05 Luglio 2022
Le autorità russe nella penisola di Crimea, occupata dall’esercito russo fin dal 2014, starebbero istituendo una “commissione di reclutamento” per arruolare gli abitanti della penisola di Crimea. Una grave violazione del articolo 51 della convenzione di Ginevra, che proibisce senza ambiguità il reclutamento forzato di abitanti di territori occupati militarmente, denunciano le autorità Ucraine.
Gli ucraini non hanno perso l’occasione di segnalare che secondo loro, questo è un chiaro segnale del fatto che le perdite subite dall’esercito russo sono gravi e dunque la difesa sta funzionando. Difficile dirlo, ma è indubbio che dall’inizio del conflitto Mosca si è avvalsa fortemente del contributo umano fornito dalle repubbliche separatiste (le cosiddette Repubbliche Popolari di Luhansk e Donetsk), spesso impiegati come fanteria di linea in assalti pericolosi e sanguinosi. Ucraini russofoni, secondo Kiev, utilizzati come “carne da cannone” contro altri ucraini. In effetti, secondo molti report le milizie separatiste sono male equipaggiate (con gli “avanzi” dei depositi russi, come i desueti T-62) e poco addestrate, ma comunque molto motivate: odiano il governo di Kiev, con cui sono in guerra dal 2014, e ritengono di combattere per una causa patriottica (il ricongiungimento con la Russia).
Mosca ha ritenuto che, per guadagnarsi l’indipendenza, i separatisti dovessero dare un contributo umano molto consistente, reclutando in massa in entrambi i territori. Nel corso della battaglia per il Dombass, hanno subito perdite spaventose: mandati per primi ad assalire le fortificazioni ucraine dopo i bombardamenti (seguiti solo dopo dalle forze russe regolari e infine dalle forze speciali degli spetzatz e i mercenari Wagner), hanno perso talmente tanti uomini che alcuni scherzavano, cinicamente, sul fatto che la LNR avrebbe dovuto cambiare nome in “Repubblica delle donne del Luhansk”, visto che i maschi stavano tutti morendo.
Ora una simile sorte potrebbe toccare agli abitanti della Crimea, in buona parte russofoni (discendenti dei coloni inviati da Stalin per ripopolare l’Ucraina dopo l’Holomodor), ma anche con sacche filo-ucraine (l’etnia dei tartari, leale a Kiev). Secondo l’intelligence di Kiev, ufficiali di grado inferiore sarebbero già stati allertati a prepararsi a creare commissioni di reclutamento locali nei vari distretti della regione. Kiev invita a sabotare gli sforzi di reclutamento in ogni modo, a disertare o, nel caso si finisse reclutati a forza, ad arrendersi alla prima occasione.
Gli sforzi di reclutamento riflettono i gravi problemi che Mosca affronta nel rimpiazzare le perdite. L’esercito russo ha alzato l’età di richiamo dei riservisti, ha organizzato poderose campagne di reclutamento nelle regioni più povere (quelle nell’estremo est), promettendo stipendi favolosi, pensioni e assicurazioni, e delega parte del lavoro al gruppo Wagner, che assume mercenari da tutto il mondo. Queste operazioni vengono chiamate dagli analisti undercover mobilization, “mobilitazione sotto copertura”, finalizzata a evitare quella vera e propria. Ciononostante, i risultati non devono essere stati del tutto soddisfacenti; nelle grandi città russe pochissimi hanno aderito, e l’esercito russo continua a rimanere sotto-personale, benché molto fornito di artiglieria e carri armati. Putin intende evitare di arruolare i russi veri e propri, abitanti delle grandi città, in quanto questo comporterebbe certamente un calo di consensi; preferisce, finché possibile, attingere a riserve di materiale umano più “sprecabile”. In ogni caso, è evidente che la Russia non prevede un fine rapida al conflitto, come testimoniato dal recente emendamento volto a coinvolgere le aziende russe nello sforzo bellico.
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