Taglio Irpef 2026, effetto mediatico o reale? Riduzione dal 35% al 33% per i redditi tra € 28mila e 50mila annui, esclusi i più poveri e i più ricchi
La manovra di bilancio 2026 prevede un taglio all’Irpef che interesserebbe soprattutto il ceto medio, aiuta chi già si trova in una posizione di relativa stabilità economica, lasciando fuori chi ha più bisogno di sostegno e offrendo solo piccoli margini di beneficio ai più ricchi
La manovra di bilancio 2026 prevede un taglio all’Irpef che nella forma, ma meno nella sostanza interesserebbe soprattutto il ceto medio. L’aliquota intermedia scenderebbe dal 35% al 33% per i redditi tra 28.000 e 50.000 euro lordi annui.
Dietro i titoli e le dichiarazioni ottimistiche, emerge un quadro più complesso. La riforma non modifica le condizioni dei redditi più bassi, che rimangono al di sotto della soglia dei 28.000 euro, e offre vantaggi marginali ai redditi molto elevati, sopra i 75.000 euro.
In pratica, chi già fatica a far quadrare i conti non vede alcun sollievo significativo, mentre chi guadagna centinaia di migliaia di euro risparmia cifre che, sul totale del reddito, restano quasi simboliche.
Il ceto medio al centro del “taglio”
Il cuore della misura riguarda chi sta nel mezzo: la seconda aliquota Irpef passa dal 35% al 33%, con benefici crescenti al crescere del reddito.
Per capirci: chi guadagna 30.000 euro lordi all’anno mette da parte appena 40 euro; chi arriva a 35.000 euro risparmia 140 euro; 40.000 euro lordi portano 240 euro di alleggerimento fiscale; il massimo, 440 euro, spetta a chi dichiara 50.000 euro.
Oltre questa soglia, il meccanismo cambia. La riduzione dell’aliquota viene parzialmente annullata dalle detrazioni fiscali decrescenti e, sopra i 200.000 euro lordi, i vantaggi svaniscono del tutto.
Restano escluse anche categorie particolari come i pensionati con integrazioni al reddito e i lavoratori autonomi in regime forfettario, il cui sistema fiscale non rientra negli scaglioni Irpef ordinari.
Le famiglie monoreddito con coniuge a carico rappresentano un altro esempio di effetti distorti: le detrazioni familiari, che diminuiscono all’aumentare del reddito, possono ridurre il vantaggio effettivo, creando disparità rispetto ai nuclei in cui il reddito è distribuito tra più percettori.
Il risultato è una riforma dall’apparenza significativa, ma dal peso reale limitato. Aiuta chi già si trova in una posizione di relativa stabilità economica, lasciando fuori chi ha più bisogno di sostegno e offrendo solo piccoli margini di beneficio ai più ricchi.