Sottomarino Titan, Suleman Dawood 19 anni, non voleva partire. La zia: “Era terrorizzato, non si sentiva pronto, è andato per accontentare il padre”
La zia della vittima più giovane racconta le paure del nipote, Suleman Dawood, prima della partenza dell'avventura che gli è costata la vita insieme al padre Shahzada e gli altri tre membri dell'equipaggio
Stanno emergendo in queste ore diversi retroscena sulla vita degli sfortunati avventurieri morti nel sottomarino Titan, imploso negli abissi dell’oceano Atlantico, durante un viaggio di esplorazione dei resti della nave Titanic.
Tra le cinque persone a bordo che hanno perso la vita, vedendosi letteralmente la morte in faccia, c’era anche Suleman Dawood, il più giovane di appena 19 anni, studente di Glasgow.
Il ragazzo è morto insieme a suo padre Shahzada milionario pakistano, anche lui nel batiscafo. A poche ore dall’ufficializzazione della notizia dell’implosione da parte di OceanGate, la zia della giovane vittima, Azmeh Dawood, nonché sorella di Shahzada, ha raccontato a BBC News che suo nipote non voleva partire e che quel viaggio a 4mila metri di profondità nell’oceano Atlantico, lo terrorizzava.
“Non si sentiva pronto – ha raccontato la donna – aveva paura, non si sentiva a suo agio e avvertiva la sensazione che qualcosa non sarebbe andato bene”.
Partito per fare un regalo a suo padre appassionato di Titanic
Il giovane si sarebbe sentito costretto a immergersi per non dare una delusione a suo padre. Il week end in cui sono partiti infatti, coincideva con la festa del papà e Suleman, seguendolo in quell’avventura poi rivelatasi fatale, gli avrebbe fatto un regalo.
Shahzada Dawood, infatti, era un grande appassionato di Titanic e il suo sogno più grande era quello di osservare da vicino il relitto, tanto da arrivare a pagare 500mila dollari per il suo biglietto e quello del figlio. Una cifra da capogiro che è costata la vita a entrambi.
Suleman, tuttavia, non si sentiva pronto e forse aveva ragione. A raccontare il terribile presagio del ragazzo è sua zia, che immagina di ripercorrere gli ultimi momenti di vita di nipote e fratello.
Il ricordo della zia
“Penso a Suleman lì dentro, che forse boccheggiava... Sono incredula, è una situazione irreale”. La donna ha trascorso gli ultimi quattro giorni ad effettuare ricerche sul web nella speranza di notizie confortanti sulla sorte dei suoi famigliari: “Mi sono sentita come in un brutto film, con un conto alla rovescia attivato, ma senza sapere che cosa volesse dire davvero quel conto alla rovescia», ha detto in riferimento alle 96 ore di ossigeno che l’equipaggio del Titan aveva a disposizione.
La donna poi ricorda il fratello Shahzada: “Era il mio fratellino, l’ho tenuto in braccio quando è nato. Fin da piccolo era ossessionato dal Titanic. Da bambini in Pakistan, guardavamo costantemente il film del 1958 “Una notte da ricordare”, sull’affondamento della nave da crociera”.