Def 2023 approvato dal Consiglio dei Ministri, previsti 3 miliardi di deficit per il taglio del cuneo fiscale

Approvato in cdm il Def per il 2023. Previsti 3 miliardi di taglio del cuneo e una crescita Pil dell'1%. Circoscritta l'importanza del Pnrr, comunque "al lavoro per la terza rata"

Il consiglio dei Ministri approva il Def 2023. Previsti 3 miliardi di deficit da destinare al taglio del cuneo fiscale ed una crescita Pil per l'anno corrente dell'1%. Una nota del Ministero dell'Economia e delle Finanze circoscrive l'importanza del Pnrr, ma, assicura la stessa nota, "si continua a lavorare per ottenere la terza rata".

Il cdm approva il Def 2023, ottimismo per la situazione economica

Approvato in Consiglio dei Ministri il Def per il 2023. L’attuale convergenza storica definisce la proposta del Ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti. La proposta, infatti, secondo una nota del Mef: “Tiene conto di un quadro economico-finanziario che, nonostante l'allentamento negli ultimi tempi degli effetti negativi derivanti dalla pandemia e dal caro energia, rimane incerto e rischioso a causa della guerra in Ucraina, di tensioni geopolitiche elevate, del rialzo dei tassi di interesse ma anche per l'affiorare di localizzate crisi nel sistema bancario e finanziario internazionale”. Nonostante questo, fanno sapere fonti del Mef, il governo guarda con ottimismo alla situazione economica del Paese: “L’economia italiana continua a mostrare una notevole dose di resilienza e vitalità”.

Pil in crescita costante fino al 2024, poi il rallentamento

Nelle previsioni del Def, elaborate sulla base dell’attuale scenario, il Pil italiano incontrerà una crescita dell’1% programmatico nell’anno corrente; dell’1,5% nel 2024; 1,3% l’anno successivo; si assesterà, infine, sull’1,1% nel 2026. Un’altra nota del Mef, poi, sottolinea come la crescita relativa all’anno 2023 sia calcolata in rialzo rispetto al Dpb del novembre 2022, quando veniva indicata nello 0,6%.

3 miliardi di deficit a favore del taglio del cuneo fiscale

Buone notizie arrivano poi sul fronte del deficit, per il quale, fanno sapere dal Mef, la stima per il 2023 è più rosea rispetto all’obbiettivo che era stato fissato. L’obbiettivo deficit per il 2023, secondo quanto contenuto nel Def, corrisponde al 4,5%; 3,7% nel 2024; 3% nel 2025; 2,5% nel 2026. "A fronte di una stima di deficit tendenziale per l'anno in corso pari al 4,35% del Pil – comunica il Ministero - il mantenimento dell'obiettivo di deficit esistente (4,5%) permetterà di introdurre, con un provvedimento di prossima attuazione, un taglio dei contributi sociali a carico dei lavoratori dipendenti con redditi medio-bassi di oltre 3 miliardi a valere sull'anno in corso". I 3 miliardi di deficit previsti per il taglio del cuneo dovrebbero quindi contribuire alla moderazione della crescita salariale contro quella che viene definita “una pericolosa spirale salari-prezzi”.

Rapporto debito/Pil in calo rispetto alle previsioni di novembre

Il Ministero delle Economie e Finanze fa poi sapere come il rapporto debito/Pil 2022 della previsione di novembre fosse superiore dell’1,3% rispetto all’effettivo 144,4% toccato nel corso dell’anno. Il Mef evidenzia quindi una diminuzione che si ritiene dovrebbe durare anche nei prossimi anni: “Una diminuzione che, coerentemente agli obiettivi indicati nello scenario programmatico, continuerà progressivamente nel 2023 al 142,1%, nel 2024 al 141,4, fino a raggiungere il 140,4% nel 2026”. Una nota sottolinea tuttavia come lo scarto in calo registrato nel rapporto debito/Pil dell’anno passato sarebbe potuto essere maggiore “se il super bonus – sono le parole del Ministero – non avesse avuto gli impatti sui saldi finora registrati”.

Circoscritta l'importanza del Pnrr, comunque "al lavoro per la terza rata"

Le comunicazioni del Mef si concludono quindi con una circoscrizione del valore del Pnrr, per il quale, tuttavia, il Ministero assicura l’impegno ad ottenere la terza rata. "Per rendere il nostro Paese più dinamico, innovativo e inclusivo non basta soltanto il Pnrr - evidenzia il Ministero - è necessario, infatti, investire anche per rafforzare la capacità produttiva nazionale e lavorare su un orizzonte temporale più esteso di quello del Piano e che consenta di creare condizioni adeguate a evitare nuove fiammate inflazionistiche. È questo un tema che deve essere affrontato non solo in Italia, ma anche in Europa".