Hempell (Generali Investments): "Aumento dei prezzi del petrolio, causa rischio escalation diretta tra Iran e Israele"

Dal punto di vista del mercato globale, il segnale più importante da osservare a breve termine è il rischio di interruzione della fornitura di petrolio con possibili attacchi alle strutture di produzione iraniane

Gli eventi in Medio Oriente sono molto preoccupanti e in continua evoluzione. A seguito dei massicci attacchi notturni dell’Iran contro Israele, il rischio di un’escalation diretta tra i due paesi è aumentato notevolmente e potrebbe avere conseguenze terribili per la regione.

Dal punto di vista del mercato globale, il segnale più importante da osservare a breve termine è il rischio di interruzione della fornitura di petrolio. Gli attacchi di ritorsione da parte di Israele potrebbero colpire i siti di produzione di petrolio iraniani. Gli Houthi pro-iraniani in Yemen potrebbero intensificare gli attacchi nel Mar Rosso, interrompendo ulteriormente il commercio globale e il trasporto di petrolio in particolare. E in caso estremo (rischio di coda), l’Iran potrebbe tentare di chiudere potenzialmente lo Stretto di Hormuz, attraverso il quale transitano circa 20 milioni di barili di petrolio e prodotti petroliferi (~20% della fornitura globale). Un tale evento avrebbe il potenziale di far aumentare significativamente i prezzi del petrolio a causa delle preoccupazioni sull’approvvigionamento. L’aumento dei prezzi del petrolio e dell’energia potrebbe riaccendere le preoccupazioni sull’inflazione e rallentare l’ulteriore normalizzazione della politica monetaria. Non sorprende che le recenti tensioni abbiano già fatto aumentare i prezzi del petrolio, estendendo il recupero iniziato dagli annunci di stimolo cinesi. I prezzi delle azioni hanno ridotto parte dei recenti guadagni, mentre le richieste di beni rifugio hanno contribuito ad aumentare le pressioni al ribasso sui rendimenti dei Bund, a seguito dei dati sull'inflazione moderata nell'area euro pubblicati ieri per settembre.

Si tenga presente, tuttavia, che un’economia cinese debole e un nuovo rallentamento della produzione industriale globale hanno pesato sui prezzi dell’energia durante l’estate. Inoltre, il recente cambio di strategia dell’Arabia Saudita (abbandonando il suo obiettivo di prezzo non ufficiale di 100 dollari al barile e aumentando la produzione per riconquistare le quote di mercato perse) continua a pesare sul prezzo del petrolio. Di conseguenza, il prezzo del petrolio parte da livelli molto più bassi rispetto allo scorso ottobre (nonostante il rimbalzo di questa settimana, il petrolio Brent è ancora più economico del 18% rispetto a prima dell’attacco di Hamas dell’anno scorso contro Israele). Inoltre, il processo di disinflazione complessivo nel mondo avanzato è molto più radicato rispetto a un anno fa, lasciando le economie e le aspettative di inflazione meno esposte agli effetti stagflazionistici derivanti dall’aumento dei prezzi dell’energia. Questo potrebbe aiutare a spiegare la reazione di mercato finora relativamente contenuta rispetto all’escalation grave del conflitto