Bankitalia rivede Pil al ribasso allo 0,5%, giù rispetto alla stima di un +0,6% di ottobre
Il ministro dell'Economia Giorgetti: “Questa revisione non cambia i numeri della finanza pubblica, anzi, siamo convinti che otterremo risultati migliori”
La Banca d’Italia ha tagliato le previsioni di crescita per il Pil italiano nel 2024, portandole allo 0,5%, in calo rispetto allo 0,6% indicato lo scorso ottobre. Un dato significativamente inferiore rispetto all’1% ancora previsto nel Piano strutturale di bilancio. Anche se corretto per l’effetto del calendario, il Pil arriva solo allo 0,7%, come sottolineato ieri dal ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti: “Questa revisione non cambia i numeri della finanza pubblica, anzi, siamo convinti che otterremo risultati migliori”.
Investimenti in calo, ma consumi ed export tengono
Secondo Bankitalia, gli investimenti subiscono un rallentamento a causa del ridimensionamento degli incentivi per l’edilizia residenziale, mentre il Piano nazionale di ripresa e resilienza e la graduale riduzione dei costi di finanziamento rappresentano fattori positivi. I consumi e l’export, pur deboli nel finale del 2024, sono previsti in ripresa nel 2025.
La crescita economica, secondo le nuove stime, si attesterà allo +0,8% nel 2025 (in calo rispetto all’1% di ottobre) e all’1,1% nel 2026, per poi rallentare nuovamente a +0,9% nel 2027.
Inflazione sotto controllo, ma con un quadro incerto per il futuro
“Si valuta che l’inflazione rimanga contenuta, collocandosi all’1,1 per cento nella media dell’anno in corso, all’1,5 nel successivo biennio e al 2,0 per cento nel 2027. Al rialzo dell’inflazione contribuirebbero principalmente il venire meno del forte contributo negativo della componente energetica e, nel 2027, gli effetti temporanei dell’entrata in vigore della normativa ETS2”, il sistema per lo scambio di quote di emissione nell'Ue che si allargherà al commercio di carburanti e riscaldamenti per le case.
L’inflazione di fondo dovrebbe rimanere poco sopra il 2% quest’anno, per poi scendere a circa l’1,5% nel prossimo triennio, con tutte le pressioni derivanti dai costi del lavoro che saranno assorbite dai margini di profitto.