Lo scontro Renzi-Conte mette a rischio le pensioni
Tra i tanti dossier congelati dopo l'inizio della crisi di governo anche quello che avrebbe dovuto portare a una modifica del sistema previdenziale.
La crisi di governo che si è aperta dopo la conferenza stampa di Matteo Renzi non avrà ripercussioni solo sulla stabilità dell’esecutivo. L’instabilità politica che ne deriverà rischia di portare grandi cambiamenti anche per tutta una serie di settori già pesantemente colpiti dalla pandemia del Covid-19.
A pagare il prezzo della crisi saranno gli italiani
L’appuntamento è per martedì in Senato, dove il Premier Conte andrà a combattere colui che lo ha pubblicamente sfiduciato, in un clima di grande incertezza. Possibile che Conte trovi i numeri per un governo, debole, che dovrà andare alla conta in ogni possibile occasione. Altrimenti, via a una soluzione che preveda la sostituzione del Premier a Palazzo Chigi, con tanto di possibile reinserimento di Italia Viva nella maggioranza, evitando un governo di larghe intese con le opposizioni.
Mentre i due litiganti discutono senza risparmiarsi colpi bassi, tanti dossier che sarebbero dovuti essere discussi dal Governo nelle prossime settimane rischiano di rimanere nel cassetto per chissà quanto tempo. A pagarne il prezzo saranno chiaramente gli italiani, già ampiamente colpiti dalla pandemia e dalle conseguenze della crisi economica che ne è derivata.
Occhio alle pensioni. Il 2021 sarà l’ultimo anno di Quota 100
Il primo dossier che rischia di finire nel dimenticatoio è quello che riguarda le pensioni. Come molti sanno, il 2021 è l’anno in cui Quota 100 dovrebbe finire “in pensione”. Il governo si è impegnato per varare una riforma del sistema previdenziale, dando vita a un nuovo metodo di rendicontazione degli anni in cui si versano i contributi. Il cambiamento, considerato necessario visto l’innalzamento dell’aspettativa di vita, porterebbe molti cittadini a dover riconsiderare i loro piani di pensionamento. L’incertezza intorno al futuro del governo non rassicura di certo gli italiani.
La nuova manovra congela dunque fino al 1 gennaio 2022 il sistema di perequazione, che a questo punto dovrebbe essere sbloccato tra meno di un anno. A partire dal prossimo 1 gennaio, si avrà dunque una rivalutazione piena per gli assegni fino a quattro volte il minimo, del 90 per cento tra quattro e cinque volte il minimo e al 75 per cento per i trattamenti superiori a cinque volte il minimo. Tutto questo salvo il fatto che il governo non decida di promuovere nuovi interventi.
Preoccupa il rischio di soluzioni last-minute
La crisi di governo rischia dunque di lasciare in standby dossier importantissimi, con gravi ricadute sul benessere economico della popolazione. Il rischio inoltre è che si decida di procedere con soluzioni last-minute, in grado di provocare più danni che altro. In questo quadro di instabilità politica va anche ricordato che, complice il cambiamento dei coefficienti previdenziali, chi va in pensione nel corso del 2021 dovrà fare i conti con una sforbiciata sugli assegni rispetto a chi ha lasciato il lavoro nel 2020. La stima, secondo uno studio della Uil, è che per chi andrà in pensione a 67 anni il taglio sarà pari a 101 euro. In questo modo il totale, per chi ha una pensione da 1500 euro lordi, che nel 2020 è corrisposto a 19.614 euro, sarà pari a 19.513 €. Chiaramente, maggiore l’importo dell’assegno, maggiore la decurtazione. Con un assegno da 2500 lordi, ad esempio, la sforbiciata sarà di circa 170 euro su base annuale.
Il 2021 si prospetta essere un anno durissimo per gli italiani in pensione, o per coloro che si aspettavano di andarci. In molti chiedono dunque che la guerra tra Renzi e Conte venga messa da parte, e che si dia all’Italia un governo solido in grado di poter gestire nel miglior modo possibile i tanti dossier delicati sul tavolo di Palazzo Chigi.