Guerra in Ucraina, canto per un Paese che soffre: qualcuno deve pagare per tutte queste sofferenze

John McCain agli Ucraini in Piazza Maidan, 16 dicembre 2014: "L'Ucraina renderà l'Europa migliore e l'Europa renderà l'Ucraina migliore"

SCRITTI PANDEMICI

Canto per un Paese che soffre

Nel suo Cosa c’è che non va in Europa, saggio del 2017 in calce a Teoria del mondo multipolare, (Aga Editrice - 2019), Aleksandr Dugin esordisce con queste parole: “Ideologicamente, la fonte di tutti problemi è costituita dal liberalismo che è stato imposto all’Europa e al resto dell’umanità dal mondo anglosassone come la sola e unica ideologia ufficiale. Il liberalismo afferma solo l’identità dell’individuo e nega ogni tipo di identità collettiva o organica. Pertanto, passo dopo passo, il liberalismo ripudia l’identità religiosa, nazionale, di genere, e qualsiasi tipo di appartenenza allo scopo di rendere l’individuo completamente libero da ogni genere di olismo. Una manifestazione politica emblematica di questo problema è rappresentata dalla teoria gender (omissis). Un altro problema cruciale è rappresentato dall’immigrazione (omissis). L’ultimo passo nello sviluppo del liberalismo sarà la negazione dell’identità umana come identità collettiva. Così, nel prossimo futuro il programma liberale aprirà le porte al transumanesimo".
Dopo avere letto questo saggio, due anni fa sono andato ad ascoltare Dugin a Milano. Ospite di leghisti e noti esponenti dell’estrema destra, il filosofo ha tenuto uno splendido discorso a favore del sovranismo e del populismo, ha auspicato l’abbandono dell’Atlantismo da parte del nostro Paese e ha evidenziato i vantaggi – anche e soprattutto per l’Italia - della costituzione di un mondo multipolare. Nulla ha detto contro il transumanesimo e io (in prima fila accanto al Segretario dell’Associazione Italiana Transumanisti) ho alzato la mano e gli ho domandato (in Italiano, Dugin è uno straordinario poliglotta): “Perché Lei, che ha più volte scritto contro il transumanesimo, è qui in Italia ospite dell’estrema destra e dei transumanisti italiani?”.
Ha balbettato qualcosa, fissandomi negli occhi. Poi ho fatto appena in tempo a uscire dalla sala, accompagnato da un amico avvocato noto agli ambienti dell’estrema destra.
Vengo al punto: la Lega Nord organizza il viaggio in Italia dell’ideologo di Vladimir Putin, il quale evita accuratamente di criticare quella porcata immonda che era (è stata) l’alleanza tra Lega Nord e Movimento 5 Stelle e, per non urtare la suscettibilità dei transumanisti presenti in sala, evita ogni accenno al punto di arrivo del liberismo, che è il transumanesimo.
Ero andato a incontrare un filosofo che reputo un genio, sono tornato a casa deluso.
Questo piccolo aneddoto dà una certa misura del divario esistente tra la teoria politica e la realpolitik.
Le cose sono sempre maledettamente più complesse di ciò che immaginiamo. E questa banale affermazione mi conduce a un secondo aneddoto. Ho già scritto più volte che ero a Kiev nell’inverno 2014 e ho avuto il privilegio di essere ammesso dietro le barricate. Ho studiato diritto internazionale in Canada, sono sempre stato liberale, non ho mai avuto motivo di fare il tifo per Vladimir Putin. Così, quando alla fine di novembre del 2013 il Presidente ucraino Viktor Janukovyč, nato nell'oblast' di Donec'k (non è un dettaglio da poco, ci tornerò più avanti) interruppe le trattative con l’Unione Europea e Piazza Maidan venne occupata da esponenti di Pravyj Sektor, colsi l’occasione di rincontrare quella che è oggi la mia seconda moglie (nata in Kazakistan) e volai a Kiev. Come già in passato, affittai un appartamento proprio su Khreshchatyk Street, la via che porta a Piazza Maidan. Ho sempre amato Kiev e l’Ucraina in genere, nel 2012 sono stato a Donec'k e lì ho scritto il mio romanzo Dimmelo domani (Ed. Zerounoundici). In estrema sintesi, i manifestanti chiedevano le dimissioni del Presidente Viktor Janukovyč – russofono nato nel Donbass - accusato di voler riportare l’Ucraina nella sfera d’influenza russa. La verità era ben più complessa; l’interruzione delle trattative con l’Unione Europea non era motivata da posizioni ideologiche, ma dalla durezza delle condizioni imposte: taglio del bilancio dello Stato, privatizzazioni, incremento del 40% del costo del gas, accettazione da parte dell’Ucraina di un prestito di 4 miliardi di dollari erogato dal Fondo Monetario Internazionale (FMI). Sul ruolo sinistro del FMI, il creditore del mondo (notare la definizione cortese e prudente), non voglio più scrivere una riga. Le minacce di querela hanno avuto il loro effetto, quello di ridurmi al silenzio.
