Sudan in fiamme
Continua la guerra civile in Sudan
Divisi da oltre un decennio, ma ancora costretti a condividere un cammino comune. Tra il 1983 e il 2005, tra Sudan e Sud Sudan, allora un Paese unitario, c’erano solo combattimenti, attentati e sospetti intestini. Pattuita nel 2011 la secessione per mezzo di un referendum, il Sud sembrava destinato verso un futuro di benessere, grazie ai ricavi del petrolio, ma tra il presidente Salva Kiir e il suo vice Riek Machar è scoppiata una cruenta guerra civile, quasi 500mila morti. Quattro anni fa, la rivolta di piazza appoggiata dall’esercito che destituì in Sudan l’uomo forte Omar el-Bashir allo stesso modo sembrava l’inizio di un futuro diverso, di una transizione possibile, per quanto condizionata dalle armi, verso un futuro democratico. Anche in Sudan, invece, quel futuro diverso non si è ancora realizzato e un conflitto tra il leader golpista, generale al-Burhan, e il suo vice, Mohamed Hamdan Dagalo, anche noto come Hemetti, sta anzi portando il Paese verso la guerra aperta, con centinaia di morti. In un’Africa tornata ad essere territorio di conquista, e dove alle antiche potenze coloniali si sostituiscono nuovi padroni, il destino incrociato di Khartum e Juba e delle loro risorse è uno spartiacque importante. Papa Francesco si è speso molto per il Paese più giovane del mondo e il viaggio apostolico del febbraio scorso ne è la prova. In Sud Sudan un percorso verso la pace è stato tracciato, anche con il sostegno della Comunità di Sant’Egidio, ma per le strade del Paese chiunque è impegnato sul terreno va sottolineando che l’insicurezza e la mancanza di fiducia tra i due fronti restano il principale ostacolo, mentre resta massiccia la circolazione di armi. La recente rimozione di tre ministri (uno in capo all’opposizione e moglie del vicepresidente Machar) da parte del presidente Salva Kiir ha aumentato le tensioni, dopo l’annuncio del prolungamento del periodo di transizione (e quindi del rinvio delle elezioni) fino al 2025. In Sudan a far scoppiare gli scontri a è stato il tentativo del generale al-Burhan di smobilitare le milizie delle Forze di supporto rapido, 90mila uomini ben armati e che rispondono di fatto solo al suo vice, Hemetti, trafficante e signore dell’oro sudanese e probabilmente uomo più ricco e potente della nazione africana. Sudan e Sud Sudan sono territori chiave del quadrante che da un lato fa da cerniera tra Africa occidentale e Africa orientale e che, dall’altro, lega la stessa Africa al Mar Rosso e ai Paesi del Golfo, che negli ultimi anni hanno alimentato la loro influenza nella zona. Il destino delle popolazioni locali resta di fatto in bilico e poco conta che prima le armi sparassero tra nord e sud e che ora invece i conflitti siano tutti “interni”. La guerra è rimasta sempre la guerra e per sudanesi e sud sudanesi drammaticamente nulla sembra essere cambiato.