Ucraina, il report dell’OCHCR: “Anche Kiev ha commesso crimini di guerra”, Marco Valerio Verni (esperto in diritto internazionale): “Tutte le parti in causa devono rispettare la legge”

I crimini di guerra vengono commessi da tutte le parti in causa in un conflitto, a prescindere da chi abbia iniziato per primo. E' quanto spiega a Il Giornale d'Italia l'avvocato Marco Valerio Verni, esperto di diritto internazionale, in riferimento al report dell'OCHCR che parla dei crimini di guerra commessi dall'Ucraina verso i civili

Dallo scoppio del conflitto russo-ucraino si è sempre e solo parlato di crimini di guerra commessi dalla Russia. Quanto all’Ucraina, la stessa è sempre stata considerata come la parte offesa costretta a difendersi. Analizzando bene la situazione però, e non solo da un punto di vista geopolitico, ma soprattutto del diritto internazionale, l’esercito ucraino sarebbe responsabile in egual misura, di crimini di guerra verso la popolazione civile.

A dirlo sono recenti studi dell’ufficio dell’Alto rappresentante dei Diritti umani dell’ONU.

Sulla stessa scia dell’organizzazione delle nazioni unite, anche Amnesty International ha elaborato un documento con accuse rivolte verso Kiev.

Ucraina e i crimini di guerra secondo il report dell’OCHCR

L’OCHCR, nel suo documento di 44 pagine fa un’analisi dei crimini di guerra posti in essere sia dalla Russia che dall’Ucraina.

A pagina 16 del report, ai paragrafi 34, 35 e 36 si parla dell’utilizzo dei civili come scudi umani da parte dell’esercito ucraino.

La guerra, dunque, ha le sue regole e a queste non si può sfuggire. A tal proposito, Il Giornale d’Italia, ha raggiunto l’avvocato Marco Valerio Verni, esperto in diritto penale e diritto penale militare, nonché consigliere qualificato in diritto internazionale umanitario per le Forze Armate. E’ attuale componente delle Commissioni consiliari di “Diritto Europeo e Diritto Internazionale” e di “Monitoraggio Legislativo e Giurisprudenziale” dell’Ordine degli Avvocati di Roma, nonché membro della International Society for Military Law and the Law of War.

 

Avvocato, anche la guerra ha le sue leggi?

“E’ così. Generalmente parlando, per quanto possa sembrare strano, anche la guerra, che si può considerare la peggior espressione dell’agire umano, ha le sue regole che, una volta scoppiato un conflitto, a prescindere dalle relative responsabilità al riguardo, tutte le parti in esso coinvolte sono, o sarebbero, comunque tenute a rispettare, tanto se si è quella che aggredisce, che quella aggredita.

Sono le norme che costituiscono il corpus del diritto internazionale umanitario, o dei conflitti armati o, ancora, della guerra, a seconda della definizione che meglio gli si ritiene di dare, e costituiscono una branca del diritto internazionale”.

 

Interessante. Che principi sorreggono questo corpus normativo?

“L’insieme delle norme internazionali che costituiscono questo corpus sono tutte volte a limitare, per ragioni umanitarie, gli effetti dei conflitti armati sui combattenti e sulle popolazioni civili, proteggendo, in costanza di essi, le persone che non prendono, o non prendono più, parte alle ostilità e pongono limiti all'impiego di armamenti, mezzi e metodi di guerra.

In tal contesto, ad esempio, occorre rispettare, difendere e trattare in modo umano gli individui che partecipano, o che anche hanno preso parte, ad azioni di ostilità, garantendo loro l'assistenza necessaria, senza alcuna discriminazione;  trattare umanamente i prigionieri di guerra e chiunque sia stato privato della libertà, proteggendolo da ogni tipo di violenza, in particolare la tortura; limitare l’utilizzo di certe armi, così come provvedere alla sempre necessaria distinzione tra popolazione e beni civili da una parte- che non possono essere attaccati-, ed obiettivi militari e combattenti dall'altra”.

 

Nel conflitto russo-ucraino, quale è la situazione, sotto questo punto di vista? La Russia di Putin ha oggettivamente aggredito l’Ucraina di Zelensky o ha semplicemente difeso il suo territorio? E perché passa il messaggio che all’Ucraina tutto debba essere concesso?

