Guerra Russia Ucraina: scontro di civiltà e fine della storia

La guerra russo ucraina può essere letta in molti modi, ma senza dubbio è anche uno scontro di civiltà, un sussulto della storia.

SCRITTI PANDEMICI

Capire la complessità

Esattamente trent’anni fa, Francis Fukuyama, nel suo The End of History and the Last Man (1992), teorizzava la fine della storia. Secondo la sua teoria, che ebbe immediatamente una risonanza mondiale, la diffusione planetaria della democrazia e il trionfo del capitalismo e del libero mercato globale avrebbero modificato profondamente le relazioni umane, favorendo la nascita di un’umanità standardizzata, privata per sempre di quelle differenze culturali che erano state la molla, il vero motore della storia. Già tre anni più tardi, nel suo Social Virtues and Creation of Prosperity (1995), Fukuyama ammetteva di avere spinto un po’ troppo in là il suo paradosso, in quanto – in effetti – aveva sminuito l’importanza delle differenze culturali.
Oggi, l’opera di Fukuyama – nonostante la sua tesi paradossale, grazie alla quale del resto il libro è diventato un best seller - brilla come un faro, illumina il cammino dell’Occidente.
Per noi Occidentali, i concetti di modernizzazione e Occidentalizzazione sono sinonimi. In oltre duemila anni di storia, non abbiamo mai – neppure per un istante – mutato il nostro atteggiamento secondo cui esistono da un lato i cittadini romani (noi Occidentali) e dall’altro i barbari. Naturalmente, oggi nessuno più si pone la domanda che si posero i primi gesuiti sbarcati sul suolo americano: “I nativi americani sono esseri umani o qualche tipo di animale e come tale senz’anima?”.
Ragionando in termini evolutivi, darwiniani, qualsiasi essere meno evoluto di noi Occidentali è soltanto uno stadio di passaggio, un nostro imbarazzante antenato. Emblematiche le parole di Friedrich Nietzsche: “Che cos'è la scimmia per l'uomo? Qualcosa che fa ridere, oppure suscita un doloroso senso di vergogna. La stessa cosa sarà quindi l'uomo per il Superuomo: un motivo di riso o di dolorosa vergogna…”.
Assistiamo oggi a un’estremizzazione del fenomeno: le tribù amazzoniche non suscitano compassione in quanto esseri umani dotati di diritti esattamente come noi, ma in quanto specie animali in via di estinzione. Concediamo diritti agli animali e di conseguenza alle tribù amazzoniche, ma non ci sfiora il dubbio che forse il loro modello culturale e sociale sia migliore del nostro. Come sempre, mi viene in mente una frase di Emil Cioran: “L’interesse che il civilizzato nutre verso i popoli cosiddetti arretrati è dei più sospetti. Incapace di continuare a sopportarsi, egli si adopera a scaricare su di loro l’eccedenza dei mali che lo opprimono, li incita a provare le sue miserie, li scongiura di affrontare un destino che non può più sfidare da solo.” (La caduta nel tempo).
Rifiutando tutto ciò che i trend setter bollano come arretrato, appiattendo tutte le differenze culturali, diffondendo insieme al capitalismo e al libero mercato la gender culture e la cancel culture, che è vera e propria mistificazione della storia, l’Occidente favorisce la nascita di un’umanità standardizzata (financo nel sesso), con i medesimi bisogni, quasi sempre indotti. L’amico Kiran Gurung, Segretario del Senato nepalese, mi raccontò un fatterello che descrive bene il fenomeno: dopo una campagna pubblicitaria di una nota bibita americana particolarmente martellante, ci fu a Katmandu un picco di consumo senza precedenti: nonostante la bibita costasse ben più di quanto la maggior parte delle persone comuni potesse permettersi. Allargare il mercato globale, Occidentalizzare e Occidentalizzarsi a tutti i costi, questo è stato negli ultimi trent’anni l’imperativo!
In piena postmodernità, assistiamo a un finto trionfo delle libertà individuali. La democrazia ci dà il diritto di scegliere i nostri governanti, godiamo di pari diritti e pari opportunità, possiamo scegliere il nostro cognome e persino il nostro genere, sposarci o unirci in unioni civili omosessuali, scegliere di morire se siamo stanchi di vivere eccetera eccetera.
In teoria, tutte queste conquiste sono meravigliosi passi avanti sulla strada del progresso. In pratica, non sono altro che un costante allontanamento dalla natura, dalla nostra condizione umana che prelude il salto definitivo, l’estinzione dell’homo sapiens e la nascita del transumano.
I filosofi concordano su un punto fondamentale: la postmodernità è uno stadio terminale. La realtà si sta trasformando rapidamente in virtualità. I più critici, hanno addirittura paragonato la nostra contemporaneità all’avvicinamento a un buco nero.
Le differenze culturali permangono, ma al di fuori del blocco Occidentale. Se pochi anni fa alcuni filosofi (ad esempio Robert Kagan, Of paradise and power, 2004) mettendo a confronto Stati Uniti ed Europa vedevano i primi come la materializzazione del leviatano minaccioso e bellicoso di Hobbes e la seconda come la materializzazione delle idee pacifiste di Kant (con al centro la pace e i diritti umani), oggi – dopo anni di negazione delle nostre radici cristiane – l’Europa è completamente esangue, incapace di alzare la testa, di un moto d’orgoglio, schiacciata su un Atlantismo fuori tempo e contesto, prona in maniera miserabile, oscena. Esiste un Atlantismo dignitoso e uno rivoltante e, a mio modesto modo di leggere le cose, quello di Sergio Mattarella e Mario Draghi è rivoltante, indegno di una Nazione con una cultura e una storia come la nostra.
In questo contesto, la guerra russo ucraina è senza ombra di dubbio uno scontro di civiltà, un sussulto della storia.
Domani sintetizzerò il pensiero di Aleksandr Dugin, il filosofo russo che dal 2013, col suo Teoria del mondo multipolare, ha profetizzato che sarebbe scoppiata la guerra in Ucraina.

Di Alfredo Tocchi