“Saturno e l’Orchidea; Da Costantino a Nanni Moretti”, un nuovo saggio che spazia fra letteratura, cinema, arte ed ermeneutica
Uno zibaldone che affronta in modo alternativo vari temi culturali fra letteratura, cinema, arte ed ermeneutica
Conversazione di Marco Candida con l’autore.
“Saturno e l'Orchidea”, la tua ultima fatica lo trovo un saturnale di sapere: un sensuale festino dell'intelletto. Interessante il parallelismo tra l'eresia gnostica e l'ideologia comunista avendo entrambe in comune la ricerca dell'unità. Da queste premesse, punti lo sguardo critico su Nanni Moretti sconfessandolo praticamente in toto. Amo parecchio il cinema di Moretti. Da cosa scaturisce, invece, il tuo odio nei suoi confronti?
Nessun odio, semplicemente il fastidio di averlo dovuto subire per anni durante l’adolescenza perché ero in una compagnia di ragazzi di sinistra che lo esaltavano come un feticcio-idolo. Mi è sempre sembrato retorico, moralista ed eccessivamente valutato. Una specie di tentativo di scimmiottare quel vero grande artista che è Woody Allen. Detto questo la mia ermeneutica non è mai fondata su gusti personali (poco importanti) ma su un’analisi immersiva e fenomenologica che, in questo, caso cerca di far emergere aspetti che ritengo oggettivamente neo-gnostici ed elitari che contrastano del tutto con l’apparenza di “popolarità” di quell’autore solo apparentemente di sinistra. Chi legge il mio saggio su due film di Nanni a sua conclusione può anche apprezzarlo maggiormente o iniziare ad apprezzarlo, ma per motivi nuovi e inediti rispetto alla solita sua divulgazione di massa, sempre superficiale e fuorviante. Per il mio libro hai colto nel segno: per me scrivere e cercare di comprendere è una dimensione festiva.
Al contrario di Nanni Moretti, magnifichi Woody Allen (che certo non è secondo a Moretti). Da cosa nasce il tuo trasporto, allora, nei confronti di Allen? Mi spiego meglio. Uno dei miei film preferiti è “Ritorno al Futuro”. Perché lo amo così tanto? Credo in fin dei conti per i primi cinque minuti di pellicola. Solo per quei cinque. Io volevo essere, da piccino, Marty McFly. Volevo essere esattamente così. Vivere in una città così, dimenticarmi di mettere il pigiama, suonare la chitarra, il rock, e quell'atmosfera. Tu, invece, con Allen?
Certamente ho sempre amato il suo spirito critico e inquieto, la sua incessante creatività (come se si fosse condannati a creare), la sua silenicità anarchica, il suo spirito affabulatorio poliforme. Penso che chi si occupi di intellettualità e di ermeneutica non possa non affezionarsi a Woody come ad una figura di famiglia, uno zio strambo e saggio, un cugino che ci sorprende sempre. Nel mio saggio faccio emergere aspetti di Allen mai prima evidenziati di tipo spirituale, simbolista e gnostico; ma di una gnosi superiore a quella di Moretti. Comprendo comunque la tua passione per il protagonista di Ritorno al Futuro: avvincente e fresco di entusiasmo; l’essenza degli spensierati anni 80’.
Amedeo G. Conte è stato un grande professore di filosofia del diritto. Il tuo saggio su di lui è splendido. Quanto è contato per te, la sua figura?
E’ stata la prima figura, dopo mio padre, ad accendermi il sacro fuoco della passione interpretativa e analitica. Un luminare che andava di molto oltre i confini delle materie giuridiche per accendere nelle menti la passione della comprensione, del logos, del porre le domande nel modo migliore. Più che “filosofia del diritto” la sua era una straordinaria e appassionante “filosofia del linguaggio e della logica”. Il primo giorno di lezione, all’Università di Pavia, ci spiegò poeticamente l’essenza del “dover essere” quale: “chiamata all’essere”. Una risposta che apriva a molte altre domande.
Il tuo saggio sulla “Storia Infinita” di Ende è un’efficace esemplificazione della "Filosofia perenne" di Aldous Huxley. Per me quel film è soprattutto la colonna sonora del grande orgoglio nostrano Giorgio Moroder. Tu invece riesci a vederci un pozzo sfavillante di sapere esoterico…
Un romanzo che ho molto amato, quanto il film, e mi è sempre sembrato una sorta di “saga delle saghe” che ricapitola innovativamente ogni sorta di libro e storia; ci sento dentro risonanze di Omero, Pinocchio, Luciano, Gargantuà, Ariosto, Meyrink, Durrenmatt. Un’opera e un’autore unici, singolari, di difficile confronto con altri percorsi. Ho cercato di supplire ad un colpevole vuoto di valorizzazione di questo romanzo che considero tanto romanzo di formazione quanto racconto iniziatico ed epico. L’opera che hai citato di Huxley è molto importante, e spiritualmente pertinente, in questo caso.
Di Giacomo Maria Prati