quella proposta come la "migliore soluzione disponibile per lo smaltimento".
Nei giorni scorsi, quindi, l'attuale premier Kishida aveva fatto visita ai resti della centrale, in dismissione, e da lì annunciato che al piano di Suga si sarebbe dato seguito. A sostegno della sua decisione, Kishida portava i dati dell'Agenzia Internazionale per l'Energia Atomica (Aiea), i cui esperti a luglio avevano a propria volta fatto visita all'impianto, assicurando che un eventuale sversamento delle acque stoccate dal 2011 nell'oceano Pacifico "avrebbe un impatto radiologico trascurabile su persone e ambiente".
Secondo le stime si tratterebbe di almeno un milione di tonnellate di acqua radioattiva, contenuta in un migliaio di serbatoi che oggi, a dodici anni di distanza dall'inizio della raccolta, sarebbero al 98% della propria capacità.
Un problema spinoso per i governi nipponici succedutisi negli ultimi anni, la cui risoluzione (avvallata dall'Aiea) incontra tuttavia ampie critiche, tanto nel Paese quanto, soprattutto, all'estero. Se in Giappone sono soprattutto i pescatori a protestare duramente contro uno sversamento che, nonostante le rassicurazioni, temono possa fortemente compromettere il mercato e la filiera ittica del Paese (Dal 2011 ad oggi Tokyo ha stanziato quasi 70 miliardi di dollari per il sostegno a questa categoria), fuori dai confini nazionali sono Pechino e Seoul ad alzare maggiormente la voce contro la decisione di Kishida. La Repubblica Popolare, in particolare, avrebbe vietato le importazioni di pesce da almeno 10 delle prefetture giapponesi che saranno più interessate dallo sversamento di giovedì, in parte confermando i timori dei pescatori.