Campari, il CEO punta a far diventare Aperol Spritz il “nuovo sostituto della birra” negli USA e si prepara a cedere 30 marchi per ridurre il debito

L'azienda valuta la cessione di Averna, Braulio e Zedda Piras, che rappresentano il 2,5% del fatturato con redditività inferiore alla media, mentre l’espansione in altre dieci città USA potrebbe aumentare le vendite del 12% in cinque anni

Simon Hunt, il nuovo CEO Campari punta a trasformare l’Aperol Spritz in una bevanda classica anche negli Stati Uniti, così come lo è già a Milano e a Berlino e a farlo diventare il “nuovo sostituto della birra”.

"Gli Stati Uniti rappresentano una grande opportunità", ha dichiarato il CEO al podcast di Bloomberg "Quello che i soldi non dicono. Metà degli americani non ha mai sentito parlare dell’Aperol Spritz". 

L’espansione negli USA

L’obiettivo è quello di rafforzare la presenza del prodotto di punta di Campari nel suo mercato principale, nell’ambito di un piano più ampio volto al rilancio dell’azienda, le cui azioni hanno perso il 40% negli ultimi due anni. Hunt, in carica da gennaio, deve affrontare tre sfide significative, tra cui il calo dei consumi, i dazi tra Stati Uniti e Cina e i debiti derivanti dall’acquisizione del marchio di cognac Courvoisier.

Il viaggio di espansione negli Usa partirebbe da 11 grandi città, con California, New York, Texas e Florida considerati come «Stati strategici chiave». Tra le città target figurano New York, Los Angeles, Miami, Chicago, Austin, Denver, San Francisco, Boston, Jersey City, Phoenix e Las Vegas, le quali rappresentano il 65% del consumo di Aperol negli Stati Uniti. 

Secondo l’analista di Barclays, Laurence Whyatt, espandersi in altre dieci città potrebbe far crescere le vendite del 12% nei prossimi cinque anni. L’Aperol Spritz rappresenta oggi circa un quarto del fatturato del gruppo. Negli Stati Uniti, Campari punta ad aumentare la notorietà del marchio attraverso eventi pubblici, dai bartender che servono Spritz nei luoghi turistici di New York a una piazza brandizzata al festival Coachella, fino a un bar all’US Open di tennis. «Vogliamo capire come raggiungere i consumatori che aspirano a uno stile italiano», ha spiegato Hunt, con oltre trent’anni di esperienza nel settore delle bevande.

 

Lo Spritz in nove secondi

Quello a cui il marketing punta, è convincere i consumatori a scegliere l’Aperol Spritz invece della birra. Per raddoppiare le vendite globali, l’azienda dovrebbe conquistare circa l’1,5% del mercato oggi dominato dalla birra premium. Tra le novità previste ci sono versioni pre-miscelate del prodotto, inclusa una alla spina che si serve in appena nove secondi, come una pinta di birra. Una bottiglia pre-miscelata del più alcolico Campari Spritz sarà disponibile a partire dal secondo trimestre del 2026. Banca Akros ha commentato la strategia dell’azienda: «Sebbene i benefici completi della nuova strategia di crescita di Aperol Spritz si vedranno solo nel medio termine, riteniamo che le azioni strategiche presentate siano ragionevoli e confermino la nostra visione positiva sul titolo: buy con un prezzo obiettivo a 7,50 euro».

Quota in calo e concorrenza in crescita

Tuttavia, non mancano i rischi. La quota di mercato di Campari negli Stati Uniti ha registrato un leggero calo nel 2024 e nel 2025, mentre cresce la concorrenza, con marchi come Rémy Cointreau entrati nel segmento Spritz. La birra resta la bevanda alcolica più popolare negli States, con il 38% delle preferenze, in un mercato complessivo che vale 116,8 miliardi di dollari. Anche i grandi produttori di birra segnalano un calo dei consumi globali, in particolare tra i giovani. Secondo l’ultimo rapporto Gallup di agosto, di fatto, la percentuale di adulti statunitensi che dichiara di bere è scesa al 54%, il livello più basso in quasi 90 anni.

Campari cede marchi e punta tutto su Aperol

Simon Hunt punta su Aperol e altri marchi chiave mentre prepara la cessione di circa 30 dei 70 marchi del gruppo, con l’obiettivo di ridurre il debito, migliorare l’efficienza e favorire la crescita organica. La strategia segue l’espansione aggressiva degli anni precedenti, caratterizzata da acquisizioni per 3 miliardi di euro, tra cui Courvoisier. Il rapporto debito netto/EBITDA della società è di 2,9, in linea con i concorrenti, ma i costi finanziari sono saliti a 80 milioni nei primi tre trimestri del 2025.

Secondo le ultime indiscrezioni, Campari sarebbe in trattativa per vendere tre marchi di amari- Averna, Braulio e Zedda Piras -che generano un fatturato annuo di 80 milioni di euro, pari al 2,5% del fatturato del gruppo, con una redditività stimata inferiore alla media, ovvero un gross margin dopo marketing tra il 25 e il 30%, rispetto al 42% del gruppo. Tra i potenziali acquirenti figurano NewPrinces -il cui presidente Mastrolia aveva confermato contatti con Campari per valutare asset in dismissione - e altri operatori del settore amari come Gruppo Montenegro, Ilva Saronno, Gruppo Lucano e Fratelli Branca Distillerie.

Sulla base di valutazioni simili a quelle recentemente applicate a Cinzano (1,3 volte EV/vendite), Equita stima un possibile incasso di circa 100 milioni di euro, con un impatto trascurabile sulla valutazione complessiva del gruppo. La società di ricerca conferma il rating buy e un target price di 8 euro sull’azione, che il 4 dicembre ha chiuso a 5,906 euro (+0,51%) a Piazza Affari.