Assalto al Campidoglio Usa possibile solo con la collaborazione della polizia? I dubbi sull'accaduto
Aumentano i dubbi sul comportamento degli agenti stazionati a difesa del Congresso a Washington DC. Tornano le accuse di infiltrazioni dell'estrema destra tra i corpi di polizia americani
La giornata di ieri rappresenta uno spartiacque storico per gli Stati Uniti d’America. Nonostante gli avvenimenti di ieri non abbiano avuto conseguenze tangibili sulla stabilità della democrazia americana, il modo in cui si agirà da ora in avanti sarà determinante per valutare lo stato di salute degli USA.
Il Congresso ha infatti certificato nella notte la vittoria di Joe Biden alle elezioni presidenziali dello scorso novembre, motivo per cui una folla di sostenitori del Presidente in carica Donald Trump ha invaso il Campidoglio, fermando la seduta in corso e occupando per ore il palazzo. Quattro sono stati i morti. Il mondo incollato davanti alla televisione ad assistere all'impensabile. Ma come è stato possibile che un gruppo di manifestanti potesse entrare così facilmente all’interno del Congresso americano? Sin da subito si sono levati i primi dubbi sulla condotta della polizia, colpevole di essersi fatta trovare impreparata.
I molti dubbi sull’operato della polizia
A Washington la dinamica degli eventi non è ancora del tutto chiara. Si sa però che nella mattinata di ieri, qualche migliaio di sostenitori di Trump, radunatisi davanti al Congresso, è stato in grado di superare le quattro barriere poste a protezione del palazzo e entrare nell’edificio, scatenando il panico tra i deputati e gli agenti di sicurezza. È incredibile notare come il comportamento della polizia americana sia stato radicalmente diverso rispetto alle scene a cui si è assistito negli scorsi mesi. In occasione della marcia del movimento Black Lives Matter infatti, il Congresso era protetto da agenti della guardia nazionale, armati e in divisa mimetica. In occasione delle proteste per la nomina di Brett Kavanaugh alla Corte Suprema, vennero arrestate 300 persone che stavano protestando in maniera assolutamente pacifica.
Sono in molti dunque a domandarsi quali siano state le linee guida per gli agenti ieri stazionati davanti al Congresso. Le immagini mostrano chiaramente alcuni poliziotti rimuovere le barriere che separavano i manifestanti dall’edificio, aprendo dunque la strada all’invasione. Un gesto che ha subito fatto scatenare la rabbia dell’opinione pubblica. Com’è possibile che si sia permesso ai manifestanti di avvicinarsi con così tanta facilità all’ingresso del palazzo? E soprattutto, possibile che la sicurezza non fosse stata allertata, nonostante l’ampio preavviso con cui la manifestazione di ieri era stata annunciata. Sono in molti a credere dunque che le infiltrazioni di estrema destra interne ai reparti di polizia, di cui si è iniziato a parlare sempre di più dopo la morte di George Floyd, siano in qualche modo collegate agli eventi a cui tutto il mondo ha assistito in diretta televisiva.
Dai selfie della polizia con i manifestanti ai messaggi di Trump (poi oscurati)
Ancora più incredibili le scene che ritraggono alcuni poliziotti intenti a farsi selfie con gli “invasori” del Congresso all’interno del palazzo. Con i deputati fatti evacuare in tutta fretta dai servizi segreti, gli agenti di polizia si prestavano a foto di rito e risate con i manifestanti all’interno. A questo punto l’attenzione si sposta sulla Casa Bianca. Con il Congresso occupato dai manifestanti appartenenti alla galassia dell’estrema destra e del suprematismo bianco, ci si aspettava la reazione del Presidente. Da mesi Trump continua imperterrito sulla strada delle elezioni rubate e dei brogli elettorali, partecipando attivamente a gettare benzina sul fuoco e aizzare gli animi di movimenti eversivi pronti ormai a compiere il grande passo.
Ma il comportamento di Trump non ha certo contribuito a riportare serenità in una città in preda al panico, anzi. All’inizio Trump si è rifiutato di chiedere l’attivazione della Guardia nazionale, non volendo mandare l’esercito contro i suoi sostenitori. È toccato dunque al suo vicepresidente, Mike Pence, attivare i militari. Potere che in realtà il vicepresidente non avrebbe, aumentando i dubbi su cosa sia davvero successo in quelle ore all’interno dello Studio Ovale. Facebook e Twitter sono poi intervenuti per rimuovere i messaggi e il video che nel frattempo Trump aveva postato, in quanto incitanti alla violenza. La mossa dei colossi del web è poi stata trasformata in una museruola permanente, con Mark Zuckerberg che ha annunciato di aver disattivato l’account del Presidente fino alla data di insediazione del suo vice, Joe Biden, prevista il 21 gennaio.
Il GOP diviso, i dem all’attacco
Il partito repubblicano si è poi effettivamente spaccato, con la fazione pro-Trump convinta di voler andare fino in fondo con il non riconoscimento della vittoria di Joe Biden. Anzi, alcuni deputati sono arrivati a ritenere che i manifestanti non fossero trumpiani, bensì membri di Antifa, l’organizzazione di sinistra messa al bando dal Presidente, con il chiaro obiettivo di danneggiare il fronte pro-presidente.
Intanto, i democratici sono sul piede di guerra. In molti hanno già chiesto che Mike Pence, l’attuale vicepresidente, invochi il 25esimo emendamento, dichiarando Trump inabile a governare e anticipando la successione con il presidente eletto. Altri, tra cui Ilhan Omar, hanno annunciato di essere al lavoro per un nuovo impeachment, volto a “preservare la Repubblica”. Intanto, all’interno dello staff di Trump alla Casa Bianca, sono in molti ad aver già dato le dimissioni, un segno di protesta nei confronti di un gesto che anche i più fidati consiglieri non possono accettare.