Arrivai a Kiev nel mese di dicembre, a Piazza Maidan già occupata. Le barricate impedivano l’accesso, ma certamente non lo sgombero da parte dell’esercito. Così, iniziai a fare domande, per cercare di dare una risposta a due quesiti fondamentali: “A parte gli estremisti di Pravyj Sektor, chi c’è dietro le barricate?” e “Perché Viktor Janukovyč non manda i carri armati?”. Finalmente, la mattina del 6 dicembre 2013, molto presto, (so la data esatta perché è impressa sulla foto scattata col telefono) venni fatto entrare da un varco nella barricata.
All’interno, c’era un vero e proprio accampamento: tende, bracieri (la notte la temperatura scendeva facilmente a – 20°), una cucina da campo, viveri e armi.
Non mi aspettavo di trovare accampata una scolaresca, ma le armi ben visibili mi diedero la misura dell’organizzazione militare. Vitali Volodymyrovych Klitschko (oggi Sindaco di Kiev, fratello di Wladimir Wladimirowitsch Klitschko) mi venne indicato come il capo della protesta, ma non lo incontrai. Al contrario, ebbi modo di vedere coi miei occhi che all’interno della barricata c’erano mercenari georgiani. Oggi, dopo avere studiato molti documenti su Euromaidan (e avere visto con grande attenzione il film documentario prodotto da Oliver Stone), posso supporre che i mercenari fossero stati pagati da Ihor Valeriyovych Kolomoyskyi, che successivamente finanziò i Battaglioni Azov e Dnipro, oppure direttamente dalla CIA (e del resto, il 16 dicembre in Piazza Maidan parlò il Senatore americano John McCain https://www.youtube.com/watch?v=93eyhO8VTdg Vale la pena di riascoltare le sue parole: “Il mondo libero è con voi, l’America è con voi, io sono con voi… l’Ucraina renderà l’Europa migliore e l’Europa renderà l’Ucraina migliore.”).
Proprio l’enorme affluenza di persone radunatesi ad ascoltare John McCain mi fornì la risposta alla seconda domanda: il Presidente Viktor Janukovyč non mandò i carri armati perché sarebbe passato alla Storia come un massacratore del suo stesso popolo. Resosi conto dell’insanabilità della spaccatura tra l’Ucraina Occidentale filo Occidentale e l’Ucraina Orientale filo Russa del suo oblast' di Donec'k e dell’oblast' di Lugansk, abbandonò Kiev e si rifugiò al sicuro lasciando il potere a Turčynov e, dopo regolari elezioni, a Petro Porochenko (nato a Bolhrad, nell’oblast' di Odessa, filo Occidentale). La seconda rivoluzione arancione, Euromaidan 2014, può essere interpretata in molti modi: come uno scontro tra Stati Uniti e Russia per l’influenza geopolitica nel Paese, come una guerra tra oligarchi con milizie private per spartirsi le enormi risorse di una Nazione con un reddito pro capite di 300 dollari americani al mese, come uno scontro tra Ucraini e Russofoni. Se in Crimea questi ultimi sono la stragrande maggioranza della popolazione, negli oblast' orientali i russofoni sono stati maggioranza fino all’inizio della campagna di ucrainizzazione forzata partita nel 2014. Come ogni minoranza etnica privata dei propri diritti (quello di usare la propria lingua negli Uffici Pubblici e nelle scuole e molti altri, ma non è mia intenzione dilungarmi sui diritti delle minoranze linguistiche – argomento che noi Italiani ben conosciamo, essendo il nostro un modello studiato e invidiato a livello mondiale), la comunità russofona – che lo ripeto era maggioranza negli oblast' orientali - iniziò a manifestare e la risposta fu l’ignobile strage di Odessa in cui 42 manifestanti filorussi furono bruciati vivi sotto gli occhi della locale polizia, che non mosse un dito in quanto minacciata dalle milizie neonaziste affluite per fermare le proteste contro il Governo. Poi, iniziarono otto lunghissimi anni di scorribande del battaglione Azov, fino ad arrivare alla guerra di quest’anno.
