Mediobanca, il fronte degli azionisti contro l’OPS su Banca Generali: intrecci e interessi frenano il piano sul Wealth Management

Un’alleanza trasversale tra casse, imprenditori e banche blocca Mediobanca: l’operazione su Banca Generali si scontra con logiche politiche e interessi extra-industriali

Ha più le caratteristiche di una corazzata militare il fronte dell’11% costruito in poco più di tre settimane dentro l’azionariato di Mediobanca per fermare il suo tentativo di conquistare un posto da leader nel Wealth Management, sfuggendo al contempo agli intrecci della finanza italiana. Famiglie miliardarie, casse di previdenza ma anche gestori di risparmio: sono sempre gli stessi nomi ad avvicendarsi ogni giorno sulle testate nazionali nella corsa all’ultima azione per contrastare l’offerta di Mediobanca per acquisire Banca Generali in occasione dell’Assemblea convocata il 16 giugno (poi rinviata dal CdA di Piazzetta Cuccia al 25 settembre, con l’intento dichiarato di sciogliere i dubbi di alcuni azionisti). Una partita nella quale lo Stato, primo azionista del Monte Paschi di Siena che a gennaio ha lanciato un’offerta pubblica di scambio di Mediobanca, ha avuto un ruolo non da arbitro, bensì da giocatore. E così le principali casse di previdenza, che ad aprile 2025 erano entrante in Mps per sostenerne l’aumento di capitale necessario per muovere su Mediobanca, sono riapparse anche nell’azionariato di Piazzetta Cuccia con il titolo ai massimi storici: Enasarco con il 2,5% ma anche Enpam, cresciuta dall’1 al 1,98% affiancandosi così all’1% di Cassa Forense e alla quota dell’imprenditore Francesco Gaetano Caltagirone cresciuta dal 7% al 10%. Un fronte nemico che ha trovato sponda anche in Unicredit, che in poche settimane ha rastrellato circa il 4% in diverse forme, diventando un attore silente, ma assordante di questa partita. Così come assordanti sono state le dichiarazioni di astensione di alcuni imprenditori e protagonisti del mercato, che non hanno dato seguito alle posizioni unanimi di analisti e proxy sulla bontà dell’operazione, preferendo il richiamo “filo-governativo”. E così Anima, sotto influenza dell’imprenditore romano fino a tempi molto recenti; i Benetton legati a doppio filo per le concessioni dell’Aeroporto di Fiumicino o i Gavio, per quelle delle Autostrade. A muovere questi soci, vecchi e nuovi, sono stati quindi interessi trasversali e personali, estranei al merito industriale di un’operazione, quella di Mediobanca su Banca Generali, nata con l’auspicio di creare un leader italiano del risparmio, competitiva a livello europeo. Un progetto prestigioso per il nostro Paese, ma finito nel fuoco incrociato di un risiko politico-finanziario dai contorni sempre più opachi.