L'oro della Banca d'Italia, una fiaba di Natale per gli italiani di ogni età: come ha fatto a impossessarsi delle nostre riserve auree?
Ogni fiaba, si sa, è il frutto della fantasia, ma in questa l'ANSA e il Corriere hanno un po' esagerato
Periodicamente qualcuno racconta la fantastica fiaba dell'oro italiano. L'Italia, sussurra il narratore, è il quarto detentore d'oro al mondo dopo la Federal Reserve, la Bundesbank e il Fondo Monetario Internazionale (ANSA, 8 dicembre 2025). Nel bilancio di Banca d'Italia possiamo trovare conferma che all'attivo vi sono 2.452 tonnellate d'oro (95.493 lingotti), detenuti il 44% in Italia, il 43% negli Stati Uniti, il 5,76 nel Regno Unito e il 6,09% in Svizzera (ANSA, 8 dicembre 2025: già il totale di 98,85% ci dà la misura dell'approssimazione...).
Il Corriere della Sera sussurra suadente: “Le riserve auree appartengono al popolo italiano e sono gestite in autonomia dalla Banca d'Italia”. Il merito spetta al Governo: “Da anni Giorgia porta avanti questa battaglia”. Notate l'uso del solo nome di battesimo: è una fiaba e come tale va raccontata!
E' Ylenja Lucarelli, capogruppo di FdI in Commissione Bilancio alla Camera, a raccontare: “La prima versione, contestata dalla BCE e dalla Commissione (n.b. Europea), diceva che le riserve auree erano possedute dallo Stato italiano”. Una formula che non era piaciuta nemmeno a Banca d'Italia.
Né l'articolo sul sito ANSA né quello pubblicato sul Corriere della Sera sottolineano un dettaglio: Stato italiano e Banca d'Italia non sono sinonimi. L'ANSA – senza vergogna, dove sono i fact checker? - scrive che “la Banca è istituto di diritto pubblico che opera nel pubblico interesse” detenuto da “banche, assicurazioni e casse di previdenza”. Una mistificazione imbarazzante l'omissione di un dettaglio: banche e assicurazioni sono private, esattamente come nel caso della BCE. Quindi Banca d'Italia appartiene ed è governata da banchieri privati (esattamente come la BCE).
Fa chiarezza un ottimo articolo pubblicato sul sito di Confinvest:
“A chi appartiene l’oro e chi decide come usarlo
Il quadro normativo europeo è chiaro. Il Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea stabilisce che le riserve ufficiali, oro incluso, rientrano nelle competenze del Sistema Europeo delle Banche Centrali. Ogni operazione sulle riserve deve essere approvata dalla Banca Centrale Europea, mentre l’indipendenza di Banca d’Italia è tutelata da norme che impediscono ai governi nazionali di impartire ordini alle Banche Centrali.
È altrettanto chiaro che le riserve auree non possono essere utilizzate per finanziare la spesa pubblica: il divieto di finanziamento monetario agli Stati è un pilastro dei Trattati. In altre parole, l’oro è patrimonio degli italiani, ma non è nelle disponibilità operative del governo. La sua gestione è vincolata da norme europee precise, concepite per tutelare la stabilità dell’area euro”.
Ma anche questo articolo racconta soltanto una parte della storia. Per capirla fino in fondo, occorre conoscere il quadro normativo di riferimento.
“Art. 15 DPR n. 148 del 1988
2. La Banca d'Italia puo' liberamente negoziare oro greggio all'estero, nell'ambito della gestione delle riserve e con i limiti ad esse applicabili”.
Nessun dubbio: l'oro è della Banca d'Italia, fa parte delle sue riserve e può farne ciò che vuole.
Lo conferma il sito della Banca d'Italia:
“L'oro che la Banca d'Italia detiene è parte integrante delle riserve ufficiali, la cui gestione è uno dei compiti fondamentali svolti dall'Eurosistema ai sensi del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea e dello Statuto del Sistema europeo di banche centrali e della BCE.
Le banche centrali gestiscono le riserve ufficiali in piena indipendenza, nei limiti degli indirizzi adottati dalla BCE a salvaguardia della politica monetaria unica. L'oro è espressamente incluso nella nozione di "attività di riserva in valuta" dalla normativa comunitaria che, in attuazione dell'art. 30 dello Statuto del SEBC, ha disciplinato il trasferimento di attività della specie dalle BCN alla BCE.
Le disposizioni contenute nel D.Lgs. n. 43/1998 sulla partecipazione della Banca al SEBC stabiliscono al comma 2 dell'articolo 7 che: "La Banca d'Italia provvede in ordine alla gestione delle riserve ufficiali, nel rispetto di quanto previsto dall'articolo 31 dello Statuto del Sistema europeo di banche centrali e della Banca centrale europea". L'articolo sostituisce il previgente art. 4, comma 2, del testo unico delle norme di legge in materia valutaria, approvato con DPR n. 148 del 1988, secondo cui le riserve ufficiali erano gestite dall'Ufficio Italiano dei cambi, e dalla Banca d'Italia per gli interventi sul mercato dei cambi, per esigenze connesse con gli impegni internazionali e per le operazioni ordinarie. La modifica si è resa necessaria in quanto, in seguito all'introduzione della moneta unica, le riserve ufficiali possono essere detenute e gestite esclusivamente dalle banche centrali dell'Eurosistema. Si segnala infine che lo stesso DPR 148/1998 all'art.15 comma 2 già prevedeva la facoltà per la Banca d'Italia di negoziare liberamente oro all'estero, nell'ambito della gestione delle riserve e con i limiti ad esse applicabili”.
Insomma, non soltanto l'Italia non ha sovranità monetaria, non soltanto col “golpe bianco” di Beniamino Andreatta ha affidato al mercato il collocamento dei propri titoli di Stato, ma ha anche regalato a Banca d'Italia – lo ripeto per l'ennesima volta, privata come la BCE - le proprie riserve auree.
Da qui il colpo di genio di Giorgia: sancire in una norma che l'oro è dello Stato italiano.
Ma immediatamente si leva la voce di Salvatore Rossi, ex Direttore Centrale della Banca d'Italia, che da un lato, suadente, rassicura, ma dall'altro precisa perentorio: “Solo la BCE, in linea puramente ipotetica e teorica, potrebbe vendere una parte delle riserve auree ma è evidente che non lo farà mai”. Dichiarazione surreale, visto il tenore della norma citata che consente a Banca d'Italia di venderlo. “Ma non lo farà mai”.
Perché, si sa, Banca d'Italia e BCE sono sì private, ma operano con criteri filantropici e tra l'interesse dei loro azionisti e i nostri faranno sempre i nostri.
Per dare un'idea del valore delle riserve auree rispetto al deficit pubblico, quest'ultimo è pari a circa 3.080 miliardi di euro, l'oro vale circa il 10%.
Con o senza i lingotti, ogni italiano ha sotto il cuscino una montagna di debiti.
La fiaba mi ha risvegliato. Credo che uscirò, in piena notte, a fare una passeggiata per calmarmi.
di Alfredo Tocchi, 8 dicembre 2025