“Putin era pronto a partecipare al funerale di Berlusconi”. Le ore concitate per la decisione tra mandato di arresto internazionale (non applicabile in Italia), imbarazzo delle Istituzioni e mancato invito - Il RETROSCENA
Il capo del Cremlino avrebbe manifestato la volontà di venire in Italia per partecipare alle esequie di Silvio Berlusconi. La notizia riservata, partita dalla Russia sarebbe presto arrivata in Italia nei palazzi di politica e magistratura. Putin sarebbe stato convinto a desistere, anche per evitare imbarazzi
Ieri si sono svolti i funerali di Stato dell'ex Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi: tanti i presenti dai nomi importanti, oltre a moltissima gente comune.
Diversi, per altro conto, gli assenti: tra di essi, spicca l'amico d'eccellenza di sempre, ossia Vladimir Putin.
Eppure, il capo del Cremlino sarebbe stato pronto a venire in Italia per l’ultimo saluto all’amico di sempre che, per quanto convinto atlantista, non ha mai rinnegato, né in pubblico né tantomeno in privato, il loro forte legame.
Vladimir Putin, nelle ore immediatamente precedenti alla celebrazione delle esequie, avrebbe confidato la volontà di partecipare alle esequie del Cavaliere, ai suoi più stretti collaboratori, tra cui il suo portavoce Dmitrij Peskov, il ministro degli esteri russo Sergej Viktorovič Lavrov e il direttore del servizio di intelligence internazionale russo Sergej Evgen'evič Naryškin.
La notizia riservata era arrivata in Italia
La notizia riservata, arrivata anche all’ambasciata russa in Italia, sarebbe poi trapelata alla famiglia Berlusconi, al Colle e a Palazzo Chigi. Informato della possibilità che Putin venisse in Italia per i funerali di Silvio Berlusconi sarebbe stato anche il Ministro degli esteri e vice Premier Antonio Tajani, il quale avrebbe però cercato di dissuadere i suoi interlocutori per evitare imbarazzi, pur riconoscendo l’amicizia di sempre tra il capo del Cremlino e il Cav.
Facile immaginare il motivo o, meglio, i motivi: naturalmente tra questi la guerra dell’Ucraina in corso ed il mandato di arresto spiccato nei confronti di Vladimir Putin dalla Corte Penale Internazionale.
Ma davvero non aveva scelta lo “zar” russo? Ne abbiamo parlato con l'avvocato Marco Valerio Verni, esperto in diritto internazionale e, in particolare, di quello dei conflitti armati, nonché responsabile della dell'area Diritto di Difesa Online.
Cosa ha frenato Putin? Perché non è venuto ai funerali?
“Nessuno, probabilmente, avrà invitato Putin, né lui avrebbe potuto partecipare per gli ovvi motivi che si conoscono, tra cui, in primo luogo, la guerra in Ucraina ed il mandato di arresto spiccato nei suoi confronti dalla Corte Penale Internazionale dell'Aja. La sua figura, a causa dell'attuale situazione, non è certo ben vista dai governi occidentali, tra cui quello italiano, sebbene l'opinione pubblica interna vada in altra direzione. Quindi, non sarebbe certo stata gradita la sua eventuale presenza alle esequie di Berlusconi, anche se avrebbe potuto parteciparvi”.
Mandato di arresto causa dell’assenza? Cosa sarebbe accaduto se fosse venuto in Italia?
“Su Putin pende un mandato di arresto internazionale, quello emesso a marzo scorso dalla Corte dell'Aja che ha contestato a Putin ed alla commissaria russa per i diritti dei bambini Maria Alekseyevna Lvova-Belova, la (presunta, aggiungo doverosamente io, vigendo certi principi di diritto per tutti) deportazione illegale della popolazione, in particolare di bambini, nell'ambito del conflitto russo-ucraino. A seguito di ciò, il capo del Cremlino, ove uscisse dal suo Paese e mettesse piede in uno degli Stati che abbia firmato e ratificato lo Statuto della Corte Penale Internazionale, potrebbe essere arrestato. L'Italia è naturalmente tra uno di questi ed ecco perché, al di là di ogni altra considerazione politica, la sua assenza ieri è stata quasi obbligata”.
Inoltre, per Putin, c'è da considerare anche l'aspetto interno: un suo viaggio all'estero, per quanto breve, avrebbe potuto facilitare anche un eventuale colpo di mano a Mosca da parte di qualche gruppo di oligarchi che magari non vedono, o non vedono più, tanto di buon occhio lo stato di guerra.