Ma, di nuovo, le cose sono sempre maledettamente più complesse di ciò che immaginiamo. Qualcuno trae conclusioni affrettate, definendo Euromaidan un golpe orchestrato dalla CIA. Io, che ero a Kiev, ho assistito alla manifestazione di una folla oceanica (si parlò di cinquecentomila persone) scesa in Khreshchatyk Street a festeggiare la fuga del Presidente Viktor Janukovyč. Immagino che nell’Est della Nazione il consenso non fosse tanto vasto, ma in tutta franchezza (ad eccezione della Crimea, dove la popolazione russofona è sempre stata la stragrande maggioranza), non credo che un cambiamento di Presidente abbia ingenerato eccessive speranze nell’uomo medio degli oblast' di Donec'k o di Lugansk, che avrà continuato a preoccuparsi di come arrivare alla fine del mese coi suoi 300 miseri dollari.
Ho amato Donec'k, in copertina del mio Dimmelo domani c’è la sua cattedrale ortodossa. Ho dormito e scritto in una krusciovka – un prefabbricato dell'era di Krusciev tirato su in fretta con cemento scadente e senza fondamenta per dare una casa ai minatori giunti nella regione mineraria da tutta l’Unione Sovietica. Conosco perfettamente la disillusione che si respira in quella parte del mondo. Ricorderò sempre le parole di Masha (oggi tragicamente dispersa, scomparsa nella guerra del Donbass): “Ci illudevamo di vivere nel primo paese al mondo dove il comunismo avrebbe reso le persone uguali e libere. Il comunismo realizzato ci veniva raccontato in ogni occasione come un sogno magnifico. Ci sentivamo protagonisti della storia e per questo importanti. Non per nulla, i nostri insegnanti parlavano di dottrina comunista, come se si fosse trattato di una religione. D’estate, nei campi chiamati dei pionieri, marciavamo cantando, sognando a occhi aperti. Certo, il risveglio è stato brutale. Noi ucraini siamo sempre stati molto religiosi, per fortuna. Ma quelli tra noi che erano atei, si sono ritrovati di colpo davanti a una realtà tanto diversa dalle loro aspettative da creare sgomento: il mondo non sarà mai giusto e non esiste riscatto dopo la morte. Esiste unicamente il “qui e subito.” I più forti, i più vicini al potere, hanno approfittato dell’occasione per razziare l’URSS in disfacimento, accumulando ricchezze inimmaginabili. Il più gretto materialismo, la sfrenata voglia di emulare i peggiori stereotipi occidentali, sogni da film hollywoodiani hanno soppiantato la nostra dottrina.”
Riascolto le parole di John McCain: “Il mondo libero è con voi, l’America è con voi, io sono con voi… l’Ucraina renderà l’Europa migliore e l’Europa renderà l’Ucraina migliore.”
Qualcuno ha illuso un’intera Nazione – soprattutto giovani – che il futuro sarebbe stato “magnifico e progressivo”. Prima l’ideologia comunista, poi il cinismo Atlantista, che ha fatto di un Paese splendido un avamposto della propria guerra geopolitica. Di chi è la colpa se dopo un golpe e otto lunghi anni l'Ucraina non è ancora membro dell'Unione Europea? Vogliamo dare la colpa a Putin anche di questo? I giovani ucraini volevano semplicemente essere come tutti gli altri giovani Occidentali e noi ne abbiamo fatto cavie per un esperimento: "Fino a che punto potremo provocare Putin senza che reagisca?". Oggi, non soddisfatti, li armiamo incitandoli a resistere fino all'ultimo uomo (non soldato, uomo), ben sapendo che sarebbe stato più onesto evitare di illuderli, non fare promesse che non potevano essere mantenute, negoziare finché era possibile per evitare una carneficina tra fratelli.
Da avvocato internazionalista, come posso indicare un colpevole e un innocente, un aggressore e una vittima? L’allargamento della NATO a spese di milioni di profughi, di centomila morti in quattro mesi di guerra.
L’illusione di essere Europei alimentata da pazzi irresponsabili, che arringano le piazze ma mandano a trattare le condizioni dell’ingresso nel mondo Occidentale i funzionari del Fondo Monetario Internazionale.
Lo scontro tra oligarchi, nel più totale disinteresse per il benessere della popolazione. L’ideologia neonazista, elevata a Storia nazionale (il mito di Stepan Bandera, i simboli della Waffen-Grenadier-Division 14 delle SS, la negazione dei diritti della minoranza russofona e del principio di autodeterminazione dei popoli, che è sempre sacrosanto eccetto quando il 93% vota a favore dell’annessione alla Federazione Russa, come avvenuto in Crimea).
Qualcuno deve pagare. Ho orrore di tutto, ma per fortuna sono ancora capace di osservare le cose con obiettività, pietà e compassione.

di Alfredo Tocchi