“Quel che dice lei è formalmente vero. A livello di diritto internazionale, pare indubbio che lo zar russo abbia agito in violazione dello stesso, che consiste, in buona sostanza, nell’insieme delle norme e dei principi che gli Stati hanno l’obbligo di rispettare prima di poter iniziare un eventuale conflitto armato o, semplicemente, di prender parte ad uno già esistente, al fine di evitare il più possibile la nascita o l’evoluzione di conflitti illegittimi o non strettamente necessari (il c.d. ius ad bellum). Avendo sempre come primo obiettivo quello di evitare il ricorso alla forza.

Ma, come detto prima, una volta che il conflitto è scoppiato, a prescindere dai torti o dalle ragioni, tutte le parti in esso coinvolte devono rispettare le norme che lo regolano in maniera pressoché universale (c.d. ius in bello).

Non si deve cadere nel tranello che, essendoci una presunta vittima, a quest’ultima possa concedersi di tutto in automatico”.

 

Si spieghi meglio

Quando si parla di guerre, a quanto è lecito dedurre dalle cronache di questi mesi, si finisce con il reputarne importanti alcune, dimenticandosi di altre.

E, all’interno delle prime, si assiste, a volte, ad una distorsione mediatica per la quale vengono posti in luce, giustamente, i possibili crimini compiuti da una delle parti in conflitto, non considerando, o facendo finta di non considerare, quelli forse compiuti anche dall’altra: con il risultato non solo di alterare la percezione di dove possa essere il punto di equilibrio tra le rispettive ragioni delle suddette, ma anche di continuare ad ignorare, o, peggio, a giustificare, eventuali azioni criminali della parte che, per quanto sopra, finisce con l’essere considerata quella da appoggiare a prescindere.

Una affermazione, questa, che deve essere ritenuta scevra da qualsiasi giudizio politico, essendo essa prettamente giuridica: altrimenti detto, nel sottolineare che, dei possibili crimini, possano sussistere anche da parte ucraina, non vuole assolutamente significare uno sminuire o un mettere in dubbio la pur legittima resistenza di quel popolo che ha visto il suo territorio aggredito ed invaso da una Potenza nemica, ma porre l’attenzione sul fatto che, piaccia o no, se esistono delle leggi di guerra esse debbano essere rispettate da tutti, sebbene umanamente ciò possa risultare stridente con la realtà dei fatti e con i sentimenti di simpatia e vicinanza che, in genere, spesso si provano per la parte ritenuta “vittima”.

Per meglio dire: anche l’anziana signora che, in stato di indigenza, si trovi a rubare al supermercato, se umanamente possa certamente attirare la pietas umana, dal punto di vista giuridico starebbe sempre e comunque commettendo un reato, salvo le diverse sfumature che si potrebbero verificare caso per caso.

Nel contesto anzidetto, a maggior ragione, trattandosi di una guerra, le conseguenze dei relativi crimini possono raggiungere un livello di gravità ben superiore e, appunto per questo, questi non possono essere legittimati né da una parte, né dall’altra, sebbene per una di esse vi possa essere la “giustificazione” del doversi difendere dal nemico invasore.

 

Effettivamente, conoscere queste regole della guerra aiuta a capire determinate dinamiche, comprese quelle che, apparentemente, potrebbero sembrare in un verso che poi, magari, non è

Guardi, se, in linea generale, è certamente vietato, e dunque un crimine, bombardare una scuola o un ospedale, tanto più se con delle persone dentro, il tutto potrebbe assumere una connotazione diversa ove si accertasse che, in maniera altrettanto vietata, al loro interno vi fossero non dei civili, ma dei militari nemici, e che quei luoghi venissero usati come basi logistiche.

Così come, se è vero che la popolazione civile non possa costituire oggetto di azioni militari, è altrettanto vero che essa, a sua volta, non debba partecipare alle ostilità, salvo che non si organizzi in corpi di resistenza i cui membri si conformino ai requisiti di appartenenza, visibilità e rispetto del diritto internazionale umanitario, ed essendo considerati, a quel punto, combattenti legittimi a tutti gli effetti: in poche parole, colui che, in abiti civili, si avvicini ad un carro armato nemico, nascondendo sotto il cappotto una molotov e poi, giunto in prossimità di esso, gliela lanci addosso, magari uccidendo il soldato che sta sulla torretta, commette un crimine e, a sua volta, può peraltro diventare bersaglio del fuoco nemico. A quel punto, non si potrebbe più parlare, tecnicamente, del “povero civile ucciso”. Eppure, si è assistito anche a questo. Certo che si comprende il gesto e dispiace di come poi esso sia sfociato, ma a livello scientifico occorre dire le cose come stanno.

