European Recovery Plan: il ritiro di Angela Merkel

Forse 16 anni al vertice del massimo potere tedesco ed europeo hanno reso più consapevole la cancelliera della coincidenza stretta fra gli interessi della Germania e quelli delle altre nazioni europee, fra cui l’Italia

L’European Recovery Plan, che sta realizzandosi in questi mesi nelle nazioni del nostro continente, ricorda l’European Recovery Program del 1948, ribattezzato successivamente Piano Marshall, dal nome del suo ideatore. La sigla è comune e comuni sono gli scopi: aiutare l’Europa a risollevarsi da una situazione drammatica.

Gli USA, alla fine della Seconda guerra mondiale, che ha causato la morte di 85 milioni di persone, si trovarono davanti ad un’alternativa: abbandonare l’Europa al suo destino, quale maggiore responsabile di quanto successo, oppure aiutarla a risollevarsi.

La prima strategia era stata già adottata dal Presidente Harold Wilson, dopo la Prima guerra mondiale, con il risultato di arrivare dopo venti anni ad un nuovo conflitto, la seconda fu invece quella perseguita dal grande Presidente Harry Truman, mai sufficientemente apprezzato dagli storici.

Lui ritenne giustamente che aiutare il nostro continente, era anche interesse degli USA. Incaricò quindi il Generale George Marshall, Capo di Stato Maggiore dell’Esercito, il trionfatore della Seconda guerra mondiale, di predisporre un piano di aiuti, denominato poi piano Marshall.

Stalin, il dittatore sovietico, capo effettivo della sinistra italiana, aveva intimato al comunista Palmiro Togliatti ed al socialista Pietro Nenni, i cui partiti erano uniti dal cosiddetto “fronte popolare”, di opporsi ferocemente a tale progetto. Il suo obbiettivo era quello di estendere l’influenza dell’URSS, anche a quei paesi europei che, come l’Italia, non avevano truppe sovietiche sul proprio territorio.

Alcide De Gasperi e Luigi Einaudi, i due grandi leaders democratici dell’Italia post-bellica, furono invece fermissimi nel collocare il nostro paese nell’orbita americana ed atlantica. Il piano Marshall, in mezzo a contestazioni, scioperi e violentissime manifestazioni di piazza, organizzate dalle sinistre, fu approvato dal Parlamento, fornendo al nostro Paese i mezzi finanziari per potersi risollevare.

Fu soprattutto possibile dare corso ad investimenti importanti nel Sud, attraverso la creazione della Cassa del Mezzogiorno, che assicurò la realizzazione di un sistema di infrastrutture, che permise al Meridione di uscire da una situazione di totale sottosviluppo.

La novità, rispetto al piano Marshall, è certamente oggi il fatto che le risorse saranno distribuite e gestite da una istituzione di cui l’Italia stessa fa parte e a cui siamo legati da vincoli culturali e geografici. Il fortunato arrivo alla Premiership di Mario Draghi, dà poi certamente al nostro paese maggiori garanzie, che questi fondi saranno utilizzati al meglio.

Angela Merkel, prima azionista di questa compagine, sta per lasciare la direzione della politica europea. Lei sembra avere riunito, nel corso del tempo, nella sua sola persona, la politica dei due menzionati Presidenti Americani: l’una, per buona parte del suo mandato, a favore dell’austerity, l’altra, successiva, a favore dello spending for growing.

Forse 16 anni al vertice del massimo potere tedesco ed europeo, hanno reso più consapevole la cancelliera, della coincidenza stretta fra gli interessi della Germania e quelli delle altre nazioni europee, fra cui l’Italia. Abbandonare il nostro paese al proprio destino, avrebbe penalizzato tutti, mettendo a rischio la stessa UE.

Nel momento in cui lascia la leadership, Merkel lascia purtroppo un Continente che, in venti anni, non ha migliorato le proprie istituzioni. Non è stata infatti approvata una Costituzione, non sono state armonizzate le politiche fiscali, energetiche e le politiche estere ed infine non è stato creato un esercito comune, proposto già addirittura nel lontano 1954.

Lei lascia però in eredità un messaggio di valore etico e psicologico importante: difronte alle grandi difficoltà, l’Europa deve rappresentare un corpo unico, senza divisioni tra stati del Nord e del Sud, tra quelli più ricchi e quelli più poveri. Deve soprattutto risolvere i problemi al proprio interno, senza ricorrere allo straniero.

In uno dei suoi discorsi di commiato, Angela Merkel, per spiegare la recente svolta del suo governo, relativamente ai problemi europei, ha ricordato le parole del filosofo tedesco Søren Kierkegaard: “La generosità soffre dei mali degli altri, come se ne fosse responsabile”. Ed in effetti, nel corso del ventesimo secolo, la Germania, negli eventi avvenuti in Europa, di responsabilità ne ha certamente avute più di una.

Di Pierfranco Faletti