Insomma, sono diversi e tutti importanti, i motivi che hanno portato il numero uno del Cremlino a disertare i funerali dell'amico Berlusconi.
“Anche nell'ottica di una diversa postura italiana nel contesto mondiale: alleata degli Usa e componente della Nato da una parte, ma dialogante anche con la Russia o, prima ancora con la Libia, dall'altro, nell'ottica di un interesse nazionale comunque da valorizzare, pur nel rispetto dei rapporti più sopra detti. E il messaggio video trasmesso da Putin all'indomani della morte di Berlusconi, testimonia la grande stima e considerazione che costui nutriva per il nostro ex presidente del Consiglio”
C'è stata una seppur tenue possibilità che Putin si recasse a Milano a rendere l'estremo saluto al suo amico
“Guardi, a livello strettamente giuridico, se è vero quel che abbiamo detto sopra, è altrettanto vero che, nei fatti, si sarebbe potuto verificare altro. In queste situazioni, il diritto si intreccia con la politica e con tutto ciò ad essa collegato, tra cui i ragionamenti circa l'opportunità o meno di una data azione, al di là della sua eventuale obbligatorietà giuridica. Le faccio un esempio: se è vero quel che abbiamo detto finora, in teoria e generalmente parlando, se da una parte è pure possibile che anche un Paese che non faccia parte dello Statuto possa procedere, nel caso, alla consegna di un ricercato dalla Corte Penale Internazionale, per convenienza magari politica o, come si suole dire, cortesia diplomatica, è altrettanto vero per altro verso, che potrebbe anche accadere che il paese ospitante possa far valere, magari forzandolo un po', il principio dell’immunità dei Capi di Stato esteri (generalmente non applicabile, in realtà, in presenza di incriminazioni di particolare gravità, ma come detto, tutto può succedere), come accaduto, ad esempio, nel 2015, con il presidente del Sudan, Omar al-Bashir, in visita in Sudafrica. E poi, immaginiamo provocatoriamente questo scenario: se Putin avesse deciso di venire in Italia, sfidando ogni divieto o pericolo, pensiamo davvero che noi avremmo potuto arrestarlo con tanta facilità o restando esenti da eventuali ripercussioni o ritorsioni (tra cui l'utilizzo delle armi nucleari)? Avremmo potuto vietare l'atterraggio del suo aereo sul nostro territorio senza conseguenze di qualsivoglia natura? Ma vi è di più: infatti - e qui torniamo al ragionamento in generale - nel caso in cui il presidente russo, in ipotesi, dovesse essere arrestato in uno dei 123 Stati che hanno ratificato lo Statuto della Corte Penale Internazionale, per poterlo poi consegnare a quest'ultima, lo Stato titolare dell’arresto dovrebbe valutare la legittimità del tutto alla luce del proprio diritto interno.
E, tornando all'Italia, questo potrebbe costituire un problema: per usare le stesse parole del Procuratore Generale militare presso la Corte di Cassazione, infatti, intervenuto sul tema proprio all'indomani dell'emissione del mandato di arresto di cui stiamo parlando: "problemi potrebbero porsi nel momento in cui la corte di appello di Roma, competente nel merito, dovesse decidere la sussistenza dei presupposti per consegnarlo alla Corte Penale Internazionale: dovrebbe valutare se i reati per cui Putin è incriminato sono previsti nel nostro ordinamento. In tal caso l’ipotesi di reato dovrebbe essere quella di deportazione di fanciulli, che nel nostro ordinamento non è specificamente prevista, e non avendo l’Italia ancora approvato il codice dei crimini contro l’umanità, la corte di appello di Roma potrebbe avere criticità nel ravvisare, nel nostro ordinamento, un’ipotesi di reato uguale a quella per cui è stato chiesto l’arresto".
Insomma: al di là di ciò che dice il diritto, Putin non venendo in Italia (per le ragioni anzidette) ci ha levato da un bell'imbarazzo.
Putin non ha quindi "tradito" il suo amico Berlusconi?
“Assolutamente no. Non ha avuto scelta, al di là degli scenari che abbiamo, anche provocatoriamente, immaginato qui. Motivi di sicurezza, esterna e interna, e di opportunità politica lo hanno costretto a disertare, avendo dovuto necessariamente prevalere la cosiddetta ragion di Stato”.