Grano in Ucraina, i paletti di Mosca e Kiev avvicinano crisi alimentare globale

I porti del Mar Nero sono il principale canale di esportazione del grano nel resto del mondo ma sono bloccati dalla Russia: lo sblocco è osteggiato sia da Mosca che da Kiev

I paletti di Mosca e Kiev avvicinano progressivamente una crisi alimentare globale. Dopo settimane a discutere delle ricadute della guerra in Ucraina sul fronte energetico, si sta palesando in questi giorni una crisi potenzialmente molto più grave non solo per l'Europa, ma per tutto il mondo: quella alimentare dovuta alle mancate esportazioni di grano. La questione è piuttosto complessa. Nel 2021 la Russia è stata il primo Paese esportatore di grano al mondo, con 39 milioni di tonnellate. L'Ucraina era al quinto posto nel settore, con 17 milioni di tonnellate. Insieme, i due Paesi coprono il 30% del fabbisogno del cereale. Sono quindi due nazioni strategiche soprattutto per alcuni Paesi del Nord-Africa e in via di sviluppo. Questo fragile equilibrio è stato però spezzato dalla crisi ucraina. 

Grano in Ucraina, i paletti di Mosca e Kiev avvicinano crisi alimentare

La Russia, infatti, ha deciso di utilizzare la propria risorsa come arma di una guerra ibrida e parallela rispetto a quella convenzionale, un po' come successo con gas e petrolio. Pur non essendo un settore colpito dalle sanzioni economiche occidentali, infatti, Mosca sta riducendo le esportazioni di cereali usandoli come strumento di pressione. Almeno è quello che ha sostenuto il vicepresidente della Commissione europea Valdis Dombrovskis al Forum economico di Davos. 

Secondo il commissario lettone la Russia agisce in maniera deliberata "per creare problemi di sicurezza alimentare. Non c'è nulla che impedisce a Mosca di esportare il suo grano. La Russia sta manipolando le forniture a fini politici, dato che le esportazioni alimentari non sono colpite da sanzioni", ha accusato. Oltre a questa strategia russa, c'è poi il problema oggettivo della guerra combattuta sul campo in Ucraina, che ha di fatto paralizzato le esportazioni dal Paese.

Il blocco navale nel Mar Nero e le condizioni di Mosca e Kiev

La Russia controlla interamente il mare d'Azov e i relativi porti di Mariupol e Berdiansk. Stesso discorso per il porto di Kherson, una delle prime città a cadere in mano russa, alla foce del fiume Dnepr. Mykolaiv e Odessa sono invece ancora controllate dai resistenti ucraini ma le infrastrutture portuali della prima sono state seriamente danneggiate mentre il porto di Odessa è circondato da mine russe. Di fatto un autentico blocco navale che rischia di avere conseguenze drammatiche visto che il 95% dell'export del Paese avveniva via mare. 

Dall'alto di questa posizione di forza, e con tonnellate di grano che rischiano di marcire e diventare inutilizzabili negli hangar portuali, alcuni governi occidentali, in primis quello britannico, hanno ventilato la possibilità di introdurre navi da guerra nel Mar Nero per scortare quelle mercantili, rimettendo in moto le esportazioni. Soluzione bocciata da Mosca, come ha sottolineato il viceministro degli Esteri russo Andrei Rudenko, secondo cui questa prospettiva "aggraverebbe seriamente la situazione nel Mar Nero". 

Per altro verso, la Russia si è mostrata disponibile a riattivare i flussi di derrate alimentari dall'Ucraina senza la presenza di navi militari, in cambio dell'attenuazione delle sanzioni economiche. Ma a questa prospettiva si oppone duramente l'Ucraina, come ha spiegato chiaramente il ministro degli Esteri Dmytro Kuleba invitando chi sta prendendo in considerazione questa ipotesi "a visitare prima le tombe dei bambini ucraini uccisi e parlare con i loro genitori". Il risultato di questi veti incrociati è che di giorno in giorno si avvicina lo scenario di una crisi alimentare su scala globale dagli effetti disastrosi.