Manovra 2026: meno Irpef e premi più leggeri per 3 milioni di statali

La riduzione dell’Irpef al 33% e la detassazione dei premi di produttività rafforzano il reddito netto dei lavoratori pubblici e privati, puntando su merito e potere d’acquisto.

Il taglio dell’Irpef: più reddito disponibile

Con la manovra di Bilancio 2026, il Governo interviene sul cuore della fiscalità personale riducendo la seconda aliquota Irpef dal 35 al 33%. Il taglio, che vale circa 2,8 miliardi l’anno, mira a restituire potere d’acquisto alle fasce di reddito medio, alleggerendo la pressione su lavoratori e famiglie. Per un dipendente pubblico con reddito lordo di 50.000 euro, il beneficio complessivo, sommando la riduzione Irpef e gli sconti sui premi di produttività, può superare i 660 euro netti annui, pari a oltre una mensilità aggiuntiva ogni sette anni. L’obiettivo è duplice: stimolare i consumi interni e sostenere il ceto medio impiegatizio, storicamente più penalizzato dall’inflazione e dalla stagnazione salariale.

Detassazione del salario accessorio nella PA

Una delle novità più rilevanti riguarda il comparto pubblico. Per il 2026, il personale non dirigente delle amministrazioni statali, locali e scolastiche con redditi fino a 50.000 euro beneficerà di un’imposta sostitutiva del 15% sui compensi accessori, entro il limite di 800 euro. La misura interessa circa 3 milioni di statali, estendendo al pubblico impiego un meccanismo già sperimentato nel privato. Rientrano nell’agevolazione le indennità fisse e continuative, i premi di risultato e le maggiorazioni per turni, purché non riferite alla retribuzione base. Si tratta di un passo importante verso la valorizzazione del merito nella Pubblica amministrazione, con un incentivo economico diretto collegato alla performance individuale e collettiva.

Premi di produttività: aliquota all’1% e tetto innalzato

Nel settore privato, il Governo introduce una super agevolazione: i premi di produttività e le somme legate ai risultati d’impresa, per gli anni 2026 e 2027, saranno soggetti a un’imposta sostitutiva dell’1%, con tetto massimo di 5.000 euro (rispetto ai 3.000 precedenti). Questa misura, accanto alla tassazione al 5% sugli aumenti contrattuali per chi guadagna meno di 28.000 euro, mira a favorire i rinnovi contrattuali e a premiare la contrattazione di secondo livello. È una strategia di continuità rispetto alle politiche di “tasse piatte” già sperimentate, che cerca di rafforzare il legame tra salario e produttività, riducendo il divario fiscale tra lavoratori pubblici e privati.

Lavoro notturno e turismo: incentivi mirati

Per contrastare la carenza di manodopera, la manovra introduce un bonus specifico per i lavoratori del turismo, commercio e terme: dal 1° gennaio al 30 settembre 2026, le maggiorazioni per straordinari e notturni saranno maggiorate del 15% netto. La stessa logica si applica anche ai lavoratori dipendenti con redditi fino a 40.000 euro, che potranno godere della tassazione al 15% per straordinari e festivi fino a 1.500 euro l’anno. Questi interventi rappresentano una risposta pragmatica all’“emergenza occupazionale” stagionale e rafforzano il principio di flessibilità retributiva legata ai settori strategici dell’economia.

Effetti macroeconomici e sostenibilità finanziaria

Sul piano contabile, l’impatto complessivo delle misure fiscali è stimato in circa 5 miliardi di euro, coperti in parte attraverso la rimodulazione del PNRR e in parte tramite il contributo straordinario di banche e assicurazioni. Secondo il Ministero dell’Economia, la misura è finanziariamente neutrale nel medio periodo: la maggiore liquidità in busta paga dovrebbe generare un effetto moltiplicatore positivo sulla domanda interna, compensando parzialmente la minore entrata tributaria. Dal punto di vista politico, il provvedimento segna una svolta culturale: l’estensione delle logiche premiali al pubblico impiego rafforza il concetto di accountability amministrativa e di retribuzione legata ai risultati.

Oltre il 2026: verso una riforma strutturale

Resta da capire se le agevolazioni introdotte per il 2026 diverranno strutturali o resteranno limitate nel tempo. Molto dipenderà dagli indicatori di performance e dalla sostenibilità dei conti pubblici. Tuttavia, la direzione è chiara: rendere più equo e meritocratico il sistema retributivo e ridurre il cuneo fiscale. L’esperienza dimostra che un sistema premiale ben calibrato può migliorare non solo i redditi individuali, ma anche la qualità dei servizi pubblici e la fiducia dei cittadini nelle istituzioni.

Un equilibrio tra equità e incentivi

La manovra 2026 rappresenta un compromesso tra rigore di bilancio e politiche redistributive intelligenti. Il taglio dell’Irpef, la detassazione del salario accessorio e la premialità legata alla produttività costruiscono un modello in cui fiscalità e merito tornano a dialogare. Se confermate e rese stabili, queste misure potrebbero segnare l’avvio di una nuova stagione del pubblico impiego, in cui competenza, efficienza e riconoscimento economico non saranno più concetti incompatibili.