Ilva Taranto: il ministro Giorgetti e i sindacati, domani, si incontrano
Dopo la sentenza del Tar che impone lo spegnimento dei forni insorgono i sindacati e le associazioni industriali
Gincarlo Giorgetti, neo ministro per l’Economia, incontrerà domani, venerdì 19 febbraio, presso il ministero dello Sviluppo Economico, incontrerà i rappresentati dei sindacati per discutere della sempre più delicata situazione dell’Ilva di Taranto.
Intanto, dopo la sentenza del Tar di Lecce che ha intimato ad ArcelorMittal lo spegnimento dell’area a caldo dello stabilimento, Confindustria e Federacciai hanno lanciato l’allarme a non spegnere lo stabilimento perché in gioco c’è il futuro della siderurgia italiana nella sua totalità. “ La fermata forzata degli impianti” hanno sottolineato fonti legali vicine al dossier ArcelorMittal, "senza la disponibilità di una stazione di miscelazione azoto e metano, non permetterebbe la tenuta in riscaldo dei forni e ne conseguirebbe il loro crollo e quindi la distruzione dell'asset aziendale di proprietà di Ilva in Amministrazione Straordinaria".
Rischi per la sicurezza e totale blocco dell’unico complesso a “ciclo integrato” per la produzione dell’acciaio, sul territorio nazionale, sono i fattori che più preoccupano Confindustria: “Interrompere la produzione e la fornitura dell'acciaio prodotto a Taranto mette in seria difficoltà le intere filiere della manifattura italiana che ne hanno necessità". Inoltre, prosegue la confederazione, si avrebbe "un sicuro e rilevante aggravio della bilancia commerciale nazionale, poiché occorrerebbe importare l'acciaio dall'estero".
“La chiusura nell'immediato vanificherebbe tutti gli sforzi compiuti per limitare il numero di esuberi, mettendo a serio rischio migliaia di lavoratori e famiglie" e sarebbe anche “vanificato in maniera traumatica e definitiva il processo di investimenti intrapreso per la sostenibilità ambientale della produzione" hanno concluso da Confindustria.
Il presidente di Federacciai Alessandro Banzato ha espresso “forte preoccupazione” auspicando che “che venga adottata una sospensiva di questa sentenza e che il Governo appena incaricato si adoperi per evitare lo spegnimento del più grande stabilimento siderurgico italiano". Il 14 aprile scade il termine di 60 giorni concesso dal giudice amministrativo per ottemperare all'ordinanza sindacale scade il 14 aprile, ma l'azienda, che ha annunciato un ricorso al Consiglio di Stato, deve predisporre entro quella data le procedure tecniche per una eventuale conferma allo stop degli impianti.
Il segretario nazionale Fim Cisl Roberto Benaglia ha dichiarato in una intervista radiofonica che "l'azienda ha già comunicato informalmente nel week end l'avvio della messa in sicurezza di alcune attività produttive". Anche la Procura di Taranto, a quanto si apprende, sta seguendo l'evolversi della vicenda dopo aver acquisito la sentenza del Tar che ha definito il pericolo per la popolazione legato alle emissioni del siderurgico "permanente ed immanente". Nel provvedimento del giudice amministrativo si afferma che lo stabilimento, che ora vede lo Stato, tramite Invitalia, affiancare nella gestione ArcelorMittal, non ha mai smesso di inquinare, puntualizzando che nemmeno il rispetto dell'Aia comporta "di per sé garanzia della esclusione del rischio o del danno sanitario". Secondo i sindacati metalmeccanici, che hanno già annunciato una richiesta di incontro al ministro per la Transizione Ecologica Roberto Cingolani, chiudere l'area a caldo a Taranto significherebbe chiudere anche i siti di Genova e Novi Ligure, con il rischio di "perdere 20mila posti di lavoro".