"Lo Stato del potere", il saggio di Carlo Iannello sul rischio per la democrazia quando il mercato prende il posto della politica

Nel libro l'autore analizza come il neoliberismo, nato per valorizzare libertà e mercato, stia erodendo la sovranità politica, sostituendo le decisioni democratiche con logiche privatistiche imposte da colossi economici e digitali

Nel suo saggio "Lo Stato del potere". Politica e diritto ai tempi della post-libertà, Carlo Iannello analizza le tensioni emergenti tra capitalismo e democrazia, un tempo considerati inseparabili. Oggi, questo legame si sta indebolendo: se tutte le democrazie liberali sono economie di mercato, non tutte le economie di mercato sono democrazie.

Neoliberalismo e neoliberismo, ideali e contraddizioni

Il fulcro dell’analisi del libro è il rapporto tra neoliberalismo e neoliberismo, ovvero tra l’ideale politico e la sua concretizzazione economica. Il volume mostra come il neoliberismo, nato per coniugare libertà economica e giustizia sociale (come nella tradizione del socialismo liberale di Calogero e Capitini), abbia progressivamente divorziato dalla visione democratica, generando un conflitto tra logiche di mercato e valori costituzionali di uguaglianza e libertà.

L’"antisovrano"

Nel libro ci si sofferma sul rapporto tra democrazia e mercato che sta vivendo una trasformazione profonda, introducendo un nuovo attore. Da una parte c’è il governo democratico, espressione della sovranità popolare; dall’altra emerge un nuovo “antisovrano”: il potere del mercato globale, sempre più indipendente. Questo fenomeno è legato a due dinamiche fondamentali: il cambiamento della natura del mercato e l’evoluzione degli attori che lo dominano.

Nel XX secolo, il neoliberismo si proponeva come reazione agli eccessi dello Stato interventista, promuovendo privatizzazioni e deregolamentazione. Oggi il non è più solo uno strumento di crescita economica, ma un vero e proprio attore politico. Grandi multinazionali tecnologiche, piattaforme digitali e colossi commerciali hanno acquisito un’influenza che spesso supera quella degli Stati. Queste entità dettano regole proprie, seguendo unicamente gli interessi degli azionisti, e sottraendosi ai vincoli della governance democratica.

“L’antisovrano” mina le capacità dei governi di garantire diritti sociali e di gestire politiche pubbliche. Il welfare è sostituito da modelli di sfruttamento dei dati e la personalizzazione digitale diventa uno strumento di controllo. I governi, anche quelli più forti, faticano a reagire, mentre le istituzioni internazionali sembrano incapaci di imporre regole efficaci.

Il secondo grande cambiamento riguarda gli attori: le piattaforme digitali non sono più solo strumenti di scambio o comunicazione, ma ambienti dove si costruisce consenso e si influenzano opinioni. In esse si gestiscono dati personali e si orientano le scelte politiche ed economiche.

L’autore, ponendosi questa domanda: quale futuro vogliamo per le nostre democrazie?  Risponde che il pensiero neoliberista ci ha a lungo convinti che meno regole significassero più crescita. Ma è chiaro ormai che la libertà economica, se non è accompagnata da tutele e diritti, diventa privilegio per pochi. E una democrazia che non sa controllare il potere economico perde il suo significato, ritenendo di dover trovare un nuovo equilibrio tra innovazione e giustizia, tra economia e sovranità popolare. Serve regolare i colossi digitali, tassare in modo equo le multinazionali, garantire ai cittadini il controllo sui propri dati e restituire agli Stati gli strumenti per difendere il bene comune. La grande sfida del nostro tempo è impedire che l’“antisovrano”,  il mercato senza regole diventi il dominatore del XXI secolo. Salvare la democrazia significa ricostruire un patto sociale dove al centro non ci siano algoritmi e profitti, ma persone, giustizia e partecipazione. Restituire, insomma, lo scettro agli elettori.

La sovranità giuridica

Nel libro viene trattato anche un altro tema: il crescente disallineamento tra economia globale e ordinamenti giuridici pone una questione cruciale sulla la sovranità. Le categorie del diritto costituzionale, secondo una visione statuale, non possono essere facilmente trasferite su piani sovranazionali o transnazionali, dove manca un’autorità sovrana ben definita. L’esperienza recente mostra come i principi costituzionali fatichino ad adattarsi a contesti privi di strutture statali solide, dominati piuttosto da poteri privati e non democraticamente legittimati.Per questo è fondamentale continuare a riflettere sulla democrazia a partire dallo Stato costituzionale, fondato sul primato della Costituzione e garantito da organi come la Corte costituzionale. Solo in questo contesto si può assicurare un’effettiva tutela dei diritti e un corretto equilibrio tra i poteri.

Il Ruolo dell’Unione Europea

Carlo Iannello, nel suo libro analizza criticamente il ruolo dell’Unione Europea, definendola con ironia “la governance, ovvero il non-governo”. L’Autore evidenzia come le élite politiche abbiano costruito una governance economica sovranazionale che limita le politiche nazionali, generando una “globalizzazione senza Costituzione”. I diritti vengono enunciati, ma il loro effettivo esercizio è sempre più ristretto, concentrando potere nelle mani di oligarchie economiche.

Secondo Iannello, l’architettura dell’UE, a partire dal Trattato di Maastricht del 1992, ha spostato l’equilibrio dal primato dei diritti costituzionali alla centralità di vincoli economici, come l’equilibrio di bilancio, la stabilità monetaria e il contenimento del debito. Questi vincoli, se elevati a “super-principi”, rischiano di compromettere diritti fondamentali come salute, istruzione e welfare, che dipendono dalla capacità finanziaria degli Stati. Iannello ritieni che serva un nuovo equilibrio tra integrazione europea e democrazia costituzionale, capace di restituire centralità ai diritti e al controllo democratico.

Secondo l’autore l’imposizione di vincoli finanziari rigidi sta progressivamente rovesciando il principio secondo cui è la Costituzione a indirizzare il mercato, subordinando invece le scelte politiche e giuridiche alle logiche della sostenibilità economica. Tuttavia, non va dimenticato che l’Unione Europea ha anche offerto importanti contributi in senso opposto. Un esempio emblematico è la protezione dei dati personali: il GDPR, nato per garantire la libera circolazione dei dati nel mercato interno, ha finito per consacrare il diritto alla privacy come diritto fondamentale, dimostrando come, in alcuni casi, dal mercato possano derivare anche effetti positivi per i cittadini.

Lo scenario che descrive l’autore presenta lo scontro tra neoliberismo e sovranità democratica come una delle sfide cruciali del nostro tempo. Il primo ha favorito la globalizzazione, la deregolamentazione e l’affermazione del mercato come forza dominante, spesso indebolendo la capacità degli Stati di garantire diritti sociali e tutelare l’interesse collettivo. La seconda, invece, richiede che le scelte fondamentali siano frutto della volontà popolare, espressa attraverso istituzioni rappresentative capaci di assicurare equità e giustizia. Per superare questa tensione, occorre ripensare in profondità i modelli economici e istituzionali, mettendo al centro la partecipazione democratica e il rispetto dei diritti. Il vero obiettivo deve essere quello di riportare l’economia al servizio della società, riaffermando il primato della politica sulle logiche del profitto. Concludendo che solo così potremo coniugare sviluppo economico e diritti, efficienza e giustizia sociale, libertà di mercato e democrazia sostanziale.