Insomma: dipende da come si vogliano raccontare le cose. Dovremmo credere e sperare in una stampa libera: ma lo è davvero e sempre?

Per altro verso, un domani, ci saranno i tribunali, nazionali ed internazionali, che valuteranno il tutto e l’augurio è, naturalmente, che tutti i crimini vengano scoperti (l’auspicio- lo riconosco- è molto ottimista, quasi ingenuo) ed ogni criminale perseguito e punito secondo la legge.

 

A proposito di tribunali: la nostra stessa Corte di Cassazione ha riconosciuto che…

In Ucraina, prima di questa guerra, era già in corso un altro conflitto, sempre con le medesime parti in causa di quello “attuale” (il riferimento è alla guerra del Donbass).

Ebbene, a proposito di esso, a marzo dello scorso anno, è intervenuta la nostra Corte di Cassazione che con l’ordinanza n. 7047 del 2022, nel riconoscere il diritto di protezione internazionale ad un cittadino ucraino giunto in Italia per evitare la chiamata alle armi nel suo Paese, ha ritenuto meritevole di accoglimento, tra i diversi motivi di ricorso, anche quello riguardante l’asserito pericolo, per il suddetto, di essere costretto a servire nell'esercito Ucraino, in quanto soggetto in età utile per la leva, con conseguente pericolo di essere coinvolto, suo malgrado, in azioni di guerra e di essere costretto a commettere crimini di guerra o contro l'umanità.

Gli Ermellini hanno, più nello specifico, statuito che “In materia di protezione internazionale, deve essere riconosciuto lo status di rifugiato politico all'obiettore di coscienza che rifiuti di prestare il servizio militare nello Stato di origine, ove l'arruolamento comporti il rischio di un coinvolgimento, anche solo indiretto, in un conflitto caratterizzato dalla commissione, o dall'alta probabilità di essa, di crimini di guerra e contro l'umanità”, puntualizzando che, per quel che qui più interessa: tutte le fonti internazionali concordano sull'esistenza, in Ucraina, di un conflitto armato, nel cui ambito le parti non hanno rispettato gli accordi del 2015-2016 sul cessate il fuoco ed hanno continuato a combattere nonostante la tregua;  le stesse fonti evidenziano la presenza di gravi violazioni e di crimini di guerra, commessi da ambo le parti in conflitto;  l'istituto dell'obiezione di coscienza - definita, in base alle Linee Guida UNHCR in materia di protezione internazionale, come "obiezione al servizio militare derivante da principi e motivi di coscienza, tra cui convinzioni profonde derivanti da motivi religiosi, morali, etici, umanitari o simili" - rileva sia come obiezione assoluta (cd. obiettori pacifisti) che sotto forma di obiezione parziale, ed in quest'ultimo caso tanto con riguardo al rifiuto dell'uso illegale della forza (ius ad bellum) che sotto l'aspetto del rifiuto dell'uso di mezzi e metodi di guerra non consentiti o non conformi al diritto internazionale o al diritto internazionale umanitario (ius in bello).

A fronte di quanto detto, è dunque ipotizzabile che, seppur forse in misura tra loro differente (saranno, come detto, la Storia ed i Tribunali a stabilirlo), anche in questi lunghi mesi di guerra vi possano essere (state) delle violazioni riguardanti entrambe le parti in conflitto (in tal senso, d’altronde, sembrano andare anche altri documenti, tra cui il Report dello United Nations Human Rights Office of the High Commissioner avente ad oggetto “Situation of human rights in Ukraine in the context of the armed attack by the Russian Federation”, del 29 Giugno dello scorso anno, così come alcune denunce- anch’esse, certamente, tutte da verificare- di importanti associazioni come Amnesty International: una probabilità di cui dover tenere conto, se si vuole rimanere equilibrati nel giudizio, quantomeno sotto il profilo giuridico.

E ciò, lo si ripete, affinchè nulla, se del caso, rimanga impunito. Né da una parte, né dall’altra.