Soros e l'odio sguaiato verso la Cina, Pechino fortilizio di resistenza all'imperialismo globalista a stelle e strisce

La Cina è in effetti un pilastro fondamentale di resistenza ma poi anche di produzione per un mondo multipolare, sottratto all'unipolarismo imperialistico della civiltà del dollaro

Era il 16 agosto del 2021 quando Giorgio Soros, che per gli allineatissimi media occidentali figura come un filantropo e non come un capitalista multimilionario, cinguettava: "considero Xi Jinping il più grande nemico della società aperta". Dove naturalmente la società aperta in questione coincide con il totalitarismo neo-liberale e atlantista. Le parole di Soros dovrebbero rappresentare una ulteriore prova a suffragio del fatto che la Cina oggi non è un nemico ma è anzi un fondamentale fortilizio di resistenza all'imperialismo globalista a stelle e strisce, quello che appunto si autorappresenta gloriosamente come open society con bombardamenti etici e missili democratici di completamento. La Cina è in effetti un pilastro fondamentale di resistenza ma poi anche di produzione per un mondo multipolare, sottratto all'unipolarismo imperialistico della civiltà del dollaro. Quest'ultima non per caso esibisce e ostenta a piè sospinto la propria avversione integrale alla Cina stessa. Che verosimilmente potrebbe essere uno dei prossimi obiettivi militari di Washington dopo la Russia. Per questo motivo, abbiamo bisogno di una Cina forte e indipendente, sovrana e militarmente autonoma, in grado di resistere all'imperialismo di Washington e di garantire l'emergenza di un mondo multipolare.

 

Di Diego Fusaro.